Abusi ed omissioni per realizzare la cittadella giudiziaria di Catania?


Pubblicato il 16 Settembre 2020

Scrivo come professionista che svolge attività di Project management Opere Pubbliche (PMOP), associato AICE (Ass. Italiana Ingegneria Economica), area formazione SDA Bocconi (GePROPI) e nel 2001 su incarico dell’ARS (Assemblea Reg. Siciliana) ho partecipato alla stesura della L.R. sul Social housing, con strumenti di Partenariato Pubblico Privato. Nel 2018 con Codis srl (master project developer), ho elaborato lo studio di fattibilità “Cittadella giudiziaria Catania” e con Sorgente SGR, ho proposto al Comune di Catania e alla Regione di riqualificare l’immobile ex poste abbandonato dal 2001 con soluzioni urbanistiche e finanziarie sostenibili.

L’istanza che ha avviato la procedura pubblica, è prevista dalla normativa appalti-procedura negoziata (art.63) “concessione servizi” (artt.164,169) con un (PPP) Partenariato Pubblico Privato (art.180), con Finanza di progetto (art.183). La proposta era di costituire un “fondo immobiliare ad apporto di immobile pubblico”, col comune maggiore azionista, che apporta il palazzo di v.le Africa, che avrebbe ricevuto 62 milioni di euro di rendimenti e riqualificato un quartiere col tribunale, uffici, un parcheggio multipiano, zona verde pubblica. Il fondo costituito con la regione siciliana e INVIMIT Sgr (MEF), avrebbe abbassato i costi degli affitti e delle spese giudiziarie (applicando le leggi) e trasferito l’immobile al Ministero senza ulteriori oneri, alla chiusura (10 anni), opzione prevista dalla normativa sui fondi immobiliari pubblici, con una concessione e un accordo di programma quadro (APQ), che ha carattere esecutivo tra Pa e privati, nel pubblico interesse, con una lex specialis derogat generali , dove il contratto pubblico regola i rapporti tra le parti.

Lo scenario – nel 2016, viene sottoscritto un protocollo d’intesa su iniziativa del Presidente Meliadò, tra Ministero della Giustizia, (conferenza permanente degli uffici giudiziari di Catania), Comune di Catania (sindaco Bianco) che offre l’immobile di V.le Africa a titolo gratuito (da trasferire dopo la riqualificazione tramite l’Ag. del demanio), con la regione siciliana che ha indicato le risorse FSC (40 milioni) disponibili dall’APQ Carlo Alberto Dalla Chiesa…. per la ristrutturazione. Da notare che in questa fase preliminare i costi sono a carico della Regione non delle risorse FSC indicate, il Regolamento CIPE pubblicato in gazzetta uff. prevede che le somme andavano impegnate entro il 31.12.2019, previa verifica Corte dei Conti con possibilità di deroga al 2021 con il 90% dei lavori realizzati? La procedura realizzativa ha utilizzato il protocollo come lex specialis (la legge indica che non può produrre effetti giuridici esecutivi).

1.Sul protocollo: a) non applica quanto indicato dalla L. 7 agosto 1990, n.241, artt.11,15 che prevede: “non devono comporsi conflitti di interessi a carattere patrimoniale ”. b) L’accordo andava ratificato dal consiglio comunale, pena nullità, art.34 c.5, d.lgs.vo 18.08.200, n.267 T.U. Il consiglio comunale potrebbe annullare l’atto in autotutela (art.21 nones L.241.90). c) I dirigenti indicano il patrimonio di natura indisponibile, (destinazione vincolata); l’art.826, terzo comma c.c. richiede: “che ai fini della appartenenza di un bene al patrimonio indisponibile della pubblica amministrazione occorre la concreta ed effettiva destinazione dello stesso ad un pubblico servizio, non basta un semplice atto amministrativo, mancando l’elemento oggettivo (Cassazione civ.n.26402/2009). d) L’accordo indica la volontà di violare il patto di stabilità, si ipotizza per quanto indicato il reato di falso ideologico (Cass. pen. Sez. V, Sent., ud. 19/10/2017 -30-03-2018, n.14617). Si genera lucro cessante, danno erariale, per aver ignorato la normativa appalti e sulla finanza pubblica, che obbliga le Pa, prima di avviare la procedura di gara, di valutare in conferenza dei servizi la possibilità di realizzare l’opera in Partenariato, Pubblico Privato (PPP) con una concessione e finanza di progetto (off balance), La proposta di Codis srl ha allegato un completo studio di fattibilità ( art.23 d.lgvo n.50/2016). e) L’ing.Trainiti in una nota in risposta al M5S indica: ”sino al 31 agosto 2015, giusta legge 24 aprile 1941,n.392, art.1 la competenza per la “gestione” degli uffici giudiziari-locazioni, manutenzioni ordinarie, pulizia, etc.. erano in testa ai comuni sede di Presidenza di Corte di Appello, detta disposizione legislativa, con Legge 23 dicembre 2014 n.190 art.1 comma 526 ha trasferito tutti gli oneri al Ministero di Giustizia con i relativi subentri contrattuale quindi alla data dell’acquisto dell’immobile, le relative obbligazioni erano ancora in testa al comune in forza della legge 30 marzo 1981 n.119, art. 19 comma 1, il comune ha acquistato detto immobile con destinazione specifica uffici pubblici, con un mutuo a carico dello stato, da destinarsi agli uffici giudiziari, e quindi di nessuna influenza sul bilancio del Comune di Catania”.

