Bancarotta fraudolenta: la Procura di Catania ottiene gli arresti di Mario De Felice e della moglie. Insolvenza da oltre 11 milioni


Pubblicato il 28 Novembre 2012

di iena giudiziariaUfficiali della G. di F. Nucleo Polizia Tributaria di Catania hanno oggi eseguito un’ordinanza con cui il Gip del Tribunale di Catania, su richiesta della Procura della Repubblica, ha disposto l’applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di Mario De Felice e gli arresti domiciliari nei confronti del coniuge Giovanna Genovese per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale connessi al fallimento del “Corpo di vigilanza La Celere s.r.l.”.Mario De Felice in tanti lo ricorderanno anche per essere stato assessore al Comune di Catania (in effetti viste le capacità di gestione mostrate in questa vicenda “meritava” quel ruolo) della giunta guidata da Umberto Scapagnini. Su di lui, peraltro pende una condanna in primo grado a due anni e tre mesi, per la vicenda del buco di bilancio nelle casse del Comune di Catania.Tornando agli arresti, il fallimento della “Celere s.r.l.” è stato dichiarato dal Tribunale di Catania con sentenza del 20.11.2009 a fronte di uno stato di insolvenza per oltre 11 milioni di euro. E’ stato altresì eseguito il sequestro di quote di immobili di proprietà delle figlie dei coniugi De Felice e dell’azienda attualmente denominata “2858 s.r.l.” (già “Celere Techonology s.r.l.) la cui gestione è ora affidata ad un amministrazione giudiziario.A seguito della denuncia presentata dai componenti del collegio sindacale e da alcuni lavoratori dipendenti della società fallita – che hanno segnalato la mala gestio dell’amministrazione riconducibile a Mario De Felice – la G. di F. nucleo PT di Catania ha compiuto indagini da cui è emerso che l’imprenditore, a partire dal 2005, ha costantemente trasferito ingenti risorse economiche e beni aziendali dal patrimonio dell’ente a quello dei prossimi congiunti.Le indagini fanno ritenere innanzitutto che le condotte distrattive siano state pianificate e realizzate continuativamente per più di quattro anni, anche dopo il fallimento della società di vigilanza, e che l’imprenditore si sia avvalso di strumenti fraudolenti, continuando ad aggravare lo stato di dissesto, simulando di voler risarcire l’ingente debito tributario. Dalle indagini bancarie è poi emerso che Mario De Felice ha utilizzato somme sottratte dalle casse della società per acquistare due immobili in S. Agata Li Battiati intestati a moglie e figlie.La Celere s.r.l. risulta poi aver di fatto finanziato per oltre 2.500.000,00 euro l’acquisto da parte di altra società, sempre riferibile al De Felice, l’acquisto di una motonave per attività turistiche; finanziamento effettuato senza alcun beneficio o vantaggio per la Celere e con conseguente perdita patrimoniale. Infine il De Felice risulta aver costituto una società, la 2858 s.r.l, inizialmente denominata Celere Technology, proprio al fine di sottrarre risorse ai creditori della “Celere s.r.l.” e di alimentare i profitti personali della famiglia De Felice.Il sequestro e la misura restrittiva si sono resi necessari per impedire ulteriori condotte di distrazione, per recuperare le risorse che sono state sottratte a garanzia dei creditori, ma soprattutto per ristabilire modalità di gestione rispettose della legalità. Infatti, l’ingente importo dei debiti maturati dalla società fallita indica che la Celere s.r.l. ha operato sul mercato alterando gravemente le regole della libera concorrenza, con ricadute in danno anche degli altri operatori economici del settore.La 2858 s.r.l., ha acquisito, infatti, a costo zero le attrezzature e il pacchetto clienti della “Celere s.r.l.”, usufruendo dell’avviamento di una impresa già affermata (senza impegno di risorse proprie) e proponendo dunque sul mercato condizioni contrattuali particolarmente vantaggiose (specie per la qualificata offerta tecnologica), potenzialmente idonee ad emarginare la società che operano secondo criteri – legali – di economicità.In una fase in cui la procedura fallimentare è ancora in corso e nessun bene è stato rinvenuto a garanzia dei creditori il sequestro è necessario per assicurare una gestione corretta delle risorse dell’impresa in bonis.


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