a cura di iena anti antimafiosa (nella foto Claudio Risicato, Pietro Agen e Antonio Stano dell’organizzazione del commercio)
Ripensare la lotta al racket. L’impegno nell’antimafia non può diventare un mestiere, che come tutti i lavori mira al guadagno, ma deve essere esercitato rispondendo a un codice etico da persone che hanno un alto profilo morale.
E’ quanto chiede il Sistema antiracket di Confcommercio Imprese per l’Italia di Catania in seguito ai fatti che la cronaca ci presenta ogni giorno. Una deriva comportamentale, causa di illeciti e di illegalità in tutti i settori, dall’imprenditoria alla politica e alle istituzioni, che rischia di far implodere il mondo dell’antimafia.
“Oggi vogliamo avviare un operazione trasparenza a 360° chiedendo a tutte le associazioni antiracket un netto segnale di cambiamento – hanno detto in coro durante la conferenza stampa di stamattina il presidente di Confcommercio Sicilia Pietro Agen, il coordinatore delle associazioni antiracket del Sistema Claudio Risicato e il direttore generale di Confcommercio Catania Antonio Strano – Chiarezza nella destinazione dei fondi destinati alla lotta al racket: oltre 10 milioni di euro in un solo Pon sicurezza non ci è ben chiaro come siano stati investiti. Chiarezza nei bilanci delle associazioni antiracket: che vengano resi pubblici, così come eventuali contributi (ai quali comunque siamo contrari), tutto deve essere rendicontato e non devono apparire voci riguardanti costi del personale. Vogliamo dire no ad un antiracket come trampolino di lancio per la politica, no alle passerelle, alle associazioni che diventano stipendifici. Chi fa attività antimafia è una persona normale, non è un eroe. E’ colui che presta gratuitamente un servizio, l’antiracket si fa per strada e in silenzio. Senza clamori. E’ una forma di volontariato che parte dal basso, non può diventare un sistema che opera invece in alto, tra i vertici, dove si lucra e si guadagna, si arraffano incarichi e poltrone.
E’ il lavoro di chi si impegna gratuitamente e per senso civico a denunciare i malavitosi che ostacolano la libertà di impresa, accompagnando e sostenendo le vittime di estorsione ed usura presso le forze di polizia, nei tribunali durante i processi, nelle prefetture, costituendosi parte civile contro i criminali con rischio della propria incolumità fisica. Oggi vogliamo dare delle regole perché per vincere bisogna fare rete, ma sia chiaro che chi opererà al di fuori dei principi etici non avrà alcun dialogo con noi”.
Al Governo Confcommercio chiederà ancora con forza l’aggravante della pena e la certezza della stessa, il rafforzamento delle forze dell’ordine, modifiche al codice civile affinchè banche e assicurazioni non chiudano le porte ai soggetti deboli e che i bene sottratti alla mafia diventino produttivi, veri e propri strumenti di reddito inseriti in un fondo immobiliare.
“La lotta alla mafia è un dovere di ogni cittadino onesto e non può essere delegata unicamente alla magistratura ed alle forze di polizia – ha affermato il coordinatore delle associazioni antiracket del Sistema Confcommercio Claudio Risicato – . La nostra terra non ha bisogno di professionisti dell’antimafia, che purtroppo abbondano ai vari livelli anche nelle organizzazioni datoriali, ma di cittadini che forti dei loro principi morali e delle loro idealità si pongono in contrasto per puro senso civico con il fenomeno mafioso che ostacola lo sviluppo socio-economico della nostra nazione”.
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