di Gian Maria Tesei
A soli cinquantacinque anni un tumore al colon, con il quale combatteva da quasi due, ci porta via Carlos Ruiz Zafón l’autore letterario ispanico più letto, dopo Cervantes, al mondo, appartenente al Gotha degli scrittori più importanti dei primi vent’anni del ventunesimo secolo.
Un autore il cui riscontro di pubblico, soprattutto grazie alla sua tetralogia del “Cimitero dei libri dimenticati”, ha consentito di vendere in ben quaranta paesi, in tutti i cinque continenti della terra, ben venticinque milioni di copie delle sue creature letterarie, di cui ben cinque milioni proprio in terra italica.
Lo scrittore spagnolo nacque a Barcellona, città che sarà sempre sua musa ispiratrice, dove attese agli studi presso un collegio di gesuiti, per poi frequentare l’università di Scienza dell’informazione, dove conobbe Mari Carmen Bellver, sua compagna e poi moglie con quale condivise i primi successi in ambito pubblicitario e la decisione di approdare oltre l’Atlantico negli USA a Los Angeles, anche se divorziò da lei prima di attuare il proposito di trasferirsi nella città che rappresenta il centro della cinematografia mondiale.
Lo stesso Zafón aveva affermato come l’attività di pubblicitario, da questi principiata intorno ai diciannove o vent’anni, prima nel ruolo di editor poi in veste di direttore creativo, gli avesse concesso di ottenere delle grandi soddisfazioni anche economiche e come parecchi artisti dello scrivere avessero lavorato proprio in quel settore che ha il grosso pregio di avere un contatto diretto e vivo con la letteratura, poiché consente l’accostamento tra visione e linguaggio ed il vedere le parole in forme di figure ed immagini, svelando una doppia utilità , sia nella creazione di romanzi che di sceneggiature, alla cui creazione e realizzazione lo scrittore iberico si dedicò proficuamente, in quanto pervaso da un profondo amore per il cinema.
E proprio il sentimento potente che lo legava al cinema lo spinse ad andare in California, in quella Los Angeles che apprezza molto le letture e dove niente è come appare (disse tempo addietro), lasciando la sua amatissima Barcellona, che egli definiva sua madre ed in cui aveva ambientato la gran copia della sua produzione scritta, abbandonando al contempo quella realtà fosca ed un po’ soffocante ed addirittura vessatoria del franchismo spagnolo, vedendo in Hollywood un ponte verso la libertà dei cineasti quali Martin Scorsese, Steven Spielberg, Francis Ford Coppola e Ridley Scott.
E proprio a Los Angeles che, a parte Barcellona, diventa la sua città d’elezione, incominciò a scrivere testi per narrativa per bambini ( il suo libro in assoluto preferito tra quelli che agli redasse è proprio l’ultimo scritto in questo ambito, ossia “Marina”) con “il principe della nebbia” ( il suo essere stato insegnate d’asilo , lo ispirò in questo periodo creativo) che gli diede la vittoria del premio Edebé, per poi debuttare nella narrativa per adulti nel 2001 con “L’ombra del vento”, che non ebbe un’immediata calorosa accoglienza ma che grazie al passaparola dei lettori giunse a a ben trenta edizioni e otto milioni di copie vendute in tutto il mondo.
E così l’ex- pubblicitario catalano( anche buon compositore e suonatore di piano), appassionato, tanto da avere collezioni significative, di draghi, draghetti e dragoni, ( aveva denominato la sua abitazione losangelina “dragonera”) incominciò la sua personale scalata alla notorietà internazionale, inaugurando la sua quadrilogia del “Cimitero dei libri dimenticatI”, che trasse ispirazione dall ’aver trovato a Long Island un vecchio magazzino di testi vecchi , Acres Books, che rappresentava un immenso tesoro d’arte scritta, che con la sua fervida fantasia ambientò nella sua Barcellona.
Una Barcellona torva uggiosa e piovifera, in cui i vari personaggi, in vari momenti, tra amori, agnizioni, conflitti, inganni, ardimenti ed audacia, sviluppano quella che egli definiva una metafora della pregnanza della memoria e dei mutamenti ad essa legata nella nostra vita.
“Il gioco dell’angelo” nel 2008, secondo atto dei suoi quattro libri, (che in realtà sono costruiti per avere una vita propria indipendente per chi legge) ottenne in Spagna il volume di stampa più alto per un’opera alla sua prima edizione. A completare la tetralogia furono, nel 2011, “Il prigioniero del cielo” e “Il labirinto degli spiriti, nel 2016, che ha una genesi che si lega alla prima visita fatta al giornale “La Vanguardia” ( testata giornalistica con cui l’autore spagnolo collaborava- oltreché con El Pais- ed in cui lavora il suo caro amico Vila- Sanjuàn) nel 2001 da Zafón, con la redazione del giornale ed i suoi giornalisti che divennero protagonisti, con qualche modifica delle caratteristiche anagrafiche , proprio di questo suo ultimo sforzo creativo.
Il suo grande amore per la letteratura, non gli impedì di affermare come in realtà l’ambiente dell’arte delle lettere sia all’1% fatto di letteratura vera e propria ed al 99% di salotto, mentre per lo scrittore di Barcellona dietro ogni pagina realizzata pone una spontanea cogitazione e ponderazione volta a soddisfare l’impalcatura della complessa architettura di in libro, i cui segreti non vanno svelati poiché , i libri devono avere lo stesso impatto emozionale diretto della musica.
Anche per questo motivo Zafón, uomo schivo e riservato, affermava di non appartenere ad alcuna scuola letteraria, ma di avere le sue peculiari caratteristiche stilistiche, con l’insieme di fantasia e realtà a permeare ed animare suoi scritti, sul solco della tradizione dei romanzi del diciannovesimo secolo, con il suo creare intrighi ascosi nei quali ci si può addentrare con più aditi e più soluzioni d’esito e che consentivano la sua accennata indipendenza tra i suoi libri.
Non amatissimo dai suoi colleghi spagnoli per la sua ascesa prodigiosa e quasi fulminate, ci ha regalato una splendida definizione di ciò che importa un prodotto d’arte scritta e che dovrebbe farci comprendere la centralità della letteratura nella vita di ogni uomo ossia: «Ogni libro, ogni tomo che vedi ha un’anima. L’anima di chi l’ha scritto e l’anima di chi l’ha letto, vissuto e sognato».
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