di Marco Iacona
Tra un decreto contesco e un altro, troviamo il tempo di rilassarci con facezie, frottole e fantasie. Spinoza le riteneva utili almeno quanto “le cose vere”.
Di nuovo c’è che Boldrini ex presidente della Camera scambia la libertà di stampa per imposizione. Siccome sono libero è bene che pieghi la tua volontà alla mia libertà (e a questo punto: volontà di potere), perché se la mia libertà rimane allo stato teorico libertà non è, ma solo pensiero di libertà, devi dunque pubblicare le cose che scrivo. Libertà significa, per Boldrini, fare e scrivere il c. che le pare (e fin qui va bene), forzando le intenzioni altrui. La sua visione “eticistica” è roba da Soviet, da morale comune e comunista, da pensiero unico, unificante e omologante. “Peggio” di Rousseau, qui non c’è una volontà generale, ma solo la mia di volontà. Si può solo sperare che alle prossime elezioni si dedichi ad altro. Per far meno danni possibile.
Tralascio le questioni di primo piano sul Natale, le aperture, le zone colorate (dalle palline colorate alle regioni colorate: il mondo è estetica prima di ogni cosa), che rientrano nella questione Covid e che, oramai pochi dubbi, cambieranno la sostanza delle relazioni governanti-governati. In futuro, basterà un soffio di vento perché le nostre libertà – altro che boldrinate – siano rimesse in discussione. Elevando la necessità a madre di ogni valore, a norma “assoluta”; Fusaro è poco più che un ragazzetto con buona memoria, ma quando parla di regime sanitario non sbaglia. Ma su queste sue definizioni seppur arricchite da buona dose di concetto, si perde la sua verve gentiliana. Perché il “che fare?” lascia campo alle polemiche social, alle ospitate, e al narcisismo da “like”. Che scenda in piazza!
Catania. Sempre peggio. La città è brutta di suo, l’amministrazione ridicola. La scusa Covid non è solo una scusa, certo, ma la destra catanese è, quasi da sempre, il nulla elevato a chiacchiera e a polemica (che è già qualcosa), troppi palleggiatori, magari perfino alla Maradona se non alla Brancati, pochi pensatori seri. Quelli che ci sono o fingono di esserlo, sono parte attiva di quel nauseabondo patto tra “gentiluomini” tra massoni e marxisti, con liberali poco o punto rappresentati e utili idioti in offerta speciale. Così non si va avanti, altro che trombe d’aria.
Maradona. Il tizio non mi è mai piaciuto (le donne gliele “invidio” naturalmente, perfino la compagna Parisi, buone gambe cervello così così), ma era certamente un campione e lo sport per la mia generazione è quasi tutto. D’importanza minima la sua vita privata: George Best, lui sì un genio e aforista ai livelli d Flaiano, non era un santo ma non si dilettava di morali e non, se sbaglio mi corrigerete, sognava stadi pieni di bambini, magari figli suoi naturali, e non abbracciava politici sudamericani di cattiva fama e peggior prassi possibile. Se Maurizio Gasparri non fosse un semplice burocrate della politica, verrebbe da gridare, con lui: “viva Pelè” e fine dei giochi.
Per il resto, ci avviamo pian piano al punto zero. Protagonista quella mania del “diritto” ad ogni costo, per cui esso diventa virtù facilmente acquisibile, da tutti; è necessario urlare un po’: alla Murgia, per essere chiari. E mentre lo Stato si leviatanizza per nascondere mancanze di lungo periodo, la società civile torna ad Hobbes. Tutti contro tutti, senza capo né coda, disorganizzati, cavalcanti una raggiunta finta maturità, una ragione al punto estremo che ci fa gridare: “viva il macro e il microcosmo”; un essere liberi “dentro” che è solo monnezza da quartierino buio e malsicuro.
Sconfiggeremo il Covid, ne sono positivisticamente certo, ma servirà a poco. Buon Natale, con doppio anticipo.
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