Gian Maria Tesei.
E’ giunto al suo momento conclusivo il cammino dinamico costituito dal progetto “Le grida silenziose”, frutto del lavoro creativo di un’artista figurativa dalle grandi capacità proteiformi e dalle visoni personali ed insieme universali qual è Giacoma Venuti , in arte Giko, che alla GAM (Galleria d’Arte Moderna) di Catania, giorno 4 settembre alle ore 11,00, sotto l’egida del Comune di Catania e della Comunità di Sant’Egidio e con il sostegno ed il supporto dell’Associazione Culturale “The Loft Arte”, ha completato il tragitto triennale che ha visto la sua arte protagonista, dal dicembre del 2017, in luoghi collegati al tema della migrazione quali Mazara del Vallo, Reggio Calabria, Agrigento, Messina, Siracusa, Napoli, con approdo finale proprio nel capoluogo etneo.
L’artista messinese, legata fortemente alla terra natia, ha un registro comunicativo artistico multisfaccettato e non ancorabile a o strettamente definibile entro gli ambiti di scuole, movimenti o tendenze culturali delle arti figurative. Ed il suo concetto dell’arte in generale è intimamente correlato a quelle che sono le sue opere artistiche, come emerge proprio da quanto da lei espresso quando le abbiamo chiesto:
Qual è il suo concetto dell’arte e cos’è l’arte in generale?
L’arte è per me comunicatività, comunicazione e divulgazione. Sin dai primordi dell’umanità l’uomo ha trovato nell’arte un modo di significare, diffondere e di rappresentare ogni esperienza umana. L’arte quindi è dire, comunicare, rispecchiare con regole che, nel mio caso, sono quelle visive che veicolano un mio personale linguaggio visivo, in cui inserisco una sorta di globalizzazione delle arti, innestando nelle mie opere altre forme espressive come la danza, o immettendo commenti o pensieri di una non poetessa che ama tutte le arti, compresa proprio la poesia.
L’arte assolve al compito di divulgare un pensiero personale che, in quanto espresso liberamente, può ergersi a concetto universale, andando ossia oltre la visione di chi fa arte e del semplice cogliere la semantica che l’artista rivolge al fruitore delle sue realizzazioni. Ed il compito di chi è l’utente dell’arte è quello di avere occhi per comprendere il messaggio dell’artista ed al tempo stesso di andare oltre l’immediato ed il mediato e trovare nel suo profondo le risposte agli stimoli dell’artista.
Come definirebbe il suo stile?
Non mi piace essere categorizzata. Potrei essere definita una figurativa onirica o della pop-art, ma in realtà sfuggo alle classificazioni. Muovo da uno studio classico, evolvendomi con lo scorrere dei tempi, cercando di essere contemporanea alle tecniche ed agli stili attuali e che mi colpiscono, come esemplifica il mio uso anche della digital art, essendo sempre io ispirata dal principio che un quadro non è solo un oggetto edonistico ma un momento di coscienza umana e di pensiero.
Cosa accende la sua scintilla creativa e cosa sente quando realizza una sua opera?
La mia scintilla è costituita dal mio sprone interiore alla curiosità ed alla voglia di presentare le mie idee mediante la mia visione figurativa senza però imporre il mio pensiero. Come sostenevo prima, sono gli altri che colgono il mio pensiero e traggono il loro personale messaggio ed i loro significati.
L’opera è quindi una mia urgenza divulgativa per far confrontare con le tematiche affrontate chi si pone come osservatore delle mie opere.
Chi è il suo artista di riferimento?
Ho tanti riferimenti, essendomi ispirata, ma rivivendo il tutto a mio modo, alle avanguardie del ventesimo secolo, all’Impressionismo, al Futurismo, all’Espressionismo tedesco, al Fauvismo, all’Art-Noveau, al Cubismo fino alla pop-art, alla Transavanguardia o alla perfomance art di Marina Abramović.
E’importante nell’esteriorizzare, anche in forma d’arte, il proprio pensiero conoscere il passato per poi sapersi abbandonare all’affascinazione di quello che ci segna nel profondo e che appartiene alla storia ed all’arte d’ogni tempo.
Per cui per me l’ispirazione è multipla sia spazialmente (ogni luogo regala forme d’arte interessanti) e temporalmente, per i suddetti motivi.
Ha affrontato il drammatico e purtroppo sempre attuale tema della tragedia dei migranti con grande profondità creando un progetto dinamico e artisticamente composto da tecniche e modalità diverse. Cosa l’ha indotta a questo tipo d’opera?
Questo progetto nasce dalla volontà di rappresentare un argomento struggente e contemporaneo attraverso un percorso composto da più momenti, il cui primo è costituito dal muovere da una tecnica bidimensionale data dalla matrice classica dell’olio su tela per fare acquisire all’opera dimensioni varie attraverso una serie di passaggi come fotografare la tela, utilizzare poi la computer art e la clip arte per far nascere opere nuove dipinte a mano con smalti e vernici che fanno un restyling del prodotto ad olio.
E’ un rinnovamento estetico in cui il pensiero unisce il quadro inziale alla clip art, conservando le caratteristiche di ogni forma d’arte adoperata ma esternando il pensiero in modalità differenti.
Ed infatti nel quadro iniziale le grida sono silenziose per poi divenire udibili nella clip. Quindi questi quadri di vernici e smalti assumono un carattere visivo, anche musicale (ho scelto una nenia africana che accompagna il tutto), con una “regia “ digitale di quasi due minuti per realizzare un progetto commisto di antico e moderno, per creare emozioni e turbamenti che siano anche multisensoriali, come avevo già fatto nei mie precedenti progetti ( sono molto legata a “La particella di Dio”) in cui ho fatto entrare dentro l’opera lo spettatore coinvolgendolo a livello di odori, luci, colori e musiche.
Ed anche se le mie opere trattano tematiche tragiche sono votate all’ottimismo ed improntate all’idea che la conoscenza delle situazioni più angarianti attraverso l’arte può essere da pungolo per un miglioramento della società.
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