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Mai disturbare il “buen retiro” del magistrato: ti condannano, i suoi colleghi d’ufficio
Pubblicato il 03 Agosto 2022
di iena marco benanti
Da un lato le esigenze di serenità e di non disturbo a fini di lettura del magistrato, dall’altro quelle di un’impresa con annessa occupazione, venti dipendenti in regola. Sono, in sintesi, queste le “poste in gioco” nella controversia civile che contrappone l’imprenditrice Caterina Mendolia Pirandello e il giudice Massimo Escher, presidente della prima sezione civile del tribunale di Catania. Scenario il Faro di Capomulini, ambientazioni culturali e sociali catanesi.
La vicenda è “esplosa”sul web https://fb.watch/eF9OQ_r7my/
con il racconto dell’imprenditrice, che ha spiegato i fatti e il senso degli stessi. Quali? Quella della speranza di fare impresa tornando in Sicilia: le speranze, i sacrifici per rilevare un’attività di carattere turistico e la delusione che sta diventando quasi un “incubo” per i contraccolpi di una “battaglia giudiziaria” che mette seriamente a rischio la sopravvivenza dell’azienda. Ma dall’altro, ci sono indubbiamente le esigenze (sacrosante, si tratta di diritti individuali, di rispetto della persona, che la Costituzione tutela sempre, sia si tratti della serenità di un magistrato che della vita in una cantiere di un operaio) del magistrato Massimo Escher e della sua consorte Monica Zema, consigliere di Corte di Appello a Catania.
Il “casus belli” o quasi “scoppia” il 6 luglio scorso, quando un evento a base di musica, organizzato dalla ditta della Mendolia Pirandello suscita la reazione del magistrato che ha un’abitazione a ridosso del “Faro”. Salta fuori che esistono, per questo tipo di attività, dei limiti strutturali sull’immobile (con tanto di accertamento tecnico urgente) e riguardanti i decibel (3 decibel di notte e 5 decibel di giorno): un provvedimento del tribunale civile di Catania che risale al 2015. Che Caterina Mendolia Pirandello dice di sconoscere. Tutto messo per iscritto dal Tribunale civile di Catania.
Nello stesso tribunale civile Massimo Escher è presidente della prima sezione civile e la moglie Monica Zema è consigliere di Corte di Appello. Tutto in regola.
L’imprenditrice racconta di essersi scusata, ma con risultati nulli: anzi il magistrato gli avrebbe predetto che la sua attività sarebbe stata chiusa. Conoscenza del diritto certamente. Che, in questa circostanza, si sta quasi per realizzare. Anche se in una fase precedente alla gestione della Mendolia Pirandello si era arrivata ad una sorta di “pax”: a patto, naturalmente, che le emissioni sonore fossero tollerabili, ovvero che non disturbassero la salute della famiglia Escher. Anche per ulteriori accertamenti tecnici non avevano dato esito positivo per la tutela del supremo interesse della tutela della persona: troppo rumore. Per questo, il 22 dicembre 2015, la terza sezione civile del Tribunale di Catania (Presidente estensore S.E. Filippo Pennisi) aveva sentenziato che “….a parziale modifica del provvedimento cautelare reclamato, che nel resto conferma, fa divieto alla società D.G.&Partners s.r.l. di esercitare presso l’immobile sito in località Capo Mulini di Acireale, di proprietà della società Capo Mulini s.r.l. e dalla stessa società D.G.& Partners s.r.l condotto in locazione, ogni attività d’intrattenimento musicale, nonché attività diverse che comunque comportino emissione di suoni e rumori eccedenti i tre decibel di notte e i cinque decibel di giorno rispetto al rumore di fondo; fissa in Euro 5.000,00 (cinquemila/OO) la somma di denaro dovuta dalla società D.G.& Partners s.r.l. ai coniugi Escher-Zema per ogni giornata d’inosservanza successiva al superiore divieto; ordina la restituzione della versata cauzione all’avente diritto; condanna la società D.G& Partners s.r.l. a rimborsare ad Escher Massimo le spese dell’accertamento tecnico preventivo nella misura già liquidata con separato decreto; condanna la società D.G. & Partners s.r.l. a rimborsare ad Escher Massimo e Zema Monica le spese della presente fase di reclamo, liquidandole in complessivi Euro 2.000,00 per compensi difensivi….”
Questo il precedente. Si arriva ai giorni nostri: dopo “l’incidente diplomatico” del 6 luglio, il 28 luglio si arriva alla decisione della prima sezione civile del Tribunale di Catania su ricorso della coppia Escher-Zema. La prima sezione civile è presieduta da Massimo Escher. La legge lo consente. Ma l’articolo 51 del codice di procedura civile parla all’ultimo capoverso di “gravi ragioni di convenienza” per giustificare eventuali astensioni dei giudici, dettagli.
Questo l’antecedente: ma, come abbiamo già visto, nel mese di luglio scorso la vicenda riemerge in tutta la sua carica di drammatica valenza umana.
Il 28 luglio, arriva la decisione della prima sezione civile del Tribunale di Catania che dà ragione alla coppia Escher-Zema disponendo tutta una serie di prescrizioni per tutelare la salute dei ricorrenti: trasferimento degli eventi musicali “nella piattaforma sottostante il prato”, “apposizione entro le ore 18,00 del 02 agosto 2022 di bambuseto di altezza non inferiore a 3 metri e con tronchi di diametro non inferiore a cm 5, con integrazione funzionale fonoassorbente lungo la linea di confine tra la proprietà delle parti”…
Non solo: anche 5 mila euro al giorno la sanzione “per la mancata ottemperanza” delle prescrizioni. E ancora: “determina in Euro 50.000,00 (cinquantamila) la cauzione che la società D.G& Partners s.r.l. Verserà entro ore 17,00 del 02 agosto 2022 su conto corrente intestato alla causa civile di cui al procedimento…all’ordine del Giudice, aperto presso primario istituto di credito”…..Il provvedimento è immediatamente esecutivo. Ora, l’11 agosto ennesima udienza presso il Tribunale Civile.
Insomma, di fronte al pericolo alla salute la giustizia si è subito attivata: il sound del “Faro” potrebbe creare gravi rischi. Ecco, perchè, anche per questa ragione, questa vicenda induce all’ottimismo: non solo la cura della salute e del riposo delle persone, ma il Tribunale civile di Catania si è mostrato, per tempistica e attenzione, celere ed efficiente. Insomma, il “buen retiro” è salvo: c’è sempre un giudice a Madrid, pardon a Berlino. Anche a Catania.
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