CATANIA DELL’ANTIMAFIA E DEL BENE…ANTIMAFIOSO: CRITICHE DALLA SOCIETA’ CIVILE. MA CITTA’INSIEME E LIBERA NON FIRMANO, DOVE SONO FINITE?

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Leggendo un articolo su “Isicilianigiovani” addirittura rilievi sull’operato del “Sindaco del Rinnovamento”…

e guarda guarda che manca qualche nome di quelli che “pesano” in fine di documento….ma come mai? Il richiamo della foresta? O del Palazzo?

di iena…amica dello sciacallo    

 

Fonte: isicilianigiovani

“Giovanni Caruso- giugno 2014

Le mani dei politici sui beni confiscati

Finalmente il Comune si decide a emanare un regolamento per la ge­stione dei beni confi­scati alla mafia. Le as­sociazioni della società civile lo richiedevano a gran voce da molto tempo, e Libera aveva addirittura presentato una bozza. Alla fine il regolamento è stato emanato. Ma la fi­gura-chiave della gestione è… un delegato dello stesso sindaco

La legge La Torre-Rognoni, che in­troduceva il reato di associazione ma­fiosa e la confisca dei beni alle mafie, fu una grande vittoria in quanto colpiva il cuore del potere economico mafioso.

L’attuazione di questa legge è stata però sempre resa difficile per l’eccesso di bu­rocrazia e la mancanza di chiari regola­menti. Ne è un esempio l’Agenzia nazio­nale per i beni confiscati alle mafie, in­venzione del ministro Maroni, un organi­smo recentemente definito dal procuratore aggiunto di Regio Calabria Nicola Gratte­ri, un “carrozzone vuoto” lento ed ineffi­ciente.

Insomma, il percorso per ottenere ed avere assegnato un bene confiscato è dif­ficile e rischia di vanificare la via indicata da Pio La Torre.

Il Comune di Catania era stato finora fra quelli che non aveva ritenuto priorita­rio dotarsi di un regolamento per definire le modalità di utilizzo e assegnazione dei beni confiscati ad esso conferiti.

Questa lacuna è stata colmata nel consi­glio comunale del 17 giugno, quando è stato approvato – insieme dal centrosini­stra e dalla destra – un regolamento speci­fico.

Su quarantaquattro consiglieri, bisogna sottolineare, ne erano presenti solo venti­sei: eppure si trattava di un provvedimen­to importante, che ridava credibilità alla città e poteva liberare risorse utili per la vita sociale ed economica della comunità.

Un lungo percorso

Il percorso è stato lungo poiché era da anni che le associazioni cittadine chiede­vano chiarezza sui beni conferiti al Comu­ne; diverse assemblee generali, fra no­vembre e gennaio, avevano avanzato pre­cise richieste in questo senso.

Alla fine del 2013 il coordinamento cro­vinciale di Libera ha presentato all’Ammi­nistrazione comunale una forma­le bozza di regolamento, che è alla base di quello approvato ma con modifiche non indifferenti. Il regolamento prevede – ad esempio – una commissione col compito di valutare le richieste di assegnazione; essa è com­posta da un dirigente del patrimonio, un dirigente dei servizi sociali e un “profes­sionista esterno, esperto in gestione dei beni confiscati, nominato dal sindaco”. Nella proposta di Libera, però, il “professionista esterno”non era designa­to dal sindaco ma dal Procuratore della Repubblica.

Molti ritengono infatti che una simile funzione di trasparenza e con­trollo sia più credibile se sottratta al potere politico.

E’ stato bocciato un emendamento che prevedeva l’assegnazione solo per due anni, tempo irrisorio per in­terventi con un minimo di continuità. Le associa­zioni che avranno in gestione i beni potranno in­vece contare su un periodo, rinnovabile in base ai progetti, fra i sei e i die­ci anni.

Il sindaco presenta il regolamento

Il 20 giugno nella Sala Giunta di Palaz­zo degli Elefanti si è tenuta la conferenza stampa per presentare il regolamento che darà la possibilità alle organizzazioni no-profit, alle cooperative sociali e alle orga­nizzazioni del volontariato, di richiedere i beni confiscati alla mafia catanese.

Tutta la “corte” catanese…

Autorità, assessori, giornalisti, consi­glieri comunali, sindacato, cooperative, insomma tutta la “corte” catanese al com­pleto era là schierata, pronta a elogiare il “grande risultato”, che secondo noi non è altro che un atto dovuto ai cittadini che lottano contro la mafia.

