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Catania Depredata, dissesto: quando “I Vespri” scrisse…era agosto del 2018. E lo aveva scritto anche ad ottobre del 2005, quando il Podestà (quello vero, non Pogliese) Enzo BIanco “imperava”…
Pubblicato il 22 Novembre 2019
https://www.ienesiciliane.it/articolo.php?aid=8438
Dissesto Sì, Dissesto No, Ma Chi Ha Fatto L’ “Impresa”? – Breve Storia Di Una “Discesa” Verso Il Default
Cronache del Regime, crac Comune di Catania: Bianco “raddoppia” (quasi) i debiti di Stancanelli
Qualcuno, come il settimanale “I Vespri”, lo aveva annunciato, in tempi non sospetti: era l’ottobre del 2015. Era stato scritto del debito in crescita, del rischio di dissesto: allora, in molti giravano la testa da un’altra parte. Perchè a Catania era in corso la “primavera progressista”, l’ennesimo bluff della propaganda del centrosinistra e dei suoi vari “compagni” alleati. Eppure l’amministrazione guidata da Raffaele Stancanelli aveva parzialmente sanato la situazione: nel 2013, al termine del lavoro di quella giunta, il debito del comune era intorno agli 830 milioni di euro. Oggi è quasi il doppio: e chi ne dovrebbe rispondere?
Ora, infatti, il crac è arrivato, in tutta la sua funesta realtà per la città, per i suoi abitanti più deboli che rischiano di vedersi “tagliati” servizi sociali importanti: la Corte dei Conti lo ha accertato, il nuovo sindaco Salvo Pogliese lo sta affrontando, altri, i protagonisti della “primavera progressista” si affidano a comunicati che sfidano il senso del ridicolo.
Facciamo parlare i documenti…le chiacchiere e i distintivi valgono zero: “in conclusione, l’esito di questa attività di controllo, che comunque si ricollega a quelli delle precedenti verifiche sul piano di riequilibrio svolte in riferimento agli esercizi 2014 e 2015, consente una rappresentazione della situazione economico-finanziaria contraddistinta dalla sussistenza di gravi e rilevanti irregolarità contabili registrate nel corso degli ultimi esercizi finanziari, oltre che dalla sussistenza di un considerevole ammontare di passività, in gran parte sottostimate al momento dell’approvazione del piano che, in ogni caso, alla data odierna, appaiono tali da non consentire l’attuazione del programmato risanamento e che, viceversa, evidenziano un preoccupante definitivo consolidamento e, per talune di esse, addirittura un sostanziale aggravamento.
Ciò premesso, risulta indifferibile, nell’interesse generale, prevedere il risanamento dell’ente nelle forme disciplinate dall’articolo 244 del Tuel in quanto l’anzidetto esito appare indilazionabile e necessitato”( delibera corte dei Conti Sicilia sez. controllo 153/2018 del 4 maggio 2018 depositata in segreteria della Corte il 23 luglio 2018 ).
Ecco quanto ha dichiarato l’ex sindaco:
“Dissesto, Bianco: “Decisione ingiusta e sbagliata da parte della Corte dei Conti”
Enzo Bianco a proposito dell’accerazione da parte della Corte dei Conti del dissesto finanziario del Comune di Catania, dichiara:
“Abbiamo massimo rispetto per la Corte dei Conti siciliana, ma la sua decisione appare ingiusta e sbagliata e tutta la città deve contrastarla con un doveroso ricorso a Roma alle Sezioni riunite della Corte stessa, come fatto in casi analoghi con successo da altri comuni. Se il Comune non ha subito il dissesto negli ultimi quindici anni, quando la città era al buio e i creditori non venivano pagati, a maggior ragione risulta incomprensibile che venga dichiarato oggi in una situazione finanziaria chiaramente migliorata rispetto 5 o 10 anni fa. Ecco perché ci sono tutti i margini per ribaltare questa decisione che Catania non merita.
Il dissesto sarebbe una mannaia per la città, che noi stessi abbiamo evitato di dichiarare quando ci siamo insediati nel 2013. Comporterebbe l’impossibilità di reperire finanziamenti per opere pubbliche, il drastico taglio dei servizi, a partire da quelli sociali, e la cancellazione di larga parte dei crediti vantati dai creditori e fornitori del Comune, con evidenti danni per tante piccole e medie imprese catanesi e per i loro dipendenti.
I giudici contabili di Palermo evidentemente non hanno ritenuto sostenibile il piano di risanamento in vigore, approvato nel 2012 dall’amministrazione Stancanelli, ma non hanno tenuto conto degli sforzi compiuti da Catania e dai catanesi in questi anni: il taglio dei trasferimenti nazionali e regionali (41 milioni in meno su base annua dal 2012), un’azione di trasparenza con l’emersione di centinaia di milioni di euro di debiti e contenziosi legali, l’azzeramento dei fitti passivi, la puntualità nei pagamenti dei dipendenti comunali e la diminuzione addirittura dell’80% dei tempi di attesa per i pagamenti ai fornitori.
