di marco pitrella
Ci sono momenti commemorativi, uguali troppo uguali, che sanno di “rito comandato”, tra sorrisi magistrAli e la solita pappa antimafffia ben servita dalle immagini d’archivio che avrebbero tanto ancora da raccontare solo se il ricordo fosse alimentato d’attualità. E’ l’anniversario della strage di Capaci.
C’è la musica de “I cento passi”. C’è il concerto live. Un po’ di pubblico (sempre meno). I selfie. Na missa cantata, come accade da anni. Celebrazione tanto bella quanto insufficiente.
E non vale “il vada come vada purché se ne parli”, è roba da pensiero equiVacante, unico e immutabile, che per essere “benedetto” ha bisogno non tanto degli eroi quanto di un nemico contrastato con l’alibi a “regola d’arte” della “persuasione occulta”, di cui parlava Pierpaolo Pasolini.
(Un plauso a Padre Resca che ha posto l’accento sul caso Helg & Montante.)
“Gli uomini passano e le idee restano”… nell’annichilimento quali?
In un recente editoriale Piero Sansonetti, direttore de “Il Garantista”, ha scritto che la questione morale esiste ed è il populismo, ovvero “la rinuncia a produrre pensiero e politica, è l’attitudine a cavalcare la pancia dell’opinione pubblica, per assecondarla e trarne benefici.”
Che grande servigio alla memoria avremmo reso se – in questo dì & in altra sede – si fosse “ragionato” sull’abominio del concorso esterno, Contrada docet. Del resto, lo stesso Falcone nutriva delle perplessità in merito: “non sembra abbia portato contributi decisivi alla lotta alla mafia, anzi vi è il pericolo che si privilegino discutibili strategie intese a valorizzare ai fini di una condanna elementi sufficienti solo per aprire un’inchiesta”, parole sue sono.
Però, diventa più comodo e più efficace (quindi annichilente) “riempire la serata” passando il “blob” del Samarcanda e del Maurizio boni-boni Costanzo Show con l’intervento di Cuffaro. Per amor di verità, Totò vasa vasa non attaccò Falcone (lo stesso Tribunale di Palermo ha condannato il magistrAle eponimo Di Pietro per diffamazione ai danni dell’ex governatore) Leoluca l’ Orlando sindaco sì, ma, nella divisione fra buoni e cattivi, passa in cavalleria (per Amor di Patria non ripetiamo le scostumate frasi pronunciate dal sempre sovrappeso direttore di ienesicule Marco Benanti, che si è lasciato andare addirittura ad un “Totò torna presto a fare il Presidente!”, suscitando le giuste prese di distanza della piazza e del suo popolo).
La ragion di ciò che è Stato impone il chi ti ci povta a spezzave una lancietta a Cuffavo, tanto mafffioso è, direbbe il gagà con il pass omaggio nella sinistra nel salotto buono.
E che dire dei tanti magistrAli – autocelebratisi eredi dell’amico Giovanni – “partiti incendiari e fieri & arrivati pompieri”, tra una trattativa & un posto in lista, che con “pensieri collettivi, parole tante, opere picca e nenti, o missioni ed omissioni a gogò, hanno sancito la vittoria di Sciascia (il primo a rammaricarsene è lo scrittore).
“Il problema dello straripamento politico dei magistrati costituisce da tempo una oggettiva emergenza costituzionale, da affrontare senza spirito di parte” (copyright Giovanni Fiandaca).
Con la crisi del berlusconismo… se non ora, quando?
Ma in fondo, è solo la ricorrenza, ci sarà tempo. Meglio limitarsi ad uno spettacolo che pare il 1°maggio. In corteo bambini, vestiti da scout, che gridano “fuori la mafia dallo stato!”. Un infanticidio intellettivo, m’è venuto il freddo.
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