Anniversario uccisione Piersanti Mattarella: le parole del Presidente Musumeci


Pubblicato il 06 Gennaio 2020

E’ stato commemorato stamane a Palermo, nel quarantesimo anniversario della sua uccisione, il presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella. La giornata è iniziata con la deposizione delle corone di alloro in via Libertà, luogo dell’eccidio. A seguire l’intitolazione del Giardino inglese e, infine, una seduta solenne all’Assemblea regionale siciliana, con la partecipazione del capo dello Stato, Sergio Mattarella. Di seguito l’intervento del presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, che ha concluso la cerimonia a Palazzo Reale.

«Mi sia consentito di rivolgere, anche a nome del governo della Regione, un sincero e deferente saluto al signor Presidente della Repubblica, alle autorità, alle signore e ai signori presenti in questa navata le cui mura trasudano storia plurisecolare. Sono le stesse mura testimoni dell’appassionato, intelligente, coraggioso impegno profuso nel corso di tre legislature da Piersanti Mattarella da autorevole protagonista. Prima da parlamentare e poi da uomo di governo, sia come assessore alla presidenza con delega al Bilancio e soprattutto come presidente della Regione per quasi due anni dal marzo del 1978 a quel fatale gennaio 1980. Nonostante il breve arco di tempo, l’attività legislativa e gestionale del giovane presidente, ormai consacrata negli atti parlamentari, ci dà la misura del suo notevole spessore culturale, della sua lucida capacità di analisi, della sua rara sensibilità di cattolico militante, della sua abilità nel saper mediare anche nei momenti difficili sempre alla ricerca di soluzioni unitarie. Con un simile bagaglio, chissà quale futuro avrebbe avuto quel giovane figlio d’arte predestinato alla vita pubblica se il destino non si fosse abbattuto su di lui come una mannaia a 45 anni costringendo a dischiudere le giovani ali in altissimi voli, come forse avrebbe detto D’Annunzio.

Ma se posso spingermi ad avanzare una personale e serena valutazione, dico senza alcun dubbio che il merito maggiore del presidente Piersanti Mattarella consiste nell’aver voluto e saputo accettare la difficile sfida del cambiamento della innovazione in una Sicilia che in quegli anni non era ancora disposta a cambiare. Un’atavica cultura della rassegnazione, assieme a un diffuso familismo, a un disarmante assistenzialismo, ad un innato spirito anarcoide aveva assegnato alla Regione Siciliana il ruolo di una sorta di ammortizzatore sociale per creare spesso occupazione senza lavoro. Gli enti economici regionali divoratori di copiose risorse finanziarie pesavano come zavorra a danno della spesa pubblica produttiva. La mafia, la cui presenza si osava negare in alcuni palazzi dell’Isola ancora alla fine degli anni ’70 attivava il suo feroce braccio armato per affermare la sua supremazia su tutto e su tutti nel disperato tentativo di controllare gli appalti pubblici e i copiosi flussi di denaro. E mentre giornalisti, politici, magistrati, uomini delle forze dell’ordine cadevano a Palermo sotto il piombo di Cosa nostra, lo Stato indugiava sulla necessità di far sentire la propria azione repressiva sempre e seppure invocata da più parti. Questo lo sfondo tragico e sanguinario sul quale Piersanti Mattarella è chiamato a condurre la propria azione alla guida della Regione. La spinta innovativa portò l’intelligente uomo politico alla riforma degli ordinamenti finanziaria amministrativi della Regione, e al varo di norme essenziali come quelle sull’urbanistica, sulla disciplina delle nomine negli enti locali, negli enti regionali, sulla programmazione economica, sul trasferimento di funzioni regionali ai Comuni, sugli appalti. Affinché – disse – si chiudessero alcuni canali che potevano prestarsi a forme di intermediazione parassitaria e quindi per eliminare condizioni economiche e sociali che favorissero inserimenti di tipo mafioso. Sulla necessità di risanare gli enti regionali improduttivi e parassitari, Piersanti Mattarella non usava mezzi termini. La Regione – diceva – non può destinare ulteriori risorse al mantenimento di situazioni puramente assistenziali destituite di reali prospettive economiche. E aggiungeva, stigmatizzando, l’erogazione di salari non guadagnati e non corrispondenti a un’effettività di prestazione lavorative rese in un reale e vitale processo produttivo. Convinto autonomista e meridionalista, il presidente Mattarella ebbe la consapevolezza che la condizione di sottosviluppo economico-sociale della sua Isola comportava l’indispensabile intervento dello Stato per un necessario programma di riequilibrio territoriale della Nazione.

