Stamane conferenza stampa (nella foto il Procuratore Giovanni e il comandante provinciale dei carabinieri colonnello Alessandro Casarsa, con altri investigatori e inquirenti)
I carabinieri della stazione di Calatabiano hanno eseguito dei provvedimenti di fermo emessi dalla Dda della Procura di Catania a carico di Vito Strano, 53, pregiudicato ritenuto affiliato al clan “Cintorrino” e Pietro Ferretti, 43 anni, incensurato. I due dovranno rispondere del reato di furto aggravato e tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. L’indagine trae origine dal furto in un deposito comunale di due mezzi per la raccolta dei rifiuti solidi urbani, mezzi sotratti sicuramente difficili da “piazzare in nero”. Dopo pochi giorni, secondo l’Accusa Ferretti avrebbe avvicinato i responsabili della ditta per la quale lo stesso svolgeva la funziona di autista, proponendosi quale mediatore con Strano, indicato come il “patrozzo” per ottenere la restituzione dei mezzi dietro il corrispettivo di 3mila euro e di un posto di lavoro per il figlio di Strano.A seguito della denuncia da parte dell’azienda contro ignoti, i militari della stazione di Calatabiano, hanno avviato fin da subito le indagini, scoprendo che Ferretti, proseguendo nella sua attivita’ illecita, avrebbe intimato ai responsabili della ditta che se non avesse ottemprato alla richieste estortive il suo complice avrebbe fatto incendiare tutto il parco veicoli per la raccolta dei rifiuti. Per Strano e Ferretti sono stati sottoposti a fermo nella giornata di sabato ed associati presso la Casa Circondariale di Catania Bicocca dove ieri si è celebrata l’udienza per la convalida del fermo all’esito della quale è stata applicata ad entrambi la custodia cautelare.
La seconda operazione illustrata è stata la seguente:
i carabinieri del comando provinciale di Catania hanno notificato in carcere una ordinanza di custodia cautelare a carico di Alfio Laudani, e Camillo Fichera, entrambi appartenenti al clan Laudani, intesi “mussi ‘i ficurinia”, accusati, dei reati di omicidio pluriaggravato.L’attività di indagine, coordinata dalla Procura Distrettuale della Repubblica di Catania guidata da Giovanni Savi, è scaturita dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Giuseppe Di Giacomo e Alfio Giuffrida, ritenuti organici al clan, e dai successivi riscontri effettuati ed ha permesso di fare piena luce su alcuni omicidi avvenuti tra il 1984 e il 1993. Sono stati raccolti importanti elementi probatori in ordine ai seguenti omicidi:Alfio Gamero, ex pilota di macchine di corsa, assassinato l’1.7.1984 all’interno del rifornimento di carburanti della “Gulf”, in contrada Ombra tra Tremestieri Etneo e Pedara. L’omicidio, secondo l’Accusa, fu commesso da Giuseppe Di Giacomo, Alfio Giuffrida e Alfio Laudani, omicidio scaturito come reazione del clan all’uccisione di Sebastiano Grasso, elemento di vertice del clan Laudani, avvenuta la precedente primavera, nei confronti di personaggi ritenuti “cani sciolti” i quali con le loro attività illecite danneggiavano gli interessi del sodalizio mafioso;Un latro omicidio e’ quello di Salvatore Gritti, appartenente al clan Laudani, ucciso il 10 maggio 1991 da Giuseppe Di Giacomo a Carlentini (SR) per essersi opposto alle rappresaglie decise dal clan per la morte di Santo Laudani, avvenuta il 23 agosto 1990;Domenico Peluso e Camillo Caruso, uccisi il 20 luglio 1993 a Catania, da Giuseppe Di Giacomo, Alfio Giuffrida e Camillo Fichera, in quanto il primo, pur essendo organico al clan, era considerato poco affidabile per la sua grande amicizia intrattenuta con il secondo, aderente al gruppo dei “Tigna”;Fatta luce anche sull’omicidio di Giovani Piacenti, assassinato il giorno 3 agosto 1993 a Giarre nei pressi del casello autostradale da Giuseppe Di Giacomo, Alfio Giuffrida e Camillo Fichera, per rappresaglia nei confronti del clan avversario dei “Ceusi”, a cui lo stesso apparteneva;Scoperto anche il movente per l’uccisione dell’ avvocato Salvatore Di Mauro, ucciso insieme al suo segretario Francesco Borzi’ a Catania in data 24 giugno 1993 all’interno dello studio legale in via G. Garibaldi da Giuseppe Di Giacomo, in quanto considerato dall’organizzazione mafiosa dei Laudani l’artefice delle strategie operative del contrapposto clan Puntina.
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