Squilli d’ “Armata Rossa” nel Palazzo del Liotro…di iena trotzkista
Neanche avessero vinto il concorso. Da giorni i comunisti italiani catanesi -tutti e sei, tra dirigenti ed elettori- esultano per la nomina del Caro Leader, il pluritrombato Orazio Licandro, ad assessore alla Cultura nella giunta Bianco-Lombardo. E a chi osa avanzare di dubbi sulla coerenza politica dell’operazione, tutti e sei rispondono all’unisono: “Rosica!”.
Come se la politica fosse tutto un magna e rosica, uno strumento di riscatto personale o di gruppo contro tutti i nemici e i congiuratori che fino ad oggi li hanno tenuti lontani dalle istituzioni. Come se, a volerli lontani dalle istituzioni, non fossero stati per primi i cittadini, il popolo sovrano che vota e che da anni li prende a sberle al momento delle urne: dalla penosa performance di Rivoluzione Civile -operazione ispirata da quel fine “statista” di Licandro- fino alle ultime comunali dove con poco più di mille voti -incassati peraltro assieme a Sel e Idv- sono entrati di diritto in tutti i manuali di microbiologia politica. Inesistenti, il nulla.Come se l’unico merito dei comunisti italiani (tutti e sei, tra dirigenti ed elettori) non fosse quello di aver garantito assoluta fedeltà a Enzo Bianco, alla cui benevolenza devono questo piccolo atto di pietas politica.E al povero cronista, che si avvicina nel momento del giuramento, Licandro si rivolge sprezzante: “Più scrivi di me più faccio carriera ed entro in giunta”. Proprio così: “carriera”, termine tipicamente “comunista”.
Da questo punto di vista dimostrano più dignità e coerenza i lombardiani Marco Consoli o un Salvo di Salvo -con cui Licandro condivide l’ “onere” del governo della città- che il posto in giunta, almeno, se lo sono guadagnato a suon di voti.
Fa bene, dunque, Pierpaolo Montalto, quando su Facebook attacca l’operazione: “Ora è ufficiale -scrive Montalto- il prezzo che Licandro sta facendo pagare al suo personalissimo ufficio di collocamento impropriamente chiamato partito, incredibilmente chiamato comunista, per una poltrona da assessore.”
Parole alle quali i comunisti italiani catanesi (tutti e sei, tra dirigenti ed elettori) rispondono: “rosica”. Loro. intanto, sono già in vespa a festeggiare. Cosa? Non si sa ma cosa importa.
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