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Caro Antony Barbagallo ti scrivo
Pubblicato il 31 Marzo 2021
Caro Antony Barbagallo, abbiamo apprezzato, e prontamente rilanciato sulla nostra testata, la tua pronta reazione alle notizie sull’inchiesta sulla sanità in Sicilia che vede chiamato in causa, da destinatario di un avviso di garanzia, l’ex assessore regionale alla Sanità Ruggero Razza, di cui hai chiesto le dimissioni. Chiariamo subito che hai fatto bene perché, al di là delle eventuali responsabilità penali, che verranno accertate, c’è un livello di responsabilità politica su cui non si può sorvolare. Soprattutto perché, come ha ammesso lo stesso Razza nella lettera di dimissioni consegnata a Nello Musumeci, occorre innanzitutto mettere al riparo la credibilità delle istituzioni da qualsiasi sospetto. Essere indagati, quante volte ce lo siamo detti noi garantisti, non significa essere colpevoli e dunque la richiesta di dimissioni nasce esclusivamente dall’esigenza di proteggere la credibilità della politica e delle istituzioni.
Per questo sorge spontanea la domanda: perché lo stesso passo indietro non l’hai chiesto al segretario provinciale del Pd di Catania che è stato rinviato a giudizio per il reato di falso (lo stesso per cui è chiamato a rispondere Razza) e che è stato persino condannato in primo grado dalla Corte dei Conti regionale? Il rischio, caro Antony Barbagallo, è quello di sembrare garantisti con gli amici e giustizialisti con gli avversari.
E dunque, come dare torto a Debora Borgese quando scrive: “Credo che Razza abbia fatto bene a dimettersi perché ha dimostrato responsabilità politica che non va necessariamente a braccetto con una ipotetica responsabilità penale. Non era un atto dovuto e, se consideriamo che a invocare le dimissioni sono stati anche rappresentanti di partiti che al loro interno hanno segretari provinciali condannati su un fronte e rinviati a giudizio su altro fronte, ditemi un po’ voi quanta ipocrisia regna in certi partiti. Io direi tanta, infinita”. Noi capiamo, caro Antony Barbagallo, come il gioco delle correnti e degli equilibri interni renda arduo l’esercizio della coerenza e del rigore morale ma è proprio questo che distingue un leader da un qualsiasi quaquaraqua. Poi non ci si sorprenda se gli elettori, al momento delle urne, decidono di “spalmarvi”.
Aureliano Buendia.
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