Entusiastico quin­di l’intervento del sindaco Bianco, e anche – come si usa fra politici – abbastanza au­tocelebrativo.

Nessuna domanda scomoda da parte dei presenti (e anche questo qui fa parte dell’usanza), finché non è intervenuto il rappresentante dei “Siciliani giovani” e dei “Cordai” (il mensile di san Cristoforo) che, dopo avere ascoltato con attenzione quanto era stato detto fino a quel momen­to, si è permesso di fare alcune domande.

Domande semplici senza risposta

– Come si farà a finanziare tutti quei beni confiscati che hanno bisogno di una ristrutturazione, visto che molti di questi sono degradati o vandalizzati?

– Quali saranno i rapporti con l’Agenzia nazionale dei beni confiscati”? E come farà il comune a farsi assegnare tali beni in tempi ragionevoli?

– Sarà possibile che una rete di associa­zioni possa chiedere i beni confiscati o lo potrà fare solo ogni singola associazione?

– La Commissione potrà ascoltare le as­sociazioni no-profit come una consulta?

Domande semplici e dirette che non piacciono al sindaco, che risponde picca­to: “Oggi quasi parla del regolamento e non si fanno richieste!”.

Malumori in sala, e a questo punto il sindaco si degna di rispondere alla prima domanda: “Il ministero delle infrastrutture ha stanziato diciotto milioni di euro per ri­strutturare i beni confiscati che si trovano in condizioni di degrado e abbandono”.

Dopodiché si diffonde in autoelogi per la sua giunta (“arginata l’illegali­tà durante la festa di S. Agata”, “regola­menteremo la cittadinanza per gli emigranti”…), ma guardandosi bene dal rispondere alle precise domande che gli erano state poste sul tema in discussio­ne.

Alla fine, per troncare il discorso, si alza e se ne va. Dei beni confiscati, a quanto par di capire, si parlerà un’altra volta, quando il buonumore del sindaco lo permetterà.

La pratica e le belle parole

Caro sindaco Bianco – verrebbe voglia di dirgli – le ricordiamo che lei è ammini­stra la città, e quindi ha il dovere di con­frontarsi, in modo democratico, con gli uomini e le donne di Catania e ha il dove­re di rispondere alle domande, specie se pertinenti, dei giornalisti. Capiamo che lei è abituato con altra stampa, ma ci perdo­ni!

Abbiamo un grande maestro che ci inse­gna che per fare questo mestiere bisogna camminare, camminare ed ascoltare, rac­contare storie che siano storie di verità, perchè quando si racconta la verità attra­verso un giornale c’è la possibilità che la cattiva politica, la corruzione, l’ingiustizia sociale e le mafie alla fine siano sconfitte.

Lei sa benissimo chi è stato a dire que­sto, e sa che per averlo detto è stato ucciso dalla mafia, dalla politica che negava l’esistenza della mafia e dai comitati d’affari. Lei il cinque gennaio ha deposto una corona di fiori ai piedi di quella lapide che ricorda quell’uomo. Si ricorda?

Si ricorda le belle parole che ha pronun­ciato? Erano parole di circostanza ? O le sentiva veramente? Allora, se è sincero, e noi lo vogliamo credere, faccia in modo di applicare il regolamento appena approva­to per farci “restituire dalla mafia”i beni che appartengono alla comunità civile.

“Noi, la società civile”

Noi, la società civile catanese, abbiamo già iniziato un percorso che viene dal bas­so e che abbiamo reso pubblico proprio il 5 gennaio del 2014

Quel giorno eravamo nel cuore del quartiere di San Cristoforo, al “centro gapa, tutti e tutte lì per ricordare i trentan­ni dall’uccisione, per mano mafiosa, di Giuseppe Fava.

Lo abbiamo fatto con semplicità attra­verso la musica della “orchestra sinfonica infantile Falcone Borsellino”, con il pote­re delle parole, consapevoli che queste due cose messe insieme possono fare breccia sul “muro mafioso” e da quella breccia fare entrare luce, aria e il diritto ad una felicità collettiva contro una insop­portabile oppressione mafiosa.

