Antimafia mafiosa, Nello Musumeci da urlo! Onore alla Verità!


Pubblicato il 16 Marzo 2017

Ecco la trascrizione dell’ intervento in aula, all’Ars, del presidente della Commissione Antimafia Nello Musumeci, che successivamente ha annunciato le sue dimissioni dalla presidenza della Commissione Antimafia “per non coinvolgere l’Istituzione in una campagna elettorale che si preannuncia velenosa.” 

“Signor Presidente, signori Assessori, onorevoli colleghi, ho chiesto di parlare nella qualità di presidente della Commissione Antimafia, e ringrazio la Presidenza per avermelo consentito, alla luce di alcuni fatti accaduti nei giorni scorsi e che, a mio avviso, meritano qualche considerazione e riflessione, perché in un certo senso chiamano in causa la credibilità di questo Parlamento, la sua autonomia, l’affidabilità dei suoi componenti.

I precedenti sono noti.

Da tempo ormai, e fino alla scorsa settimana, una nota trasmissione televisiva della TV di Stato punta la propria attenzione sulla Regione siciliana, sulla Regione e sull’Assemblea regionale siciliana, affrontando temi che vanno dalla soppressione delle province isolane ai costi dei lavoratori forestali, dai vitalizi dei deputati ai servizi negati ai disabili gravi, dal contributo di solidarietà a Riscossione Sicilia.

Evidentemente questi temi devono aver fatto audience, se si insiste con singolare puntualità e sospetta frequenza.

Il buon giornalismo, se non è animato da pregiudizi, serve anche a questo.

Serve a denunciare incongruenze, sprechi, sperperi, privilegi, tutele di casta, se ci sono e quando ci sono.

Ma non è nel merito di questi temi che desidero entrare, Signor Presidente, quello che in questa sede parlamentare voglio rappresentare, non è la pressoché costante presenza in quel salotto televisivo del Presidente della Regione siciliana, ma la condotta irresponsabile, politicamente parlando, del Governatore, allorché egli si presta, quando parla e quando non parla, a fare da comoda sponda a chi spesso, senza sufficienti elementi conoscitivi e qualche volta fornendo notizie infondate, vuole offrire all’opinione pubblica un’immagine della Istituzione parlamentare siciliana distorta, negativa, ben al di là degli innegabili torti e degli evidenti limiti che pure gravano su questa Assemblea regionale.

Sia chiaro, questo Parlamento ha molte colpe da farsi perdonare, colpe antiche e recenti, e il presidente Crocetta avrebbe tutto il diritto di denunciarle le colpe, se il suo non si fosse rivelato un metodo perverso, squallido e cinico, finalizzato soltanto a utilizzare un potete strumento mediatico per delegittimare il ceto politico parlamentare, persino quello che appartiene alla sua parte.

Per rendere cioè più netta e appariscente la presunta distinzione tra buoni e cattivi, tra un Parlamento di privilegiati, ostili e refrattari ad ogni cambiamento e un Presidente della Regione che finisce per l’esserne vittima, quasi frenato e ostacolato nel suo coraggioso e generoso slancio riformista e rivoluzionario.

Si pone un serio problema, Signor Presidente, colleghi deputati, un problema che prima di essere politico è di galateo istituzionale e di etica pubblica, che esula dalla normale dialettica che caratterizza e deve caratterizzare il rapporto tra il Governatore e l’Assemblea, il Governatore e la maggioranza, il Governatore e l’opposizione.

Piersanti Mattarella metteva in guardia, diceva testualmente “Credo che non giovi ad alcuno diffondere discredito nelle Istituzioni, accreditare Istituzioni deboli nei confronti della illegalità. Ciò finirebbe con l’essere una forma indiretta di indebolimento del fronte che vuole combattere e vincere questa battaglia.”

Fu uno dei suoi ultimi discorsi in questa Aula nel novembre del 1979. Lo scontro tra partiti, anche quando è aspro purché leale, è il lievito, è il sale della democrazia.

Lo scontro tra le Istituzioni è la morte della democrazia.

Ma sarebbe un grave errore, un peccato di ingenuità, pensare che questa disarmante condotta del Presidente Crocetta sia solo il frutto della sua collaudata e conclamata auto-referenzialità.

Tale condotta invece, a mio avviso, è funzionale ad un perverso sistema di potere politico che da anni in Sicilia usa l’antimafia come clava, come strumento di lotta politica, per colpire gli avversari, interni ed esterni, dello stesso partito e degli altri partiti.

E’ una antimafia opportunistica, di carriera, finalizzata a garantire favori, incarichi e consensi ai propri aggregati.

Ma serve, soprattutto, a copertura della inettitudine politica di Rosario Crocetta. Sì, il Presidente della Regione, è il primo beneficiario di questo allucinante sistema di poteresebbene egli non ne sia il regista.

