Caso Puglia: una vicenda emblematica di un sistema “malato”


Pubblicato il 24 Febbraio 2012

a cura di Iena Antiracket

Stamane, alle 10, nella chiesetta di S. Michele, in piazza Manganelli a Catania, Rosario Puglia (nella foto), l’imprenditore vitivinicolo di cui tanto si è occupato il nostro sito, terrà una conferenza stampa sugli ultimi sviluppi della sua tormentata vicenda. Ecco, in tema di impresa e apparati statali, un intervento dell’avv. Lina Arena, che sostiene Puglia nella sua battaglia.

Egregio direttore,

leggo sulla Sicilia odierna la notizia della richiesta, da parte di un nutrito gruppo di associazioni antiracket di “un tavolo” tecnico con il Prefetto di Catania per una verifica della legge n.44 del 1999 e cioè di quella legge che avrebbe dovuto garantire un sano e corretto modo di gestire le denunce ed i processi in tema di usura ed estorsioni. Il fatto strano è costituito dalle preoccupazioni per la persona dell’imprenditore che ha denunciato e che si trova esposto alle ritorsioni degli accusati non solo come persona fisica ma anche come titolare dei beni oggetto di usura od estorsioni.

La rivolta di queste associazioni costituisce una novità nel campo della lotta antiracket perchè forse per la prima volta si denuncia la pochezza e la modestia della legge n.44 del 1999 che mette a disposizione fondi di garenzia, mutui senza interessi, anticipazioni di capitali per garantire alla vittima di proseguire nel proprio lavoro di imprenditore senza il timore di dover spartire con l’usuraio una parte consistente del proprio guadagno. E’ poi rilevante il fatto che viene individuato nel Prefetto il figuro più importante anche se contornato dai Comitati locali e da quello nazionale che dovrebbero brigare per liquidare i capitali ed il danno sofferto dal povero illuso.Non a caso uso il termine ILLUSO per designare la persona dell’imprenditore perchè solo chi si illude di poter servire LA PATRIA con sacrificio ed onore può sperare di averne gratitudine e rispetto. Il fatto di aver indicato il nome dell’usuraio e di averlo fatto arrestare o comunque processare non è sufficiente per la legge n.44 del 99. Occorre anche dare la vita ed il patrimonio per poter gridare ai quattro venti : HO SERVITO IL POPOLO E SONO POVERO E PAZZO .Questa mia breve digressione racchiude un fondo di verità perchè la figura dell’IMPRENDITORE deve rifarsi una verginità per essere amata dal popolo e per avere il diritto di stare in mezzo al popolo civilizzato anche se con le toppe nel sedere. Perchè proprio di toppe si deve parlare in quanto l’imprenditore vittima dell’usura o dell’estorsione non recupera mai quel che ha perso ma perde, perde ancora perchè deve arrivare ( se arriva vivo e vegeto ) nudo alla meta. Orbene, tutti conoscono questa triste verità ma nessuno interviene, anche se gridano in coro “bisogna agire nella legalità” e cioè bisogna agire applicando una legge inutile, banale, stupida, contorta e oscura nella sua ,ancorché benevola, interpretazione perché garantisce un procedimento amministrativo con tanti volti e tante associazioni coordinate che dicono di lottare il crimine dell’usura ma che ,nella sostanza, lottano per uccidere un tizio che chiedeva capitali per pagare i debiti e celerità nella decisioni per procurare i fondi. Alla fine del procedimento , celebrato con la legge n.44 del 1999, si troverà un imprenditore spennacchiato, impoverito, intimidito e distrutto da anni di attese, di anticamere prefettizie, di rituali annunci e di scontate smentite.Per la verità ” aspettando godot” si può anche morire.

Avv. Lina Arena


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