di iena marco benanti
I giudici della terza sezione del Tribunale di Catania (Presidente Urso) hanno condannato a due anni e tre mesi per abuso d’ufficio Santo Schilirò Rubino (nella foto), già direttore generale dell’Iacp di Catania. Schilirò Rubino è stato condannato anche a risarcire la parte civile: sarà il giudice civile a quantificare il danno. La Procura della Repubblica aveva chiesto l’assoluzione.
Santo Schilirò Rubino fu rinviato a giudizio dal Gip Francesco D’Arrigo perchè “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, quale direttore generale dell’Iacp di Catania, pubblico ufficiale nello svolgimento delle proprie funzioni: 1) avviando con missive datate 6.10.2010 un procedimento disciplinare ai sensi degli artt. 55 e 55 bis D. Lgs. 165/2001 a carico del dipendente dello Iacp di Catania Redi Maurizio (difeso dall’avv. Pierfrancesco Iannello, ndr) per asserita violazione degli artt. 52 e 53 del DPR 445/2000 in materia di protocollo informativo, quindi procedendo poi alla formale contestazione dell’addebito disciplinare con missiva del 15.10.2010, ed infine redigendo in data 2.2.2011 una relazione riservata con la quale proponeva di comminare al dipendente la sanzione della sospensione dal servizio con privazione dello stipendio per più di dieci giorni, procedimento disciplinare poi proseguito dalla dott.ssa Giambarveri, quale delegata dallo Schilirò Rubino, e conclusosi con l’irrogazione della sanzione della sospensione dal servizio e dallo stipendio per 21 giorni.”
Ancora: “avviando con nota prot. 3386 del 18.3.2011 un ulteriore procedimento disciplinare a carico del medesimo Redi e proseguendo tale procedimento disciplinare in qualità di dirigente dell’ufficio disciplina e applicando al predetto con provvedimento del 15.7.2011 la sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per giorni 40;omettendo di astenersi in presenza di ragioni di inimicizia personale nei confronti del Redi ed inoltre avendo intesse a dimostrare la sussitenza di illeciti e irregolarità nella gestione del protocollo informatico da parte del Redi essendo lo stesso Schilirò Rubino chiamato a rispondere di fatti analoghi addebitatigli sia in sede disciplinare che in sede penale, ed in violazione di norme di legge e di regolamento e, segnatamente in violazione dell’art.55 comma 4° D. Lgs 150/09 e succ. modif. atteso che non veniva costruito presso lo Iacp l’ufficio per i procedimenti…come previsto dall’art. 28 lett. m) del vigente regolamento dello Iacp per l’organizzazione degli uffici e dei servizi del 17.3.2010 in assenza di una proposta del medesimo direttore generale, tanto che i menzionati procedimenti disciplinari venivano avviati e conclusi dal direttore generale o suo delegato; con riguardo al secondo procedimento disciplinare in violazione dell’art. 55 bis comma 3° D. Lgs 150/09 e succ. modifi. atteso che il procedimento disciplinare veniva iniziato e concluso nonostante il fatto che la segnalazione del fatto oggetto di addebito fosse avvenuta oltre cinque giorni dopo la notizia del fatto stesso -procurava così intenzionalmente al predetto Redi un danno ingiusto.”
Ma chi è Santo Schilirò Rubino? E’ un personaggio, difeso in questo processo dall’avv. Walter Rapisarda, (che ha annunciato appello, fiducioso di un proscioglimento nel merito) che ha segnato un’epoca nella travagliata storia dell’Iacp di Catania. L’istituto case popolari è un ente nato per rispondere al bisogno di alloggi della società più povera, in realtà divenuto nel tempo anche centro di pessima amministrazione, snaturando le sue finalità istituzionali.
Proprio partendo da questo assunto, l’Iacp è stato a lungo un capitolo del “Caso Catania” per le implicazioni politiche, imprenditoriali e giudiziarie, che hanno caratterizzato la sua storia nei decenni. C’è chi lottò a lungo dentro l’istituto, pagando prezzi alti, come l’avv. Francesco Messineo: abbiamo trovato tracce di questo impegno già nel 1984 (!) in un articolo de “I Siciliani”.
Di questa vicenda e dolorosa vicenda serbiamo ricordi precisi: Messineo rimase solo in questa battaglia di legalità, al suo fianco ricordiamo i familiari, il Presidente del Tribunale dei Minorenni Giambattista Scidà, l’avv. Lina Arena, il radicale Carmelo Percolla e pochi altri. Altri ancora si fecero gli affari propri, quando non furono parte del contesto contro Messineo.
Tanta l’ostilità da destra come da sinistra, ci furono anche toghe che scrissero di lui che era “un grafomane”. Il Palazzo di “giustizia” di Catania fu di fatto un “muro di gomma” per anni e anni. Dopo lunghe battaglie, grazie ai suoi eredi, lo Stato da qualche tempo ha cominciato a riconoscere almeno parzialmente,i diritti a lungo violati dell’avv. Messineo.
Una storia emblematica di una città violenta e menzognera, che oggi vede premiato, almeno in primo grado, il coraggio di Maurizio Redi; una città, popolata di piccoli opportunisti di periferia, violenta e menzognera nelle sue istituzioni, come in tanto suo giornalismo: insomma la Catania di sempre, pardon di allora.
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