Non possiamo consentire, quindi, che azioni virtuose come portare alla luce i debiti nascosti, pagare con puntualità, risparmiare soldi pubblici e rendere trasparente il bilancio, alla fine portino al dissesto: sarebbe un paradosso pericoloso e ingiustificabile. Superando chi in passato ha lavorato irresponsabilmente per il fallimento del Comune, adesso occorre difendere la città a tutti i costi. Per quanto mi riguarda mi impegnerò con forza e serietà, come sempre fatto sia nel ruolo di maggioranza che in quello di opposizione. Ho evitato in questi 5 anni come sindaco che la città andasse in dissesto e lavorerò anche oggi per il medesimo obiettivo e per il bene della nostra Catania. La città, dunque, si mobiliti per il ricorso e lavoriamo tutti insieme per salvarla dal dissesto”. “
Gli ha fatto eco l’ex assessore al bilancio Andò:
“Ci sono tutti gli elementi per contrastare le conclusioni della Corte dei Conti siciliana con un ricorso a Roma. La città ha fatto passi avanti evidenti in questi anni, cioè da quando fu sancito il predissesto, nato dell’enorme buco di bilancio realizzato nel 2003/2005, e fu approvato il primo di riequilibrio dalla giunta Stancanelli nel 2012. Cosa non ha funzionato dunque? Certamente in questi anni il peso della crisi è stato principalmente sostenuto sulle spalle degli enti locali, solo per indicare una determinante variabile basti pensare al taglio dei trasferimenti che sono diminuiti di ben 41 milioni di euro: nel 2012 il comune di Catania percepiva dallo Stato 73 milioni e dalla Regione 31 milioni, tra il 2015 e 2016 i trasferimenti si sono ridotti rispettivamente a 40 e 23 milioni di euro. Il piano era dunque costruito con la previsione dei trasferimenti secondo il dato di quell’anno e per gli ami successivi, mentre abbiamo dovuto attuarlo con un taglio dei trasferimenti del 40 per cento. Ma oltre ai numeri basti anche pensare alle gravi difficolta finanziarie di Comuni importanti come Torino. L’altro elemento é stato l’enorme massa debitoria che abbiamo portato alla luce con un’azione di trasparenza senza precedenti. Un esempio su tutti l’emersione di vecchi debiti fuori bilancio che abbiamo certificato e pagato grazie ai DL 35 e 78: ben 192 milioni di euro a 500 aziende creditrici del Comune, molte delle quali catanesi. Dal 2014, inoltre, abbiamo concluso transazioni per circa 40 milioni per contenziosi non considerati dal precedente piano. Tali negatività, peraltro, sono state da noi inserire nella rimodulazione del piano realizzata nel 2016. Insomma il piano del 2012 era relativo a 527 milioni di euro, ma la cifra effettiva che la città ha dovuto affrontare riguardava ben 800 milioni. Il peggioramento dei conti evidenziato dalla Corte si riferisce, dunque, a tutte le criticità che abbiamo fatto emergere, oltre che alle nuove normative del bilancio armonizzato in vigore da quest’anno, che hanno inciso in maniera determinante sugli accantonamenti e sul calcolo del Disavanzo, comunque ampiamente coperto dalla ripartizione trentennale in vigore di 551 milioni di euro. Alle misure sopra esposte si aggiungono altre importanti azioni compiute in questi anni. Le spese per i fitti di uffici comunali, allegramente utilizzate nel passato, sono passate da 6,3 milioni del 2013 a 2,2 nel 2018 e l’anno prossimo si azzereranno definitivamente. I tempi di attesa per i pagamenti dei fornitori dei comune soni passati da ben 476 giorni a 86. Contrariamente al passato, in questi 5 anni i dipendenti del Comune sono sempre stati pagati con estrema puntualità il 27 del mese. Dopo il pronunciamento della Corte dei conti Siciliana, ribadisco quanto ho costantemente ripetuto per tutto l’arco della mia esperienza , non ci si può dividere sul tema del dissesto tra pro e contro e meno che meno rimpallare le responsabilità; occorre che tutte le forze politiche , tutta la città faccia quadrato per evitare che il pronunciamento della Corte sia definitivo e decreti la morte economica e sociale della Città. La parte politica ha il dovere di adoperarsi in tutte le sedi per far valere le fondate ed argomentate ragioni di Catania e chiedere , se possibile, un intervento forte del Governo e del Parlamento col supporto dell’ Anci. È inconfutabile che in questi anni si siano fatti evidenti passi avanti; il Comune può formalizzare il ricorso ed evitare il dissesto. Occorre che tutta la città lavori per questo obiettivo con determinazione e in modo unitario.”