Gli obblighi indicati come “vincolanti” sono decaduti con l’entrata in vigore del “Decreto del Presidente della Repubblica del 18 agosto 2015 n.133”, che regola l’organizzazione e la ripartizione delle spese giudiziarie tra comuni e Ministero che evidenzia che “il dirigente interpreta con riferimenti incoerenti”: l’art.1 per uffici giudiziari si intendono gli uffici di cui all’art.1, primo comma della legge 24 aprile 1941, n.392 (nessun ufficio in v.le africa). L’art.2 disciplina le misure organizzative per l’attuazione del trasferimento, dai comuni al Ministero, dell’onere delle spese obbligatorie di cui all’art.1, primo comma, della Legge 24 aprile 1941, n.392 (non ci sono contratti in essere). L’art.5, in merito indica la possibilità di stipulare accordi e convenzioni, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, finalizzati a definire l’uniformità dei criteri cui si devono attenere gli accordi e le convenzioni di cui al comma 1 (si indicano obblighi decaduti). L’art. 7 (Invarianza finanziaria) in riferimento agli accordi e alle convenzioni, di cui agli art.3 e 5, non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e le amministrazioni pubbliche interessate provvedono, con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponili a legislazione vigente. Il decreto indica l’obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare e “di provvedere a legislazione vigente” non in violazione delle normative sulla finanza pubblica, il patrimonio, l’urbanistica per un comune in dissesto. Quindi a decorrere dal 1° settembre 2015, le spese previste per il funzionamento degli uffici giudiziari ai sensi della legge 24 aprile 1941, n. 392 sono trasferite dai comuni al Ministero della Giustizia. Il dirigente conferma che l’immobile non è stato mai inserito nel piano delle alienazioni (2015 bando del MEF), che va approvato dal Consiglio comunale e che sono state invertite le fasi della procedura pubblica: “prima viene espletata la gara per l’affidamento dei lavori di demolizione e solo dopo viene convocata la conferenza dei servizi.” Siamo in presenza di violazioni non sanabili. Gli atti citati dai dirigenti non applicano il decreto e le normative vigenti, citano normative secondarie non cogenti e atti decaduti: nessuna sede pubblica, nessuna obbligazione da contratti o canoni di locazione in essere, non è prevista la cessione di un patrimonio disponibile (vedi foglio catastale della regione che indica “proprietà del comune”; se c’è una partita economica da sanare, per il mutuo erogato nel 2002, è una partita economica che va chiusa in sede contabile. Il protocollo non applica il principio di fruttuosità dei beni pubblici – D.lgs. n.126/2014 che modifica ed integra il D.lgs. n. 118/2011 recante le norme in materia di armonizzazione della contabilità, l’articolo 32, comma 8, della legge 23.12.1994, n.724, che impone alle pubbliche amministrazioni di gestire il proprio patrimonio in modo da ottenere la massima redditività possibile. La Corte Costituzionale sentenza n.9,2019: “indica che non è possibile desumere dalla disciplina dell’uno (accordo) conseguenze relativamente all’altro (procedura leggi primarie)

