Catania

Catania dal vivo: in un solo giorno, la luce politica restò spenta

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Gaspare Quasimodo

In un solo giorno, gli schieramenti elettorali hanno dato bella mostra di sé.

A destra, nasce una giunta che solo a guardare i nomi si comprende la lotta all’ultimo bilancino. La trattativa è stata serrata e infinita, anche se alla fine si possono definire almeno due certezze: dentro Forza Italia prendere i voti non conta; fuori da Forza Italia, Lombardo può imporre il proprio strapotere.

Nessuno come l’ex presidente della Regione ed ex onnipotente vicesindaco dell’inizio del crac finanziario catanese sa come scomporre i tavoli per poi ricomporli a proprio vantaggio. Trantino non avrà scampo. Il tentativo di imporre Paolo La Greca per portare a casa Piano Regolatore e Corso dei Martiri in realtà è una mossa classica che vedrà i due capisaldi delle ultime sei giunte in fatto di edilizia e programmazione urbana in mano ai proprietari dei terreni e alla competizione delle imprese. Va considerato che nonostante Bianco facesse demolire il ponte del Tondo Gioeni per realizzare una delle più brutte fontane murali dal 1950, in poche settimane, per un’asserita necessità di dover spendere un milione di euro all’uopo, per quindici anni la stessa Catania non ha speso nemmeno un euro per realizzare le fogne per collegare i liquami cittadini al depuratore, che regna sovrano nella zona industriale di Catania dagli anni 70.

La ragione risiede -probabilmente- nella contesa per aggiudicarsi quei lavori, che probabilmente dovranno essere appaltati con telegramma di assegnazione preventivo? La giunta Pogliese ha addirittura esteso il progetto da 110 milioni ad opere per oltre un miliardo e mezzo. Ancora è possibile rintracciare sul web un grande classico degli annunci della vecchia amministrazione: ‘Finalmente a Catania risolveremo il problema della depurazione, assegnato l’incarico di progettazione per la rete fognaria.’

Chissà perché, gli annunci danno sempre per già realizzate le opere al momento dell’incarico di progettazione. Ora è il turno dell’amministrazione Trantino di promettere e forse non mantenere. A giudicare dalla costanza delle presenze in giunta, possiamo accettare scommesse.

A sinistra, una bella manifestazione del gay pride. Ma siamo davvero sicuri che il gay pride sia un patrimonio della sinistra? Le bandiere colorate sono ostentate a sinistra, forse, ma l’orientamento sessuale è libero tanto a destra che a sinistra. Nel maggior partito di governo c’è sempre stato un continuo vociferare di ministri intitolati a bei culetti o a fidanzate di camerata. Senza dimenticare la tradizione platonica, sistematicamente ricordata nell’estrema destra: il vero amore si realizza tra uomini, ché le donne sono esseri infidi.

Un concentrato di misoginia che contenta gli uomini duri e puri della destra, da sempre. Ovviamente, non manca la libertà sessuale di destra femminile. Se è lecito ed anzi normale per loro che Berlusconi si contornasse anche di ragazzine, come si vociferò che accadde anche per star televisive come Gianni Boncompagni, figuriamoci se rapporti saffici non siano compatibili con la fede reazionaria o conservatrice.

D’altronde, ricordo una giovanissima universitaria parlarmi della sua carriera politica in Forza Italia interrotta a causa di un invito ad una festa. La giovanissima politica in erba rifiutò le proposte irrinunciabili di carriera politica unite indissolubilmente alla partecipazione alle feste. Mi complimentai, ricordo. Ella con espressione delusa mi spiegò: ‘Non sono così convinta della mia scelta: io volevo fare politica. Le altre ebbero tutti degli incarichi.’ Possiamo dire ‘meno male che Silvio c’è stato’.

Ma la sinistra istituzionale ha avuto anche la sua riunione politica di analisi. L’incontro dei vertici regionali ha prodotto l’ammissione della sconfitta alle elezioni amministrative, con numeri semplici, quasi da regola aurea (3,4,5 se qualcuno volesse sapere quali siano questi numeri. Potevano essere raddoppiati, per mantenere l’equilibrio e l’armonia delle costruzioni antiche e palladiane). E però la squadra non si cambia. Non basta perdere per trovare una nuova leadership, in Sicilia. D’altronde, sono in tanti a vociferare che il segretario regionale del PD sia invece disponibile a seguire le strategie di un ex presidente della Regione (bando ai misteri, si parla di Raffaele Lombardo). E d’altronde, nel partito c’è anche un Nello Di Pasquale che ha sempre svolto una strenua opposizione, in accordo con le strategie di un suo collega a Palazzo dei Normanni che si chiama Giorgio Assenza.

Un partito istituzionale di opposizione così strettamente legato alle maggioranze di governo è giusto e normale che coltivi la sconfitta come obiettivo. Questa volta la sconfitta è stata disonorevole, ma ci sono cose peggiori nella vita. Ci potrebbero essere le dimissioni, per esempio. Che fortunatamente nessuno ha chiesto e nessuno ha dato. Governo e opposizioni possono dormire sonni tranquilli. A meno che il Movimento 5 Stelle, libero dal tappo alla libera iniziativa rappresentato dal neo forzista Cancelleri, non ne costruisca una vera. Su De Luca non si può contare. La sua verve e vis comica, passate le elezioni, lo ha fatto iscrivere al club dei brontoloni ossequiosi dei classici poteri siciliani. Che non sono nemmeno i Lombardo, i Cuffaro, o gli Schifani, ma quei signori che hanno il pieno controllo della logistica, dei trasporti, dei traffici, dei commerci, e di tutti i poteri immaginabili. Che a dire il vero, paiono chinare la testa, a gentile richiesta.

Il pericolo di una nuova Sicilia sembrerebbe scampato. A dire il vero, non è stato nemmeno minacciato.

Urge autentica opposizione che faccia tornare in auge anche una magistratura attiva nel concreto e austera nei modi.

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Iene Sicule

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