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Catania, assassini al volante, il terribile caso di Sonia Sicari: la Pubblica Accusa, nel secondo grado del giudizio, chiede la derubricazione del reato!
Pubblicato il 10 Luglio 2012
Novità che fa discutere oggi davanti alla Corte d’Assise d’Appello, a Catania: una vicenda devastante che pone seri interrogativi di coscienza…Di Iena Giudiziaria, Marco Benanti
Sei anni per omicidio colposo aggravato dall’evento: è questa la richiesta di condanna del sostituto procuratore generale di Catania, Mariella Ledda, al processo di secondo grado, davanti ai giudici della Corte d’Assise d’Appello (Presidente Antonino Maiorana, a latere Elisabetta Messina), per una vicenda terribile: una ragazza rimasta uccisa in un incidente stradale, causato da un giovane della “Catania bene”, Diego Pappalardo (difeso dall’avv. Franco Passanisi, che ha sostituito l’avv. Carmelo Peluso), alla guida di un’auto di grossa cilindrata. Guidata a folle velocità in pieno centro di Catania. In primo grado, il Tribunale, condannando l’imputato, ha riconosciuto l’omicidio volontario. Una sentenza storica per Catania e per la Sicilia.
Oggi si è saputo che l’imputato ha provveduto a risarcire la famiglia della vittima (con una offerta reale) e ha pagato una provvisionale alle altre parti civili, così come disposto dalla sentenza di primo grado. Sulla derubricazione del reato avanzata dalla Pubblica Accusa, sembra, ricorrendo ad una estrema sintesi, che alla base ci sia il dato del mancato inseguimento dei carabinieri all’auto di Pappalardo. La Difesa sottolinea la non volontarietà dell’azione di Pappalardo. La prossima udienza è prevista per il 30 ottobre.
Ha dichiarato l’avv. Mario Savio Grasso, legale della famiglia della vittima: “alla famiglia Sicari non interessa il quantum della pena ma è grave che non passi il principio che trattasi di omicidio volontario bensì di omicidio colposo sebbene aggravato dall’evento. Ciò infatti non serve da deterrente ad altri giovani che si potranno mettere in macchina drogati o alcolizzati sapendo che non rischieranno di essere passibili di omicidio volontario. Si auspica che la Corte d’Assise d’Appello, nella più assoluta serenità, possa rubricare quanto accaduto in omicidio volontario come già sancito in primo grado, affinchè passi un messaggio di avvertimento cioè che chi si mette alla guida sotto effetto di alcool o di droga accetti il rischio di rispondere eventualmente di omicidio volontario”.
Si celebra un processo che ha un valore al di là del merito di questo caso tragico. In generale, si tratta di affermare un principio, una volta per tutte: che quando ci si mette al volante bisogna avere coscienza delle proprie azioni, in particolare dei rischi per la vita altrui. Senza facili giustificazionismi. Insomma, prima di tutto responsabilità verso gli altri e verso sé stessi. Una questione di grande impatto sociale ed umano, quindi, che ha conosciuto fatti terribili, come la morte di Sonia Sicari, appena ventunenne, deceduta il 24 gennaio del 2009 in un incidente stradale provocato dal giovane della “Catania bene” Diego Pappalardo, che, alla guida della sua Mercedes, ubriaco e sotto l’effetto di stupefacenti, andando a folle velocità e dopo avere anche forzato un posto di blocco dei carabinieri, si scontrò con una Ford Fiesta provocando la morte di Sonia e il ferimento di cinque giovani.
Il Gup Laura Benanti, con il rito abbreviato, lo ha condannato a dieci anni e quattro mesi di reclusione: con una sentenza “storica” per Catania e la Sicilia è stato riconosciuto l’omicidio volontario. Nessuno potrà restituire Sonia ai suoi cari ma indubbiamente la sentenza è stato un momento fondamentale per richiamare tutti alle proprie responsabilità, come ha sottolineato più volte l’avv. Mario Savio Grasso.
Il cronista si chiede: al di là del dato giudiziario, esiste una questione di coscienza, una questione morale su tutto quanto accaduto? Al di là del processo, forse è questo il momento più importante.
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