Sulla regione – con una omissione amministrativa, priva il Comune della delega di legge in materia urbanistica e contabile (dismissione patrimonio, patto di stabilità, approvazione opera pubblica, variante); assegna la gara di demolizione (bocciata dal TAR), demolisce un patrimonio comunale (danno erariale e violazione del patto di stabilità) senza gli atti autorizzativi del Consiglio comunale e per dare una parvenza di legalità, propone al Consiglio di approvare il progetto edilizio, indicandolo come “studio di fattibilità”, elaborato che va redatto secondo il codice appalti (DPR 207/2010) con la valutazione delle alternative, e di tutte le sostenibilità: giuridiche, contabili, urbanistiche, gestionali, amministrative, ambientali, sociali, etcc… La richiesta arriva in ritardo di 3 anni, doveva essere avviata dopo la stipula del protocollo per legittimare la procedura, prima di indire le gare. Si evidenzia una grave malagestio con fatti giuridicamente rilevanti che richiederanno l’intervento degli organi di controllo: quindi cosa si chiede al consiglio comunale? La normativa indica che si deve approvare “l’intera procedura realizzativa” indicata in un dettagliato “studio di fattibilità”, da porre a base delle scelte, redatto da esperti (come proposto da Codis srl nel 2018) prima di avviare il percorso amministrativo e le gare, con le varie sostenibilità di legge. Come mai la regione cita solo le leggi urbanistiche regionali e omette di applicare le normativa appalti vincolante, senza produrre gli elaborati previsti? La legittimità della procedura si basa sulla corretta programmazione ex ante (omessa) e da un’adeguata fase documentale con lo studio delle alternative, (senza e sviata). L’assessore Falcone più volte ha sostenuto (vedi quotidiano La Sicilia 1.09.2020) che la sua proposta era: “l’unica soluzione nel rispetto del Codice appalti, sia sotto il profilo urbanistico” ? Ricordo le sue dichiarazioni sul quotidiano La Sicilia (11.10.2018) quando, in risposta ad una mia intervista, dichiarò: “proposta irricevibile, andava fatta la gara pubblica, si allungano i tempi, c’è una procedura di affidamento in corso che non può essere bocciata, arriva a tempo scaduto, avrebbe tempi più lunghi, peraltro la procedura invocata andrebbe realizzata con evidenza pubblica …. e comunque parli di questo con gli organi giudiziari e con la procura”; forse intendeva “la conferenza permanente degli uffici giudiziari” ?

La procedura dei dirigenti, con le omissioni riscontrate, è discrezionale e soggettiva, contro legge, non produce lo studio di sostenibilità, sulle alternative (Codice), inverte la gerarchia delle fonti del diritto e delle fasi amministrative, rifiuta di valutare la proposta della SGR, avvia l’iter, senza gli atti autorizzativi del Consiglio comunale, cambia l’obiettivo del protocollo del 2016, (ristrutturare), senza convocare la conferenza dei servizi e sottoscrivere l’alternativa decisa dall’assessore Falcone, con tutte le Pa firmatarie dell’accordo del 2016. Il Consiglio di Stato ha affermato il principio di contestualità, in merito a pareri resi fuori dalla Conferenza dei servizi, (Sez. IV, 19 maggio 2015, n. 4733, par. 3.c): “la consapevolezza dell’esigenza di ricondurre eventuali problematiche ostative solo all’interno della conferenza di servizi”). Con la demolizione dell’immobile di fatto viene meno l’elemento essenziale dell’accordo del 2016 e vengono meno i presunti impegni a carico del comune citati negli atti, smentiti dal Decreto del Presidente del 2015. I dirigenti regionali indicono la gara sulle demolizioni bocciata dal TAR generando un danno patrimoniale, che viola il patto di stabilità, avviano la gara progettazioni con un capitolato generico, e scelgono in pochi giorni il concorrente vincente su 85 proposte, possibile? Indicano “salvo disponibilità delle risorse”? L’ANAC indica che per indire la gara devono essere disponibili le somme in bilancio (ancora non ha i fondi FSC), quindi ci sono gli elementi per annullarla. L’assessorato protegge le scelte politiche e “interferisce nella procedura appalti” avviata da Sorgente SGR col comune, stazione appaltante del fondo immobiliare pubblico proposto dalla SGR, quando invia una lettera il 3.10.2018 che boccia il progetto, senza aver visto lo studio di fattibilità, il piano economico finanziario, che evidenzia la convenienza della proposta (Value for Money positiva – criteri di legge – nessun onere finanziario come indicato dal decreto del presidente del 2015), da preferirsi alla soluzione regionale, senza aver convocato la obbligatoria conferenza dei servizi preliminare, col comune e il promotore, (art. 3 del dl 83/2012 comma 1- obbligo sulla base dello studio di fattibilità nei procedimenti in finanza di progetto).