Ed è concreto il sospetto che questo tipo di antimafia obbedisca a motivazioni assai meno nobili di quelle ufficiali.

Tanto che la legalità rischia di apparire l’ultima impostura alla siciliana.

Il reclutamento del personale politico operato da questo “cerchio magico crocettiano” avviene attraverso la coptazione di personaggi che debbono apparire al di sopra di ogni sospetto. Vengono concesse loro patenti preventive di credibilità, ma se poi scavi a fondo ti accorgi che alcuni di questi personaggi non sono poi così meritevoli della credibilità attribuita.

Il fenomeno non è nuovo. E’ stato già oggetto di analisi da parte di un luminare del diritto penale che non appartiene certo alla mia parte politica. Parlo del professore Giovanni Fiandaca, il quale scrive, riferendosi alla Sicilia: “Si è assistito e si assiste ancora a fenomeni di populismo penale a livello politico”. In che cosa si traduce il populismo penale? Si traduce nella tendenza, o meglio ancora, nella tentazione di sfruttare impropriamente per fini di consenso o di potere, la legge penale o la creazione di nuovi reati, il processo penale e la stessa denuncia penale come risorse privilegiate di intervento politico in senso stretto e in senso lato. “Questi fenomeni comportano – dice ancora il professore Fiandaca – sul versante politico che l’uomo che ne abbia (e ne abbiamo esempi anche in Sicilia), faccia di complemento cioè diventi supplementare agli investigatori pubblici, ai pubblici ministeri. Il politico che si sostituisce al Magistrato.”

“Attenzione, però, privilegiare gli strumenti repressivi come metodo di azione politica può anche costituire una comoda scorciatoia o un alibi per coprire una sostanziale incapacità di fare politica con gli strumenti propri dell’azione politica”.

Bé signor Presidente, colleghi, sembrerebbe scritta apposta per noi questa considerazione del professore Fiandaca, tutti sappiamo – e se non lo sapete mi assumo la responsabilità di quello che dico nel comunicarvelo – che il cerchio magico esiste, ed esiste almeno da 10 anni. Conferisce ai propri gregari incarichi di sottogoverno nelle partecipate, nelle ASP, negli Enti minori con una spregiudicatezza inaudita, usa paradigmi etico-politici e socio-criminologici per comportare il cosiddetto “mascariamento mediatico” della persona che si vuole distruggere.

E torna in mente “Il giorno della civetta”, quando il maresciallo siciliano al capitano continentale spiega che in Sicilia se vogliono distruggere una persona prima la chiaccherano e poi dicono è chiaccherata.

Ed è a questa logica che obbedisce il vertice politico di Riscossione Sicilia, invece di essere una società esattoriale efficiente chiamata a riscuoter le somme che ogni contribuente – e per primi noi politici, anche a rate – ha il dovere di versare al fisco.

Questa società interamente partecipata dalla Regione è ormai prossima alla morte, come ha ammesso in Commissione antimafia l’altro giorno qui a Palermo lo stesso amministratore, è uno degli strumenti utilizzati dal cerchio magico per scaricare palate di fango sugli avversari di Crocetta.

Ma Presidente, su Riscossione Sicilia io non ho nulla da aggiungere rispetto a quanto ho detto la scorsa settimana in una apposita conferenza stampa a Catania.

Da Crocetta all’ultimo dei gregari, i protagonisti di questo sistema di potere diventano professionisti dell’odio e della violenza verbale, impracabili giustizialisti giacobini con gli avversari, teneri garantisti con i propri amici e tengono costantemente aggiornate le liste di proscrizione, chi è con loro è contro la mafia, chi non è con loro è amico dei mafiosi.

Questo è il cerchio magico che opera al di fuori da questo Palazzo e che, da un decennio, decide le maggioranze di Governo, i componenti della Giunta regionale, persino la durata in carica di un Assessore, mentre mantiene una complessa rete di relazioni interpersonali con esponenti di rilievo del mondo imprenditoriale, e non solo del mondo imprenditoriale. Questo è l’uso ambiguo e pericoloso che si fa della morale sulla scena politica siciliana da parte di questa cricca che potremmo definire, per il potere che esercita con la intimidazione politica e mediatica, una sorta di mafia dell’antimafia.

Se poi li si osserva da vicino ci si imbatte in personaggi politici dalla discutibile moralità, adusi a frequentare allegri festini serali con compagnie equivoche, ci si imbatte in manager senza titoli, in disinvolti amministratori abituati a conferire incarichi legali per contenziosi anche di oltre 100 milioni di euro senza alcuna evidenza pubblica, senza attingere ad un regolare albo interno, ma solo perché l’avvocato è amico del giaguaro o perché l’avvocato è avvocato per altri inconfessabili ragioni.

