di Francesco Seminara
La zona di produzione dell’aglianico del vulture comprende l’intero territorio dei comuni di Rionero in Vulture, Barile, Rapolla, Ripacandida, Ginestra, Maschito, Forenza, Acerenza, Melfi, Atella, Venosa, Lavello, Palazzo S. Gervasio, Banzi e Genzano di Lucania, escluse le tre isole amministrative di Sant’Ilario, Riparossa e Macchia del comune di Atella, in provincia di Potenza.
L’Aglianico del Vulture, come tutti i vitigni appartenenti all’Aglianico, ha origini molto remote e si ritiene che sia stato introdotto dai Greci nel sud Italia tra il VII-VI secolo a.C. Altre fonti storiche certificano l’antichità di questo vitigno dai resti di un torchio dell’età romana ritrovato nella zona di Rionero in Vulture e da una moneta bronzea raffigurante la divinità di Dionisio, il cui culto fu poi ricondotto a quello di Bacco, coniata nella zona di Venosa nel IV secolo a.C.
Gli antichi romani lo ribattezzarono poi “Vitis Ellenica” e usarono questa vite per produrre il vino Falerno. Antiche testimonianze storiche e poetiche sulla presenza di questo caratteristico vino risalgono agli albori dell’epoca romana in seguito il sommo poeta latino Orazio, nativo proprio di Venosa, decantò le doti di questa meravigliosa terra e del suo ottimo vino
L’origine del suo nome rimane incerta, c’è chi sostiene che sia ispirato all’antica città di Elea da cui Eleanico, sulla costa tirrenica e chi lo vuole introdotto, il vitigno, dalla parte opposta sulle coste joniche della nostra Lucania attraverso le coltivazioni italiche all’arrivo degli Ellenici.
Una leggenda narra che il “rosso vino di miele” offerto da Ulisse a Polifemo in cambio della sua ospitalità, fosse proprio l’Ellenico da cui deriverebbe Aglianico dopo la dominazione aragonese nel corso del XV secolo, a causa della doppia ‘l’ pronunciata ‘gl’ nell’uso fonetico spagnolo.
L’Aglianico del Vulture, definito “Barolo del Sud” per via delle sue eccellenti caratteristiche organolettiche per certi versi simili a quelle del rinomato vino piemontese fu introdotto dagli antichi greci, cantato dal poeta Orazio e fu sempre presente sulla tavola di Federico II e dei suoi nobili commensali. Questo meraviglioso vino non è solo mitologia e letteratura, ma prodotto di una terra magica con un terroir particolarissimo. La produzione infatti nella zona del monte Vulture, vulcano inattivo spento ormai da molto tempo sulle cui pendici si trovano terreni dalle caratteristiche pedologiche e climatiche uniche, conferisce al vino le proprietà organolettiche famose in tutto il mondo.
Il terreno è infatti ricco in sali minerali e soprattutto di potassio, un macroelemento fondamentale per la crescita dei vegetali e naturalmente anche delle viti. Infatti, nella vite, il potassio gioca un ruolo fondamentale nel metabolismo e nella traslocazione degli zuccheri.
Nel territorio di origine sono inoltre presenti numerose sorgenti naturali di acqua minerale, il che rende questa zona della Basilicata il luogo ideale per le attività agricole e vitivinicole di qualità.
L’Aglianico del Vulture è un vino prodotto con uve di un vitigno autoctono del territorio, l’Aglianico appunto, coltivato in zone collinari a quote comprese fra 200 e 700 metri s.l.m.
“Nunc est bibendum, nunc pede libero pulsanda tellus”; “ora bisogna bere, ora bisogna far risuonare la terra con libero piede”. Facciamo nostro il verso di Orazio che ci indirizza a darci alla pazza gioia con uno dei rossi più importanti d’Italia.
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