Prendiamoci per i fondelli: la catanesità all’opera
di iena marco benanti
Malgrado il “sistema Catania”, la vicenda dell’aeroporto di Fontanarossa (al centro dal 16 luglio scorso, con lo scoppiare di un incendio e la surreale gestione dell’emergenza, di un caso nazionale) non conosce la parola fine. Anzi. Grazie e non malgrado ai vertici della Sac e alla varia umanità che li difende con metodi buoni per abitanti di uno spazio sudamericano, trova nuova “benzina”, un’alimentazione costante (gli ultimi due “pieni” sono l’intervista di stamane su La Sicilia dell’Ad e la sua partecipazione alla trasmissione pomeridiana di Telecolor) che negli animi lontani dalla “catanesità” e dal suo “sentire da camerieri” produce solo indignazione. Indignazione per come il bene pubblico e sopra ogni cosa l’Intelligenza possano trovare trattamenti così molesti.
Quindi, ricapitolando solo le ultime “puntate” della “commedia sudamericana” il sindaco –in rappresentanza del Comune di Catania e della Città Metropolitana- ha formalmente chiesto al Cda della Sac di andarsene a casa, sulla base di una serie di considerazioni e riflessioni legali e in generale di ordine economico e gestionale. La reazione è stata di “stampo catanese”: parole dal sapore beffardo miste a annunci di possibili azioni legali (querela contro il sindaco per “minaccia”?). E naturalmente, come nella tradizione del notabilitato catanese, contestazione addirittura della possibilità per chi fa informazione –non parliamo dei cittadini, perché nel “vocabolario catanese” questa parola non esiste- di leggere ed utilizzare a fini di informazione la relazione del primo cittadino. Insomma, si conferma l’indirizzo già emerso i altre occasioni: privatizzare le attività della Sac, nel senso che il diritto alla conoscenza è un’eccezione. Anche nelle società a partecipazione pubblica, dove accade che un Presidente della Regione mette un commissario di sua fiducia presso l’ente che detiene la maggioranza della proprietà (la Camera del Sud Est) e blocca tutto. Una gestione pubblicistica, dicono.
L’Ad di Sac continua ad “autoassolversi”: le sue parole da oltre un mese sono un refrain innocentista a prescindere, una sorta di “muro” dove tutto quello che è accaduto (incendio con dinamiche surreali, gestione surreale dell’emergenza post, con sofferenze, disagi, viaggiatori trattati come bestie, immagini che hanno fatto il giro del mondo, suscitando indignazioni corali) magicamente “scompare”.
Eppure le menti illuminate della “Catania bene” che fanno parte del “cerchio magico” dell’Ad di Sac magari avrebbero potuto ricorrere a metodi e strumenti maggiormente convincenti. Niente da fare: la catanesità prevede che si può raccontare tutto e il contrario di tutto, tanti gli abitanti dello spazio urbano (chiamato città) ingoiano qualsiasi narrazione (e si abbonano in massa al pallone).
Succede da decenni. Il “caso Catania” è anche questo: un luogo dove si comanda, non si governano i fenomeni e gli accadimenti, un luogo dove i famosi “organi di controllo” hanno una storia (ci auguriamo di trovare smentite) di “distrazioni”, comparaggi, minimizzazioni.
Ricapitolando: l’Ad Torrisi è un nominato, il commisario Belcuore pure, i componenti del cda sono espressione di Poteri locali e regionali. A proposito: l’avvocatessa Scuderi, vicina all’ex sindaco e attuale senatore Pogliese, che farà?
Dall’entourage della Sac, poi, nel mezzo delle solite autodifese, talune quasi offensive dell’Intelligenza, trapela anche una versione “alternativa”: sarebbe in corso una “manovra politica” del sindaco. Chissà.
Però, a chi ha dormito dentro l’aerostazione e ha visto la sua vita e i suoi diritti trattati come stracci, si potrebbe tentare la via dell’autoconvinzione. Del resto, a Catania ma non solo a Catania, quando si mette male vengono dalla “cultura di sinistra” i migliori servizi alla bisogna. Anche questo non è una novità.
Alla prossima “puntata”.
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