Sono questi gli eroi dell’antimafia e della legalità in Sicilia?

Aveva ragione La Rochefoucauld il quale avvertiva: “Gli eroi sono come certi quadri, per apprezzarli non devi guardarli molto da vicino”.

Sono i tragediatori, come li chiama Francesco Forgione in un suo libro appena uscito, sono coloro che nei salotti televisivi, nei convegni, sui giornali, nelle assemblee pubbliche mettono sotto processo questo Parlamento; sono coloro che convogliano il disprezzo dei cittadini sulla politica siciliana e sui suoi rappresentanti.

come risponde l’Assemblea regionale a questa vergognosa e perdurante aggressione?

Colleghi, come risponde? Col silenzio, con l’imbarazzato silenzio di tutti, se si fa eccezione per la presa di posizione del Presidente Ardizzone e dei due Vicepresidenti.

Ecco perché sostengo che tutto questo ce lo siamo meritati.

E’ la logica conseguenza del fatto che per anni questo Parlamento ha rinunciato a riaffermare il primato della politica, perché abbiamo delegato a Roma la gestione del nostro Statuto, persino la sua interpretazione; perché questo Parlamento ha perso la sua autorevolezza, perché non ha voluto spiegare ai cittadini la differenza fra i costi della politica e i costi della democrazia; perché si vanta di avere ridotto i suoi componenti da novanta a settanta, tacendo sul fatto che così centinaia di migliaia di siciliani, soprattutto nelle piccole province, non saranno più rappresentati in Parlamento; perché questo Parlamento non ha avuto la forza di dire che il problema non sta nel numero degli eletti, ma nei privilegi degli eletti;

perché questa Assemblea si è ostinata a inseguire una folle riforma delle province togliendo di mezzo gli elettori invece di aumentarne la partecipazione; perché a questa Assemblea è mancata la consapevolezza della necessità di una responsabilità politica indipendente e separata dalla responsabilità penale, e aspetta rassegnata che arrivi il magistrato, invece di sforzarsi di arrivare prima del magistrato quando deve togliere il marcio; perché questa Assemblea ha giudicato il codice etico proposto dalla Commissione antimafia come una sorta di limitazione della propria autonomia, invece di considerarlo come uno strumento extra penale atto a rendere le istituzioni pubbliche più impermeabili ad episodi corruttivi, a degenerazioni, a pressioni, collusioni, condizionamenti e infiltrazioni esterne.

Colleghi, ci attardiamo a lunghe disquisizioni sulla concessione dei vitalizi – che la gente, giustamente, stenta a capire e a condividere – però non abbiamo il coraggio neppure di ammettere che questo Parlamento, negli ultimi tre anni, ha rinunciato ad alcuni suoi odiosi privilegi.

Non abbiamo il coraggio neppure di ammettere questo! Non ne parliamo. E’ come se avessimo la coscienza sporca.

Come si fa a non spiegare alla gente che questo Parlamento si è ridotto di oltre il 40 per cento la propria indennità di carica; la cancellazione della pensione retributiva, trasformandola in contributiva; la rinuncia alle auto blu per i Presidenti di Commissione; l’abolizione dell’assegno vitalizio dei deputati; la soppressione dell’assegno di fine mandato, come era stato conosciuto per decenni. Certo, non sono atti di eroismo, per carità, ma sono scelte, tardive per quanto si voglia, improntate a senso di responsabilità.

Abbiamo perso autorevolezza signor Presidente, perché la politica ha rinunciato alla funzione di mediazione tra interessi diversi e spesso conflittuali, perché la politica ha rinunciato alla funzione di orientamento e di Governo, sì la politica non governa più la società siciliana!

Si limita soltanto a interpretarne gli umori e le suggestioni a prescindere dalla loro natura, e invece questo Parlamento deve avere la consapevolezza degli errori compiuti e deve compiere uno scatto di orgoglio, tutti nessuno escluso!

Abbiamo ancora quattro mesi per poterlo fare, quattro mesi di tempo per dare esempi e segnali concreti al popolo siciliano, per fare valere le ragioni forti di una politica debole che deve trovare la capacità di difendere la propria autonomia, la propria indispensabilità, perché la politica non ha alternative!

E ritrovare la voglia di ascoltare la gente, a cominciare dagli ultimi, dai più deboli, dai non garantiti.

La politica può trovare la forza e l’orgoglio di attingere alla passione di Giuseppe Alessi, all’intransigenza di Pio La Torre, al coraggio di Pier Santi Mattarella, alla scrupolo di Pippo Tricoli, che pur nelle diversità dei ruoli e delle scelte ideali, in quest’Aula, hanno sempre avuto una visione alta e nobile delle Istituzioni.

