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Carceri: un inferno di morte. E muore anche la legalità
Pubblicato il 26 Luglio 2011
Un autentico “bollettino di guerra”: le carceri italiane sono “fuorilegge” e producono morte. I nomi di 850 “caduti” –detenuti morti nelle galere italiane fra il 2002 e il 2011- sono stati letti (nella foto un momento dell’iniziativa), stamattina, davanti al carcere di piazza Lanza, a Catania, dagli esponenti dei radicali, impegnati in una battaglia per la giustizia e l’amnistia. Ai detenuti deceduti ci sono da aggiungere –hanno spiegato i rappresentanti radicali- 88 agenti di polizia penitenziaria, una direttrice di carcere, un provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria. Altri deceduti per suicidio. Un situazione terribile, quindi, per la quale i radicali denunciano illegalità ripetute nel mondo carcerario. Non a caso, hanno reso noto i radicali che sono cento i detenuti morti nei primi sei mesi del 2011. Oltre 1850 dal 2000 ad oggi. Secondo il dossier “Morire di carcere” elaborato dal Centro Studi di ‘Ristretti Orizzonti’, nei primi sei mesi del 2011 nelle carceri italiane hanno perso la vita cento detenuti. Nel 2010, anno in cui si è registrato il più alto numero di decessi in carcere, i detenuti morti sono stati 184. Dal 2000 ad oggi sono morti in carcere 1856 detenuti, di cui oltre 650 per suicidio. Una scia di sangue senza fine che non ha risparmiato nemmeno gli agenti di polizia penitenziaria (88 suicidi dal 2000 ad oggi), un corpo sottorganico costretto a lavorare in condizioni di stress spesso insostenibile.
Ecco quanto hanno ulteriormente reso noto i radicali: “a 36 anni dall’approvazione delle norme sull’Ordinamento penitenziario (Legge 26 luglio 1975, n.354), e a più di 11 anni dall’emanazione del Regolamento penitenziario (D.P.R. 30 giugno 2000, n.230), il carcere si presenta come una realtà assolutamente estranea ai vigenti principi giuridici e costituzionali. Dinanzi allo stato di scandalosa illegalità delle carceri italiane e al collasso di una giustizia paralizzata da milioni di processi pendenti, chiediamo al Parlamento di assumersi la responsabilità di approvare un’ ‘Amnistia per la Repubblica’, che consenta allo Stato di interrompere la violazione permanente del diritto interno e internazionale, superando così la propria condizione di “delinquente professionale”. Un’amnistia legale, ai sensi dell’art. 79 della Costituzione, mentre oggi è in atto un’amnistia mascherata e di classe rappresentata dalle oltre 150.000 prescrizioni ogni anno. Un’amnistia, dunque, intesa non come semplice atto di clemenza verso i detenuti, ma come provvedimento di riforma strutturale che apra la strada al rispetto della legalità e alle necessarie riforme del sistema penale, a partire dalle depenalizzazioni e dal potenziamento delle misure alternative alla detenzione.
Pannella ha sospeso (ma non interrotto) l’iniziativa nonviolenta in ossequio all’attenzione del Capo dello Stato
Dopo 91 giorni di sciopero della fame (e cinque giorni di sciopero anche della sete) Marco Pannella ha sospeso la sua iniziativa nonviolenta in attesa dell’esito del convegno dal titolo ‘Giustizia! In nome della legge e del popolo sovrano’ che si terrà a Roma il 28 e 29 luglio alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Anche Rita Bernardini, deputata radicale, e Irene Testa, segretaria dell’associazione “Il detenuto ignoto” hanno sospeso il loro sciopero della fame che andava avanti ormai da oltre quaranta giorni. All’iniziativa nonviolenta, la più grande della storia repubblicana, hanno aderito finora oltre 19.000 detenuti, 4.000 loro familiari e decine di agenti, psicologi penitenziari, educatori, direttori di carcere, volontari, avvocati dell’Unione Camere penali, militanti radicali e cittadini comuni. Anche i detenuti del carcere di Piazza Lanza e 46 loro familiari hanno aderito allo sciopero della fame.” Su questo carcere i radicali hanno denunciato: “il ministero della Giustizia continua a pubblicare dati non attendibili.
Con riferimento alla capienza regolamentare della casa circondariale di Catania Piazza Lanza, abbiamo segnalato alcuni mesi fa una grave incongruenza fra il dato pubblicato sul sito del ministero della Giustizia, attestante una capienza regolamentare di 361 posti, e le informazioni fornite dalla direzione del carcere, secondo cui la capienza regolamentare è di 155 posti e la cosiddetta capienza ‘tollerabile’ è di 221 posti. Quest’ultimo dato, peraltro, è confermato anche da un recente rapporto della Uil-Pa. Per chiarire quest’aspetto, lo scorso marzo è stata presentata dai deputati radicali un’interrogazione parlamentare alla quale il ministro Alfano non ha ancora risposto, nonostante i numerosi solleciti. E adesso una nuova statistica, pubblicata il 30 giugno 2011 sul sito del ministero, attribuisce ancora una volta all’istituto catanese una capienza regolamentare di 361 posti. Che attendibilità hanno i dati sulla capienza regolamentare forniti dal ministero della Giustizia? Non è una questione soltanto numerica, dietro questi ‘numeri’ ci sono persone in carne ed ossa, costrette a vivere come polli in batteria: 591 detenuti presenti a fronte di una capienza regolamentare di 155 posti.”
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