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Catania continua a chiedere libertà per i 18 pescatori ostaggio a Bengasi
Pubblicato il 07 Dicembre 2020
Si è svolto IERI pomeriggio a Catania un altro presidio per chiedere la liberazione dei 18 pescatori di Mazara del Vallo che dall’1 settembre sono trattenuti nelle carceri di Bengasi. Il primo presidio è stato indetto dalla Federazione Del Sociale USB Catania, quello di ieri si è svolto contemporaneamente davanti alle prefetture di Palermo e di Messina e, con altre modalità, anche un presidio dei familiari dei 18 pescatori all’interno dell’area portuale di Mazara del Vallo.
Il presidio di Catania – indetto da Antudo, GenerazioneBastaGià, Terra e Liberazione, dall’Associazione Pescatori Marittimi Professionali (APMP) e da altre single – e’ stato aperto dall’intervento di Mario Di Mauro, presidente dell’associazione Terra e LiberAzione, il quale, chiedendo la liberazione dei 18 lavoratori in mano a Bengasi, ha evidenziato la grave situazione politico-economica coloniale che investe i popoli di tutta l’area del Mediterraneo, in modo particolare la situazione nell’arcipelago siciliano.
A seguire microfono altri tanti interventi, fra i quali quelli di Fabio Micalizzi, presidente dell’APMP, che ha ricordato la segnalazione fatta dalla Federazione Armatori Siciliani alle prefetture e alle questure sulla tipologia di sequestro dei 18 pescatori “perché si tratta di un atto pirateria”;
di Erasmo Vecchio, di Identità Siciliana, che ha annunciato la richiesta che verrà consegnata a Nello Musumeci, presidente della Regione siciliana, per chiedere al presidente della Repubblica Mattarella, in qualità di capo delle forze armate, un intervento militare per liberare e riportare in Sicilia i 18 pescatori;
di Giacomo Cacia, del CSP Graziella Giuffrida : “Siamo qui per sostenere la mobilitazione per chiedere la liberazione dei 18 pescatori. E pensiamo che uno dei colpevoli, anzi i colpevoli maggiori di questo sequestro siano l’ENI, la Finmeccanica, l’Unicredit… Siano le multinazionali che hanno creato la guerra in Libia per gli interessi dell’oro nero. Questi pescatori non sono vittime dell’oro rosso, cioè del gambero. Non è una guerra di pesca. I 18 pescatori sono ostaggio di un gioco di guerra, che prima ha distrutto la Libia come ha devastato altri territori. E oggi utilizza i pescatori per far sì che una delle due parti in guerra in Libia sostenuta dagli interessi internazionali abbia la meglio sull’altra. Noi pensiamo che dobbiamo combattere gli interessi delle multinazionali che sono contro gli interessi del popolo, come il caso dei 18 pescatori dimostra”;
di Angela Foti, vicepresidente dell’Ars, che ha illustrato la discussione che si è svolta in aula sulla questione dei 18 pescatori;
di Lidia, attivista di Antudo, che ha chiesto con forza la liberazione dei 18 pescatori;
di Orazio Vasta, della Federazione Del Sociale USB Catania: ” … I 18 pescatori sono nelle carceri di Bengasi, ma sono ostaggio degli interessi del profitto, delle multinazionali italiane e internazionali che in Libia e dintorni hanno fatto e continuano a fare i loro affari… Non dimentichiamoci che proprio in questi giorni, il governo italiano ha firmato nuovi accordi con Tripoli, mentre, particolare non di secondo piano, le imbarcazioni con cui le milizie di Bengasi hanno assalito e catturato i 18 pescatori sono un regalo del governo di Roma”.
Ha chiuso gli interventi Mirko Stefio, portavoce del movimento indipendentista sociale GenerazioneBastaGiá : “Noi chiediamo massima sensibilità da parte del parlamento siciliano, senza colori politici, senza destra e sinistra. È imbarazzante che dopo 93 giorni, siamo ancora qui, in piazza, a chiedere la liberazione dei nostri fratelli siciliani e degli altri pescatori ostaggio a Bengasi”.
https://www.facebook.com/antudo.info/videos/209256807327559/
A fine presidio abbiamo raccolto le dichiarazioni di
Salvatore D’Arrigo del Partito Comunista dei Lavoratori, di Sesto Schembri del PMLI e di Claudia Urzì, responsabile della Federazione Del Sociale USB Sicilia.
– D’Arrigo(PCL):” Il mio pensiero va ai familiari dei 18 pescatori sequestrati in Libia, alla loro situazione anche economica. E che fa il governo? Di Maio dice di interessarsi di questi pescatori detenuti nelle carceri di Bengasi e nel frattempo rilascia questa dichiarazione: “Con sprezzo del pericolo, sono entrati in acque in cui si sconsiglia da sempre di entrare. E questo lo dico perché non bisogna entrare nelle acque protette”. Punto, non c’è altro da aggiungere”.
– Schembri (PMLI) : “I 18 pescatori incarcerati sono vittime delle contraddizioni fra gli imperialismi che hanno interessi in Libia con il petrolio e altre cose. Quello che ha colpito i 18 pescatori è un attacco globale a tutti i lavoratori e dimostra che l’arroganza del capitalismo non conosce confini”.
– Urzì ( USB ): ” Abbiamo saputo che i familiari dei 18 pescatori non sentono telefonicamente i loro cari da più di tre mesi. Addirittura, le famiglie italiane hanno potuto sentire i loro cari, le altre famiglie no, perché la Farnesina ha detto di interessarsi solo degli italiani. E non sappiamo come si stiano interessando considerando che sono ancora sequestrati e detenuti! Intanto, le famiglie dei 18 pescatori di Mazara del Vallo sono intenzionate a ritornare a protestare a Roma nei giorni natalizi, perché la politica li deve ascoltare, il ministro Di Maio li deve ascoltare”.
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