di iena miscredente marco benantiDicono che le divisioni fanno sempre male: che c’è di meglio allora di una grande “unità”?
Tutta dello stesso colore, di suoni e colori indistinti, un’indefinita serie di voci che all’unisono ripetono le stesse cose, o quasi. Mettendo assieme storie, identità, personalità e caratteri diversi. In Italia, il fenomeno è congenito: storicamente , congenito. Le “maglie” politiche –fascista-antifascista-democristiano-comunista- si cambiano a ritmo vertiginoso: secondo la convenienza del momento. Come diceva ad un “tipo appassionato” il protagonista –un indimenticabile Alberto Sordi- di una “Vita difficile”: “ma tu che parli il giorno che hanno sparato a Togliatti dov’eri? Ar bare a pia’ er cappuccino?”Niente di nuovo sotto il Sole: con l’ “aggravante” che ormai con l’antimafia si fa tutto, di tutto e di più, compresi e soprattutto affari e carriere, si saldano alleanze, si fa soprattutto consenso, il più intollerante che esista, quello che non ammette che l’ applauso perché altrimenti “fai il giorno della mafia”.In questo “gioco”-molto, ma molto borghese- le storie collettive e personali scolorano in un’ indistinta e piatta “unità nazionale” dei “sani principi”. Insomma, tutti uniti!
Una testimonianza, quel film-documentario, dove manca qualche nome: come quello di chi, dopo la morte di Fava, rischiò –e di brutto- in proprio per portare avanti “I Siciliani” (Graziella Proto), come quello di tanti che ci avevano lavorato e si erano scommessi (tanti, fra cui Fabio Tracuzzi, Lillo Venezia).
Alla fine, però, meglio stare tutti uniti, nel ricordo. Magari e anche se le storie non sono tutte uguali.Tutti insieme anche sui media e sotto la lapide: Mario Ciancio e “La Sicilia” hanno ricominciato a pubblicare persino la foto di Claudio Fava, dopo anni di censura. Marziale censura.E ancora articoli su articoli, testimonianze su testimonianze da mondi diversi si sono rincorse su carta e sul web: tutti insieme.Di Fava ha parlato –e a lungo- con toni di partecipazione umana e professionale, il grande giornalista catanese tornato “in patria”: l’altra sera, al liceo “Cutelli” (nella foto in alto) l’editorialista di “Repubblica” Francesco Merlo ha ricordato il giornalista, l’autore teatrale, l’intellettuale “ucciso da Catania”.Dopo di lui ha parlato il figlio, Claudio Fava, raccontando- per l’ennesima volta- la Catania degli anni Ottanta (lo aveva fatto anche qualche tempo fa, a palazzo di giustizia, Antonio Roccuzzo, anche lui protagonista di quella stagione). La città degli Anni Ottanta, dannata. Meno male che adesso non c’è più, dicono.Fava e Merlo, due grandi giornalisti e scrittori uniti anche loro: il figlio dell’avv. Merlo, storico amministratore de “La Sicilia” e il figlio del capocronista de “L’Espresso Sera”. Proprio sulle pagine del giornale del pomeriggio di un tempo, entrambi hanno cominciato a scrivere. Un legame, anche questo. Tutti uniti.
Due “emigranti”, due autentiche sofferenze forse comparabili nel lasciare la loro terra: uno finito in grandi testate, l’altro in Parlamento. E a raccontare la cronaca delle loro parole, magari, chi è rimasto, per qualche migliaio di euro a girare per la Sicilia a fare il giornalista. Tutti uniti, anche loro. Anche se le storie e le sofferenze delle scelte non sono comparabili, sone diverse, molto diverse.Compiacimento istituzionale anche dal Procuratore della Repubblica Giovanni Salvi, anche lui al “Cutelli” con accanto il sindaco Enzo Bianco. Per Salvi il gesto di Bianco di rendere omaggio a Fava (con una corona di alloro, aggiungiamo noi) sotto la lapide, il 5 gennaio, è significativo, è positivo: di fatto un’unità istituzionale contro la mafia.Del resto, lo stesso Bianco, il 7 gennaio su “La Sicilia” con un articolo –a pag 29- dal titolo “ripartiamo dal coraggio di quel cronista di razza” ha anche rievocato la Catania degli Anni Ottanta. Una terribile città. Dove lui, l’avvocato repubblicano venuto da Roma (correva il 1988) divenne sindaco col vecchio sistema elettorale, eletto dal consiglio comunale, a maggioranza Dc-Psi, con “giganti della politica” come Rino Nicolosi e Salvo Andò a rendergli omaggio. Un’operazione di autentico rinnovamento, si disse. Da manuale. Fava junior lo avrebbe sfidato –a Bianco- qualche anno dopo, per “liberare Catania”. Ma l’altro giorno erano allo stesso tavolo. Senza animosità. Due bravi uomini perbene, in pace fra di loro. E con la città. Tutti uniti.
Insieme a Claudio Fava anche Riccardo Orioles, forse il più coerente e puro continuatore dell’esperienza di Pippo Fava, capace anche di stare – in occasione della serata del 5 gennaio al centro Zo- accanto al figlio del “Direttore” che un giorno di diversi anni fa lo fece persino cacciare dalla redazione. Inezie. L’amore –nel senso pieno del termine- viene prima di tutto. E l’unità dei valori e dei sentimenti.Ma la mafia che fa? In questo contesto, c’è da aspettarsi una reazione? Probabilmente, da qualche parte, magari in mezzo a tanti, un suo rappresentate avrà pure applaudito a Pippo Fava? Chi lo sa, mai disperare. Siamo o no tutti uniti?
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