E negli anni di imperante partitocrazia, il ‘tiranno senza volto’, come la definiva il costituzionalista Maranini, non mancò di denunciare la crisi della capacità rappresentativa dei partiti e al tempo stesso di rivendicarne l’insopprimibile autonomia nell’esercizio delle funzioni di governo. Poche settimane prima di essere ucciso aveva affrontato con un giornalista il problema della mafia. E’ una antico male – commentò – che sarebbe illusorio dire che può essere risolto con una legge. E avvertì la necessità al tempo stesso di invocare da parte dello Stato un’azione di carattere sanzionatorio-repressivo più decisa e organica. Infine l’accorato appello al popolo siciliano: Se tutti quelli che parlano di mafia – disse Mattarella – si comportassero per isolare la mafia, forse oggi avremmo fatto un grande passo avanti. E mentre alla fine del 1979 alimentava questa speranza, il presidente della Regione, dimissionario per la seconda volta, non sapeva di essere ormai l’uomo politico più isolato. L’uomo che aveva avuto il coraggio di tentare vecchi e pericolosi equilibri anche all’interno del suo stesso partito, ora è costretto a prendere atto di un’amara verità: nello scontro tra il vecchio e il nuovo, è ancora il vecchio a resistere e in parte a vincere. In un contesto caratterizzato da preoccupante opacità e contiguità politico-mafiose, pretendere di avere una Regione con le carte in regola diventava per Piersanti Mattarella non una sfida, ma una condanna a morte.

Il presidente della Regione è ormai diventato scomodo, e perciò costretto alla solitudine. Una solitudine affollata di cospiratori, come sempre accade in questi casi. Il tragico epilogo ha fatto sì che restasse incompiuto il lavoro avviato dal coraggioso uomo politico. E malgrado alcuni successivi generosi sforzi compiuti nel tempo, la Regione con le carte in regole resta un obiettivo vicino ma non ancora compiuto. Quale Regione immagina il presidente Piersanti Mattarella quando parla di carte in regola? E’ solo un problema legato all’organizzazione interna improntata all’efficienza, o all’uso delle risorse pubbliche finalizzate a determinare condizioni di reale sviluppo dell’Isola in una dimensione europea e mediterranea? O ancora all’assoluta impermeabilità dell’ente e delle sue classi dirigenti rispetto a qualsiasi forma d’illegalità o di condizionamenti nei confronti del potere esecutivo? Certo, tutto questo diventa il presupposto essenziale, ma non basta. La nostra Regione avrà davvero le carte in regola, signor Presidente della Repubblica, quando tutti i siciliani sentiranno forte l’esigenza di partecipare all’essenziale e non più rinviabile processo di cambiamento. Un cambiamento che postula la rinuncia a comportamenti ormai non più giustificabili  e che nel tempo hanno costituito un comodo alibi per classi dirigenti sulle cui responsabilità grava anche la barbara fine del presidente Piersanti Mattarella e di tanti altri servitori delle istituzioni pubbliche. Rinnovare questo impegno, da parte di tutti, al di là delle appartenenze, dentro e fuori questo Palazzo, credo sia il modo migliore per rendere onore alla memoria di Piersanti Mattarella, mentre sento di esprimere in questa circostanza, interprete di tutta la comunità siciliana, i sentimenti di affettuosa vicinanza ai suoi familiari».

 


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