La politica può trovare la forza e l’orgoglio di neutralizzare la velleità di chi, come Crocetta, considera “canaglia” questa Sicilia, che semmai ha la colpa di averlo eletto al più alto ruolo di questa Istituzione!

La stragrande maggioranza dei deputati in quest’Aula non ha conti in sospeso con la giustizia, chi ne ha attende con rispetto verso la Magistratura l’epilogo della propria vicenda giudiziaria, ma una cosa è la responsabilità penale, altra cosa è la responsabilità politica, né l’una né l’altra possono alimentare o giustificare uno scontro tra Istituzioni.

L’ho detto e lo ripeto, in quest’Aula non ci sono santi, ma non ci sono neppure diavoli!

Questo non è un Parlamento di nominati, chi è in quest’Aula è stato votato, scelto, preferito dai siciliani, quest’Aula è dunque la viva rappresentazione della Sicilia, così com’è fuori da questo Palazzo, Presidente, pavida e coraggiosa con spinte ideali e con miserie clientelari, egoista e solidale, rancorosa e remissiva, onesta e spregiudicata, coerente e voltagabbana.

Mi avvio alla conclusione: chi riveste ruoli istituzionali di vertici a qualsiasi livello deve avvertire sempre l’esigenza di preservare le Istituzioni dalla contesa partitica e dagli interessi di parte.

Spero – per quanto mi riguarda – di averne dato prova in questi quattro anni alla guida della Commissione antimafia, alla quale sono stato chiamato con voto unanime dei colleghi componenti, e lo dico con legittimo orgoglio perché non era mai accaduto nei trent’anni di vita dell’organismo parlamentare, un Presidente eletto all’unanimità.

E questo non torna certo a merito del sottoscritto, che non ha alcun titolo per meritarlo, ma merito di tutti i Gruppi politici che hanno voluto in tal senso dare un segnale unitario nella lotta contro ogni forma di mafia e di illegalità che la politica deve essere capace di promuovere giorno dopo giorno con alta tensione ideale.

Abbiamo lavorato in Commissione con spirito unitario, pur nelle diversità delle posizioni, ma ogni scelta importante, ogni indagine promossa, ogni relazione conclusiva è stata sempre votata alla unanimità dei suoi componenti.

Questa è la più grande garanzia che io posso offrire, signor Presidente, a Lei e a questo Parlamento.

Un Parlamento che si avvia ormai a vivere gli ultimi suoi mesi di questa legislatura.

Le elezioni regionali del prossimo ottobre si preannunciano già una stagione di veleni; a quella consultazione – come è noto – chi vi parla potrebbe partecipare da candidato alla Presidenza.

Non potrei mai e poi mai affrontare una così lunga e faticosa campagna elettorale e alternare la mia attività di candidato con quella di Presidente della Commissione senza correre il rischio di alimentare facili strumentalizzazioni, specie se si tratta di una Commissione che per le sue specifiche finalità impone, soprattutto a chi la guida, sobrietà, equilibrio e spirito super partes.

Per questa ragione, che è politica e morale al tempo stesso, signor Presidente, io le preannuncio che il 27 marzo, giorno d’avvio della campagna elettorale per la mia coalizione, lascerò la guida della Commissione Antimafia, rimanendone componente attivo e spero fattivo.

Mi conforta sapere che, grazie a tutti i colleghi commissari, al personale di segreteria, ai consulenti a titolo tutti gratuito, abbiamo ottenuto risultati, credo significativi, pur nei limiti entro i quali è chiamato ad operare l’organo parlamentare.

Molto lavoro abbiamo prodotto e non mi attardo qui ad elencarlo, molto altro già avviato rimane da completare e sono sicuro che sarà completato nei prossimi mesi.

A Lei signor Presidente, debbo un particolare ringraziamento per l’attenzione con cui ha seguito e sostenuto il lavoro della Commissione, riconoscendoci autonomia assoluta di scelta e di giudizio e la ringrazio assieme a tanti colleghi deputati, anche dell’opposizione, se mi consentite quelli dell’opposizione li ringrazio due volte per la fiducia e la stima che hanno voluto manifestarmi in più occasioni, anche recenti.

Tante cose ci hanno diviso, colleghi, e tanti ci dividono in quest’Aula, ma tutti abbiamo il dovere di tenere alto e incontaminato il valore della politica e di lavorare perché si possa recuperare la fiducia del popolo siciliano nelle istituzioni democratiche, innanzitutto, prima che nelle persone di ciascuno di noi, questo è l’auspicio, signor Presidente, che sono convinto troverà fertilità di ascolto nel senso e nello spirito.”

 


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