Riceviamo e pubblichiamo:”EGREGIO SIGNOR DIRETTORE
La ringrazio, innanzi tutto, di vero cuore, per l’ospitalità che mi concede permettendomi di confrontare alcune mie modeste opinioni con la vasta area dei lettori del Suo giornale, miei concittadini.Mi pare, poi, opportuno aggiungere, come doverosa presentazione dello scrivente, di avere prestato servizio, per poco meno di quaranta anni, nella Polizia di Stato, da cui ho preso congedo da qualche tempo e di avere trascorso gran parte di quegli anni, per scelta dell’Amministrazione più che per mie particolari attitudini, in uffici investigativi di differenti regioni del nostro paese, prevalentemente in Sicilia, preposti al contrasto della criminalità organizzata.Questi anni, come sempre accade a chi abbia svolto il lavoro di poliziotto, sono stati costellati, variamente e a fasi alterne, da successi nella lotta al crimine e da forse altrettante sconfitte, ma di un costante stato d’animo sono stato testimone e partecipe, insieme agli uomini che lavoravano al mio fianco: un senso di solitudine e di inadeguatezza riferito, talvolta, alla scarsa incisività delle leggi e, più spesso, all’insufficienza degli strumenti a nostra disposizione.L’unico conforto e il più valido sostegno all’azione di contrasto condotta da noi, uomini dello Stato, nei confronti delle associazioni dedite al delitto, ci veniva, nei momenti più difficili, dai cittadini, dall’impegno della gente comune che, rinunciando al comodo distacco, assicurato dall’indifferenza, riassunta nella formula che “la mafia è sempre una questione che riguarda gli altri”, insieme alla rivendicazione del riconoscimento del proprio diritto alla sicurezza, si faceva carico dell’impegno civile di assunzione delle proprie responsabilità di cittadino.Ed è stato per questa via e nel ricordo di quella gente che, dismessa la divisa di soldato in armi contro il crimine mafioso tradizionale e le sue inscindibili connessioni del malaffare in politica, nelle istituzioni e negli affari, ho indossato, attraverso l’adesione a varie forme di volontariato, quella del cittadino comune, soldato anch’esso ma senza armi, impegnato, però, nella stessa battaglia per l’affermazione dei principi di legalità.Ed è stato nel mondo del volontariato che ho incrociato la figura e la storia di Marisa Acagnino.E qui non vorrei dir nulla delle qualità umane scoperte in lei, ma solo del fatto che mi appariva più evidente e, insieme, sorprendente e miracoloso: che la sua solida e sofferta esperienza di magistrato e giudice antimafia non avesse per nulla scalfito il candore, la trasparenza senza veli e la sua capacità di darsi senza riserve alla causa dei più deboli ed indifesi.Ed è ancora per questa via che mi son trovato tra i sostenitori dell’appello per Marisa Acagnino Sindaco, un folto gruppo di cittadini catanesi delle più differenti estrazioni , non necessariamente legati a partiti politici e uniti dalla comune volontà di dare una risposta efficace alle esigenze della città.Questo progetto, autorevolmente avviato, con dichiarazioni pubbliche, dal Presidente della Regione, appare oggi di difficile attuazione, attesi gli accordi che sembra siano intervenuti fra i partiti del centro sinistra, compreso il Megafono.A due mesi dalle elezioni, stiamo assistendo alla riaggregazione delle forze politiche, che hanno governato Catania negli ultimi vent’anni, conducendola all’evidente stato di degrado che tutti soffriamo, attorno ad una figura che rappresenta, ancora una volta, il passato.I partiti politici e alcuni sindacati, questi ultimi ormai ridotti a veri e propri patronati del voto, sembrano insensibili alle istanze di rinnovamento e di partecipazione, espresse con forza anche nelle ultime consultazioni elettorali.Chiediamoci perché.E’ lecito pensare che ci sia un legame tra questi accordi e le scelte che la nuova amministrazione comunale dovrà assumere, in ordine al Piano Regolatore Generale, al Piano Regolatore del Porto, al raddoppio del nodo ferroviario e all’attuazione dell’accordo con i privati sulle aree di Corso Martiri della Libertà.Un sindaco libero dai condizionamenti dei partiti e lontano dai poteri forti è apparso forse scomodo?Egregio Direttore, ringraziandola ancora per la sua ospitalità, esprimo la viva preoccupazione che questo scenario privi noi catanesi delle residue speranze di riscatto.Con viva cordialitàTuccio Pappalardo”.
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