“Caso Catania” ed ex Pretura: l’Avvocatura catanese “scopre” che il plesso è “inadeguato”. E Peppino Lipera racconta che i “pretori d’assalto” sostenevano uno spaccio alimentare dentro l’edificio

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“…Il plesso di via Crispi già in condizioni normali era inadeguato…”: così recita il comunicato stampa del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catania.

Stamane, nel corso dell’incontro fra vertici del foro e giiornalisti https://www.ienesiciliane.it/articolo.php?aid=11378, è stato possibile leggere quello che non è una notizia. E’ una drammatica realtà da quasi 40 anni! La ex pretura di via Crispi è, infatti, una “ferita” nel corpo della città, risalente ai primi anni Ottanta: un ufficio giudiziario nato nel posto sbagliato, con scelta che solo un luogo abitato da residenti e non da cittadini come i catanesi poteva “ingoiare”.

Anche stavolta, abbiamo tentato di fare domande su quella scelta, che ha prodotto nei decenni disagi su disagi, lamentele su lamentele, udienze su udienze rinviate per caldo, avvocati e personale giudiizario inzuppati di pioggia che puntualmente cade al suo interno d’inverno. Tutto questo ha prodotto finora questa scelta assurda, ma mai un’ “operazione di verità”. Perchè a Catania questi temi sono tabù, come diceva e scriveva il Presidente del Tribunale dei Minorenni Giambattista Scidà. Per decenni questo alto magistrato “pazzo” per quelli del “sistema Catania” aveva puntato l’indice sulla nuova Pretura di via Crispi e su tutto che vi ruotava attorno. Ma Scidà era “pazzo”…. vedi link di ienesicule….

https://www.ienesiciliane.it/articolo.php?aid=8616

“Accadde che era stato approntato uno spaccio alimentare dentro l’edificio -ha ricordato l’avv. Peppino Lipera, intervenuto dopo la nostra domanda caduta nel vuoto- e l’avvocatura catanese si oppose. Allora, ci si voleva imporre la toga in aula…” Accadde che i “pretori d’assalto” (Lipera ha ricordato il nome di Renato Papa) reagirono: per gli avvocati arrivarono adempimenti formalmente previsti dalla legge ma che sembrarono dal “carattere ritorsivo”.

Ma che c’entra uno spaccio dentro un ufficio giudiziario? 

Anche stavolta, non è stato possibile conoscere chi, come, perchè fu deciso di fare nascere in quei luoghi un ufficio giudiziario: come il copione vuole a Catania, chi ha fatto la domanda è stato rimbrottato. Perchè a Catania si fa così: si discute di chi fa domanda, non della domanda. 

A Catania, le cose le devono “scoprire” quelli che vengono da fuori (quando arriverà un Palamara a raccontare i “segreti giudiziari” di questa città di abitanti?), quelli che ci tentano da dentro sono o “pazzi” o fascisti” o “al centro di accordi, intrighi, colusioni”. Alla prossima.

 

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Benanti

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