Siamo lì, ed in prima fila ci ascolta il procuratore Salvi a cui raccontiamo come abbiamo iniziato un percorso politico in­sieme ad altre organizzazioni sociali che vanno da Generazione Zero alla Fonda­zione Fava, da Mani Tese all’UDI, dall’Open Mind al GAPA, per promuovere un comitato che aiuti le associazioni nel percorso di richiesta di beni confiscati alla mafia catanese. Questo comitato a novem­bre ha organizzato un seminario sulle pro­cedure di assegnazione e ha promosso un documento politico per chiedere che ve­nisse approvato in tempi brevi il regola­mento redatto dal coordinamento provin­ciale di Libera Catania.

Due beni confiscati alla mafia

Come prima tappa, il comitato richiede due beni confiscati alla mafia.

Uno da destinare a “Casa dell’informa­zione” che ospiterà quelle piccole reda­zioni di base senza sede che fanno un giornalismo libero e di verità pronte a contrastare il monopolio dell’informazio­ne esercitato nella nostra città dal quoti­diano “La Sicilia”. La redazione catanese dei “Siciliani giovani”, che ha lanciato l’idea, propone di intitolare questa Casa a Giuseppe Fava.

Ma non basta. Chiediamo anche una casa che sia disponibile per tutte le asso­ciazioni che lavorano nei quartieri popola­ri, un luogo che sia fucina di idee, dove si incontrino le diversità che generano unità, dove la consapevolezza del pericolo ma­fioso costruisca antimafia sociale. Una “Casa delle Associazioni”, insomma. E una Casa così pensata a chi si può dedica­re se non a Giovanbatista Scidà?

Si, a questo uomo che con lealtà servì lo Stato, denunciò l’ingiustizia sociale madre della violenza mafiosa, denunciò la condi­zione in cui versano i minori, costretti molte volte a delinquere in quei quartieri dove lo stato è assente e delega una “ma­fia sociale” a sostituirlo. Catania glielo deve!

Dal quel cinque gennaio sono passati sei mesi e il comitato delle associazioni, ha continuato il suo cammino, organiz­zando conferenze stampa, presentando istanze al sindaco, chiedendogli di essere civilmente ascoltati. Finora, nessuna ri­sposta.

Se abbiamo avuto qualche informazione lo dobbiamo solo a Libera Catania e in modo informale alla gentilezza dell’asses­sore Saro D’Agata. Evidentemente il sin­daco Bianco vede la democrazia parteci­pata e la trasparenza a senso unico. E di­scute solo con quella parte della società civile che, secondo lui, è più compiacente.

Documenti

LE ASSOCIAZIONI CATANESI AL SINDACO

All’attenzione del sig. Sindaco di Ca­tania Enzo Bianco

In data 29 novembre 2013 presso la sede GAPA di via Cordai si è tenuto un Seminario rivolto a tutte le Associazione e gli Enti operanti in ambito sociale sul tema “Procedure di affida­mento dei beni confiscati alle mafie”.

Le associazioni presenti con questo documento chiedono al Sindaco Enzo Bianco di tener fede alla promessa data in cam­pagna elettorale di regolamentare e rendere trasparente la pro­cedura di as­segnazione dei beni confiscati in via de­finitiva, e pubblicare i beni immobili sia già assegnati, sia non ancora asseg­nati, ma già nella disponibilità del Co­mune di Catania.

Chiediamo pertanto che il Comune si impegni ad applicare le leggi vigenti in materia e si chiede altresì di definire i criteri di assegnazione del bene attraver­so Bandi pubblici che permet­tano a tutti gli Enti, cooperative, associazioni, di concorrere al processo di assegnazione del bene, secondo criteri di chiarezza e trasparenza, coerentemente con il princi­pio di “restituzione del bene alla comu­nità”. Riteniamo che l’assegnazione deb­ba seguire un processo di valutazione con criteri stabiliti in fase preventiva, al fine di non facilitare, o dissuadere alcun Ente.

Pertanto chiediamo l’applicazione del regolamento già pre­sentato al Comune di Catania dal coordinamento provincia­le di Libera Catania.

Questo è il primo passo di un percorso che, come promesso dallo stesso Bianco, contrasti il fenomeno dell’illegalità come processo culturale.

GAPA (Giovani Assolutamente Per Agire, Centro di aggrega­zione popolare), Associazione culturale I Sici­liani giovani, Fondazione Fava, I Cor­dai, giornale di S. Cristoforo, Open­mind GLBT, Centro Koros, Neon teatro, Ge­nerazione zero, La città felice, Arci Ca­tania, Manitese Sicilia, Associazione Pene­lope, Fondazione La città invisibi­le, UDI Catania.

 

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Redazione Iene Siciliane

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