Riceviamo e pubblichiamo:
“lo studio condotto dal dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Catania, su incarico del Commissario della Provincia Prefetto Romano, sul fenomeno estorsivo nella provincia di Catania, evidenzia in maniera netta ed allarmante la complessità del fenomeno criminale ancor oggi molto diffuso, nonostante l’ottimo lavoro condotto dalla magistratura e dalle forze dell’ordine. Lo studio evidenzia inoltre il calo vertiginoso delle denuncie da parte degli operatori commerciali.
Per le organizzazioni criminali il prelievo di denaro alle imprese attraverso l’estorsione non rappresenta solo un illecito arricchimento, ma costituisce l’affermazione del principio che la mafia, nonostante tutto, è più forte dello Stato nel controllo del territorio.
Quest’ultimo aspetto può diventare determinante per la tenuta democratica della nostra nazione anche in relazione alla ricerca del consenso durante le competizioni elettorali. Ciò è provato da numerose inchieste che hanno coinvolto clan mafiosi ed esponenti politici di varia estrazione.
La mafia sottrae con le estorsioni oltre 200 milioni di euro l’anno all’economia della nostra provincia (fonte Fondazione Chinnici – Unicredit). Tutto ciò non può essere solo giustificato con l’arretratezza culturale degli imprenditori della nostra provincia. Occorre, pertanto, indagare le cause che scoraggiano la denuncia, che ricordo è un dovere di ogni imprenditore onesto.
Il motivo principale, a mio avviso, è la mancata certezza della pena. Negli ultimi 20 anni, purtroppo, i nostri governanti hanno emanato leggi ipergarantiste che di fatto tutelano chi delinque, ostacolano il lavoro dei magistrati allungando i tempi dei processi, demotivano le forze dell’ordine impegnate nella repressione dei reati. Se a ciò aggiungiamo i continui tagli lineari al comparto giustizia e sicurezza il quadro si completa in maniera desolante. Si obietta che tali provvedimenti sono stati emanati per eliminare il sovraffollamento delle carceri. Ricordo che esistono numerosi istituti di pena già ultimati e non funzionanti ed un piano carceri già finanziato.
Un altro aspetto riportato nello studio riguarda il ritardo del rimborso delle vittime in relazione ai tempi previsti dalle leggi 44 e 108. Bisogna velocizzare gli interventi migliorando le leggi ed evitare le lungaggini burocratiche. Risarcire un imprenditore dopo svariati anni dalla denuncia significa renderlo vittima due volte e condannarlo quasi sempre alla chiusura dell’attività.
In siffatto contesto il lavoro delle associazioni antiracket tendente alla denuncia finale dell’imprenditore, diventa pressoché improduttivo. Il lavoro delle associazioni può essere solo di tipo culturale e non di contrasto operativo alla mafia, tant’è vero che nel 2014 nella nostra provincia si sono registrate solo tre denunce. Si continuerà quindi, con i protocolli per la legalità, i codici etici, le belle parole ai giornali, le fiaccolate e le passeggiate per la legalità, mostre di pittura, etc. etc, cose spesso inutili e poco incisive nel contrasto alle organizzazioni criminali, ma che servono anche per agevolare carriere politiche, richiedere finanziamenti, ottenere incarichi e prebende, creare falsi paladini della legalità che vanno in giro per l’Italia superscortati a nostre spese.
Alla luce delle gravi criticità esposte, propongo a tutte le associazioni antiracket presenti nella nostra provincia che si riconoscono nel volontariato, di raccogliere le firme dei cittadini per respingere la deriva ipergarantista presente nelle attuali norme di legge, a tutela della certezza della pena, elemento cardine di una repubblica democratica.
Le firme raccolte saranno poi inviate al Presidente della Repubblica, garante della Costituzione repubblicana.
E’ necessario che dalla società civile si levi forte una voce di protesta atta a garantire la convivenza civile e la legalità.
Difendere la legalità, senza certezza della pena è oltre un nonsenso giuridico, una battaglia persa in partenza. In gioco ci sono non solo la libertà di impresa, ma anche la tenuta democratica della nostra nazione.
E’ venuto il momento di affermarlo con forza e senza ipocrisia.
Dr. Claudio Risicato
Presidente Associazione Rocco Chinnici
Coordinatore Associazioni Antiracket sistema Confcommercio.”
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