Marco Pannella ce l’ha col governo, col Parlamento e con i demagoghi del populismo sicuritario. In generale contro tutti quelli che se ne infischiano dei detenuti e «neppure si rendono conto di quanto sia stato temerario Napolitano sulle carceri». Contro tutti costoro il leader radicale è in sciopero della sete dalla mezzanotte scorsa. Continua dunque il satyagraha, la lotta nonviolenta iniziata a giugno con Rita Bernardini e altri militanti radicali sempre sulla condizione del sistema penitenziario.
Stavolta l’iniziativa di Pannella è particolarmente rivolta alla vicenda di Bernardo Provenzano. L’ex boss della mafia «non comunica più», secondo l’ultima relazione dei medici dell’ospedale San Paolo di Milano. Eppure il Tribunale di Sorveglianza di Roma non si è ancora convinto a revocare il 41 bis. Venerdì è prevista una nuova udienza. Ma intanto Pannella ricomincia la sua lotta. «Si scandalizzeranno perché sciopero per il boss mafioso? Meglio, più reazioni stronze ci sono e più noi spariamo forte. Questo Stato di coglioni va aiutato a uscire dalla sua feroce illegalità. Napolitano ha parlato dell’obbligo di fuoriuscire da una condizione criminale. Non hanno neppure capito che ha detto».
Nella Conversazione settimanale di domenica Valter Vecellio ha paventato il rischio che pur di oscurare i Radicali non parleranno di Pannella neppure ora che difende Provenzano. Nessuno scomporsi neanche di fronte a questo nuovo sciopero della sete, iniziato a mezzanotte anche per chiedere la revoca del 41 bis all’ex boss della mafia.
Può darsi avesse ragione Vecellio a Radio Radicale. Può darsi invece che si vedranno fronti arricciate e nasi storti. Che lo scandalo un po’ ci sarà. Il che è cosa grave quanto l’embargo inflitto ai Radicali da gran parte del sistema informativo. Anzi forse lo scandalo è peggio. Perché nell’oscuramento di Pannella e dei suoi compagni c’è almeno una volontà strategica. Nello scandalo per la difesa di un ex boss definito incapace di intendere dai medici del San Paolo di Milano, dove giace in un folle 41 bis, in quello scandalo c’è qualcosa di peggio.
L’abbrutimento del senso comune, a essere sintetici. Lo steso abbruttirsi del senso comune che fa sembrare normali 60 suicidi l’anno in cella, e poi si traduce in scandalo di fronte a un risarcimento universale di 8 euro per chi è stato costretto in 12 in una stessa gabbia, con il gabinetto a fianco al lavandino dove si sciacquano le stoviglie. «Criminali e coglioni». Ecco, Pannella ha solo due parole. Vanno bene per lo Stato – governo e Parlamento – e forse anche per chi fa una strana propaganda sulle carceri. E chiede magari di trasformare in obbligo il diritto al lavoro dei detenuti. «Il governo, le Camere non hanno capito quello che ha detto il presidente della Repubblica. Da Napolitano non si è levato un monito qualsiasi, Napolitano ha parlato dell’obbligo di fuoriuscire da una condizione criminale».
«Criminali e coglioni», liquida Pannella, «perché continuano a non vedere un problema persino di immagine: e cioè il fatto che la loro pratica dell’illegalità li qualifica come eredi coglioni dei regimi degli anni Trenta e Quaranta. Sono eredi coglioni della shoah. E per questo», è l’apparente paradosso di Pannella, «bisogna dargli una mano, e come al solito dobbiamo pensarci noi. Devono innanzitutto uscire da questa feroce condizione di illegalità».
La cosa bella, si può dire, del leader radicale è che nella sua invettiva c’è persino la consapevolezza dell’impermeabilità altrui. Sa che questa nuova iniziativa potrebbe non bastare, proprio per quell’inerzia che lui chiama coglionaggine. Chiunque, consapevole di questo, si arrenderebbe prima di cominciare. Lui invece si carica di più.
Il nuovo satyagraha è iniziato stanotte dunque. Oggi il leader radicale sarà a Perugia, dove incontrerà il sindaco Andrea Romizi. Poi, alle 16, sempre a Palazzo dei Priori, terrà una conferenza stampa in cui annuncerà ufficialmente il ritorno allo sciopero della sete. Lui ricollegherà la nuova lotta alla condizione generale delle carceri, in particolare all’orribile sequenza di suicidi, all’incompatibilità con il carcere dello stato di salute di molti detenuti. E perciò alla vicenda Provenzano. «Se si scandalizzeranno per Provenzano? Be’, quello è un caso eloquente. Non intende, non parla, è in uno stato clamorosamente incompatibile con la detenzione, eppure gli applicano una misura che serve a impedire di dare ordini all’esterno. Sì, un po’ di scandalo ci sarà. Nemmeno troppo. Ma se c’è qualche reazione stronza meglio, così spariamo ancora più forte».
Nel confronto con molti suoi predecessori l’attuale ministro della Giustizia Orlando non fa una brutta figura: al suo attivo ha già tre o quattro provvedimenti svuotacarceri e tentativi di depenalizzazione, compreso il decreto presentato ieri in Consiglio dei ministri che introduce la non punibilità per i reati particolarmente tenui. Preoccupano però i rigurgiti che vengono dalla pancia della società e si intrecciano con l’indifferenza del Parlamento. Il tutto assume a volte la forma di proposte paradossali come quelle di Nicola Gratteri nell’ultima puntata di Report. Lì il messaggio era: i detenuti costano troppo, almeno facciamoli lavorare. Cosa vorrebbe dire Pannella per scuotere gli italiani dalla miopia sulle carceri? «Che questo atteggiamento viene dalla coglionaggine. Mi spiace ripetermi, ma non siamo di fronte a grandi criminali: quelli che se ne fregano dei detenuti e permangono nell’illegalità sono criminali coglioni, si comportano co-e eredi dei regimi della shoah».
Una svolta in termini di politica generale sulla detenzione, un indulto magari, non sarebbe anche una via dignitosa di dar seguito alle parole di Napolitano proprio ora che il presidente esce di scena? «Ma basterebbe che se le rileggessero, le parole di Napolitano. Lui parla di obblighi, cazzo. Da massimo magistrato della Repubblica. Dice che bisogna uscire dalla condizione di Stati che, in quanto tali, hanno comportamenti e mentalità criminali. Sarebbe l’unica via capace di salvarli. E comunque a Napolitano non si può chiedere nient’altro. Lui la denuncia l’ha fatta. La cosa incredibile è che non c’è stato nessuno o quasi che si sia reso conto di quanto il presidente è stato temerario».
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