Antimafia: sette presunti affiliati al clan Santapaola-Ercolano “ramo” Assinnata fermati dai carabinieri


Pubblicato il 08 Marzo 2013

Conferenza stampa, con in testa il Procuratore della Repubblica Giovanni Salvi, il sostituto Andrea Bonomo e il comandante provinciale dell’Arma Giuseppe La Gala (nella foto), su una brillante operazione antiestorsione…

dai carabinieri:

Questa mattina, alle prime luci dell’alba, i carabinieri del Comando Provinciale di Catania hanno dato esecuzione nel capoluogo etneo e a Paternò ad un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Catania nei confronti di sette persone per il reato di estorsione, aggravata dall’aver agito in nome dell’associazione di tipo mafioso denominata clan “SANTAPAOLA – ERCOLANO” ed in particolare dell’articolazione facente capo alla famiglia ASSINNATA, operante nel territorio di Paternò, e del gruppo di Picanello, al fine di agevolarne le attività illecite.Contestualmente, il citato Ufficio giudiziario ha avanzato richiesta all’Ufficio del G.I.P. del locale Tribunale per l’emissione di un provvedimento di custodia cautelare a carico di altri due soggetti, allo stato già detenuti, appartenenti alla medesima consorteria criminale e ritenuti responsabili degli stessi reati.L’attività investigativa è stata avviata solo pochi giorni fa quando alcuni degli arrestati hanno fisicamente aggredito un imprenditore edile, vittima sin dal 2002 di richieste estorsive da parte degli affiliati del citato clan.I primi accertamenti che hanno condotto all’emissione del provvedimento restrittivo hanno consentito di delineare le modalità secondo cui due distinti gruppi criminali attivi nel quartiere “Picanello” di Catania e in Paternò, entrambi riconducibili alla famiglia mafiosa “Santapaola – Ercolano”, hanno costretto nel tempo la vittima mediante la minaccia, anche implicita, di gravi ritorsioni sia contro l’incolumità personale, sia contro l’integrità dei beni aziendali a pagare il “pizzo” in forme diverse.Tra queste la corresponsione in occasione delle festività natalizie e pasquali di somme in contanti, a titolo di “regalo”, oscillanti fra gli 800 e i 1.500 euro poiché “le feste dovevano essere tali per tutti”; la dazione frequente e in maniera estemporanea di somme oscillanti tra i 50 e i 200 euro, quando la vittima aveva la sfortuna di incontrare i suoi aguzzini, su appuntamento o anche per caso.Tra i soprusi normalmente esercitati dalla cosca, il versamento di una percentuale (variabile tra il 2% e il 3%) del valore complessivo degli appalti assegnati all’impresa edile ovvero, qualora l’importo dell’appalto fosse di valore esiguo, la corresponsione di una somma “una tantum”, naturalmente di ammontare superiore a quello percentuale.Non da meno è la costrizione a saldare un debito di 4000 euro contratto con un’azienda “vicina alla famiglia” che l’imprenditore si era rifiutato in passato di saldare perché i lavori commissionati non erano stati portati a termine a regola d’arte. Al riguardo l’impresario ha dovuto pagare l’intera somma dopo essere stato intimidito con una chiara minaccia di morte.L’imprenditore è stato poi vittima da parte dei suoi aguzzini anche del classico “cavallo di ritorno” allorquando in occasione di un furto subito ai danni di un cantiere edile ove ignoti gli hanno sottratto alcuni automezzi da lavoro e attrezzature professionali, per un danno complessivo di circa 40.0000 €, è stato costretto a pagare una prima tranche di 3000 euro per la restituzione di parte della refurtiva e gli sono stati richiesti altri 3000 euro per la restituzione della restante merce che il malcapitato si è rifiutato di pagare poiché parzialmente rinvenuta dai Carabinieri di Paternò. Proprio questo suo rifiuto sarebbe stata la causa che ha provocato la sua aggressione.In ultimo, l’obbligo imposto alla vittima di pagare il pizzo anche ai responsabili del gruppo di Picanello nel momento in cui ha avviato dei cantieri in quel quartiere con il sistematico controllo da parte degli ASSINNATA dell’effettiva corresponsione delle cifre concordate.Le risultanza investigative hanno acclarato, altresì, come i proventi delle estorsioni fossero destinati al mantenimento delle famiglie dei sodali.I risultati operativi cui sono giunti oggi la Procura di Catania e il Comando Provinciale dei Carabinieri rientrano in una strategia di contrasto del racket delle estorsioni adottata all’unisono da tutte le componenti istituzionali impegnate nella lotta alla criminalità organizzata e comune del Distretto, che vede quale principale strategia un intervento rapido e risolutivo mirato a garantire nei tempi più brevi possibili il massimo risultato in favore di quelle vittime che decidono di liberarsi dalla spirale del pizzo ponendo la propria fiducia nella legalità.

ELENCO FERMATI1) ASSINNATA Domenico Filippo, cl. 1952, inteso “Mimmo ‘u Catanisi”, ritenuto il capo carismatico dell’omonima frangia di cosa nostra catanese operante nel comprensorio di Paternò.2) ASSINNATA Salvatore, cl. 1972, ritenuto il capo operativo dell’omonima frangia di cosa nostra catanese operante nel comprensorio di Paternò.3) CHISARI Salvatore, cl. 1978, inteso “Turi ‘u Pazzu”, ritenuto affiliato alla frangia di cosa nostra catanese operante nel comprensorio di Paternò.4) INDELICATO Rosario, cl. 1965, ritenuto affiliato alla frangia di cosa nostra catanese operante nel comprensorio di Paternò.5) PAVONE Lorenzo, cl. 1970, ritenuto il responsabile del gruppo operativo di cosa nostra catanese operante nel quartiere “Picanello” di Catania.6) PUGLISI Pietro, cl. 1974, inteso “Sputavento” e/o “Peri ‘i Gallina” e/o “Muschitta”, ritenuto affiliato alla frangia di cosa nostra catanese operante nel comprensorio di Paternò.7) SCUDERI Salvatore, cl. 1963, inteso “Turi Scheggia”, ritenuto affiliato al gruppo operativo di cosa nostra catanese operante nel quartiere “Picanello” di Catania.   


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