Sul comune – i dirigenti comunali prima convocano la conferenza dei servizi col promotore Codis srl, salvo annullarla, indicando per lettera motivi pretestuosi, senza i motivi di legge dichiarando: non c’è un interesse pubblico? lo studio di fattibilità non è di livello esecutivo? il comune non ha titolo urbanistico visto che nell’aria prevista dal progetto c’è un terreno privato?) è patrimonio indisponibile? Il comune ha la discrezionalità per decidere di rifiutare? Affermazioni non corrispondenti alle leggi appalti. CONSIGLIO DI STATO – SEZ. IV n. 03609/2013 “ la Pa deve esprimere il parere e motivare l’adozione dell’atto amministrativo a seguito di una valutazione concreta del progetto (Studio di fattibilità preliminare, proposto dal promotore privato in conferenza dei servizi) e non di valutazioni di politica generale, o altro) 

Sulla convocazione del Consiglio comunale – il dirigente preposto intima .. di approvare la proposta del progetto edilizio, la legge indica di farlo con lo studio di fattibilità elaborato secondo legge (contenuti del DPR 207/2010) per valutare la procedura autorizzativa dell’Opera pubblica, con una scelta oggettiva, con la valutazione di tutte le sostenibilità, non solo quella urbanistica; manca l’alternativa che realizza meglio il pubblico interesse, senza spesa pubblica, per le omissioni del Codice appalti dei dirigenti. L’ordinanza svela la strategia occulta citando motivazioni e riferimenti non rilevanti ai fini della valutazione del consiglio comunale (leggi atto) normative non cogenti, si indica una delibera del 1976, come origine della procedura da autorizzare, quando l’immobile è stato demolito ? Si propone di approvare con le leggi urbanistiche regionali non applicabili per un’opera pubblica (si applica il Codice), non si applica il decreto del Presidente della Repubblica del 2015 che obbliga di applicare le leggi attuali non altro, si indica un protocollo d’intesa che contiene gravi omissioni e false motivazioni che va annullato in autotutela (la legge consente di recdere); l’ing. Bisignani conclude e scrive “la presente deliberazione non comporta alcun onere economico”; lo scenario descritto indica un lucro cessante e danno erariale generato proprio dalle scelte discrezionali dei dirigenti, con ipotesi di reati contro la PA e il mercato, violazioni gravi e ripetute in maniera sistemica che svelano come siamo in presenza di un procedura pubblica certamente non legittima, che si tenta di occultare con un iter “creativo”.

Conclusioni

La procedura attuata non ha prodotto i riferimenti e le motivazioni previste da leggi primarie con evidente violazione del “principio di gerarchia delle fonti” che non potrà essere ignorato dagli organi di controllo. Quindi il sindaco, assessori, ragioniere generale e consiglieri comunali rischiano una scelta al “buio” basata su “informazioni sviate” visto che approvando il progetto edilizio (non uno studio di fattibilità) in presenza di questo scenario critico, potrebbero dover rispondere di reato falso ideologico e violazione del patto di stabilità (Cass. pen. Sez. V, Sent., ud. 19/10/2017/ 30-03-2018, n.14617).

I fatti esposti indicano che nel 2018 esisteva una valida alternativa, legittima, prevista dal Codice appalti; la procedura regionale era ancora nella fase di programmazione (ex ante) e la normativa indica di valutare la proposta in Partenariato Pubblico Privato (Codice), preferibile per legge, senza spesa pubblica (off balance) che valorizza il patrimonio pubblico, riqualifica un quartiere, che avrebbe dato rendimenti ad un comune in dissesto e dato il tribunale al Ministero nel 2020. Lo scenario in evoluzione indica che ci sono seri rischi di blocco del progetto, con la bocciatura del consiglio comunale, viste le evidenze (lo sapremo giorno 16 settembre) e attenderò le decisioni degli organi di controllo preposti, nelle varie sedi.

Perché si è sacrificato l’interesse del comune, rifiutando una proposta che realizzava meglio gli obiettivi di tutte le Pa, con una procedura amministrativa, urbanistica e finanziaria sostenibile, (il fondo immobiliare pubblico come indicato dallo Stato e Agenzia del demanio per contenere la spesa pubblica e riqualificare il patrimonio) che applica al meglio tutti gli indicatori di legge citati e di performance, per preferire una procedura unica sviata? Cui prodest… ?

D.A. Carbonio Project manager amm. Codis srl- promotore del fondo immobiliare pubblico.

 


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