In merito alle dichiarazioni dell’ex sindaco Bianco e dell’ex assessore Andò, il vicesindaco e assessore al Bilancio Roberto Bonaccorsi ha diffuso questa nota:
“a fronte del rispettoso atteggiamento tenuto oggi dal sindaco Pogliese e dal sottoscritto per il traumatico evento del dissesto finanziario, lasciano sinceramente stupefatti le dichiarazioni dell’ex sindaco Bianco e dell’ex assessore Andò. Forse il silenzio sarebbe stato più appropriato anche alla luce dei contenuti della delibera della Corte e indurre i protagonisti degli ultimi anni di governo a maggiore cautela. Non mancheranno le sedi del confronto con la città, in primis in consiglio comunale, per individuare errori, responsabilità e modalità di gestione”.
E’ intervenuto sul punto Sebastiano Arcidiacono, già vicepresidente del consiglio comunale: “la batosta che si è abbattuta sul Comune era già stata preannunciata da almeno tre delibere della Corte che denunciavano le mancate attuazioni delle misure di riequilibrio. Lascia esterrefatti la faccia tosta dei soliti noti che anziché arrossire tentano disperatamente di mestare una realtà di fallimento di una gestione. Ho apprezzato la serietà e il rigore con cui il sindaco Pogliese e l’assessore Bonaccorsi hanno affrontato la questione, mostrando ben altra affidabilità di chi ancora parla improvvidamente di risanamento, quando invece ci ha condotti nella palude. Si convochi immediatamente il consiglio comunale aperto alla città per una comune assunzione di responsabilità e fare finalmente chiarezza oltre la propaganda.”
Queste le parole del sindaco Salvo Pogliese, che ha incontrato i giornalisti:
“avevamo convocato questa conferenza stampa per rendere conto alla città di quale fosse la reale situazione debitoria del Comune, in attesa che arrivasse il pronunciamento della Corte dei Conti. Che è arrivato questa mattina. La delibera è stata adottata nel corso dell’adunanza dello scorso 4 maggio, ed è un pronunciamento inequivocabile: la Corte ha accertato la sussistenza delle condizioni per il dissesto finanziario del Comune”. Ha esordito con queste parole il sindaco di Catania, Salvo Pogliese, rivolgendosi ai giornalisti nel corso di una conferenza stampa convocata per rappresentare alla città la situazione debitoria del Comune. Che ammonta a 1.580.078. 603, 99 euro al 15 giugno 2018, così come emerso dopo la ricognizione effettuata in queste settimane dall’assessore al Bilancio e vicesindaco Roberto Bonaccorsi. Il dettaglio degli importi relativi ad anticipazioni di cassa, debiti verso banche, mutui, fondo rotazione, passività per contenziosi di rischio medio e alto, debiti fuori bilancio, verso le partecipate e verso terzi, transazioni e ruoli esattoriali, si trova nelle schede allegate ( così come il prospetto degli interessi maturati). Il dato complessivo fa riferimento ad un debito certificato di 1.247.294.159,53 euro, ai quali aggiungere 332.784.444,46 euro di interessi, arrivando all’importo totale sopra riportato. A fronte dei numeri sul debito, il dato sulle entrate comunali registra un tasso di mancata riscossione molto significativo: prendendo a riferimento il 2017, con entrate accertate provenienti dalle imposte comunali nella misura di 278.260.150 euro, il riscosso ammonta a 210.914. 396. “ Se è vero che una parte dell’evasione riguarda coloro i quali non possono pagare- ha dichiarato il sindaco Pogliese- una parte rilevante riguarda coloro che fanno i furbi e non vogliono pagare, e la capacità stessa del Comune di incassare quanto accertato, che in passato è stata uguale a zero. Avevo promesso ai miei concittadini di parlare il linguaggio della verità e della trasparenza dell’azione amministrativa, per questo abbiamo inteso rappresentare alla città qual è l’esatta situazione debitoria. Il pronunciamento della Corte è arrivato, e adesso ci muoveremo immediatamente per prendere le decisioni del caso. Dobbiamo valutare ciò che è meglio per la città. Invito tutti al senso di responsabilità- ha proseguito il sindaco- non è il momento delle polemiche, non ne farò; anche se le modalità della deliberazione della Corte individuano abbastanza chiaramente quello che è accaduto negli anni scorsi. Avvieremo un confronto nel merito con le istituzioni e la politica regionale e nazionale: Catania è la decima città d’Italia noi ci assumiamo le nostre responsabilità ma abbiamo bisogno di essere supportati nel percorso di risanamento. Chiedo ai cittadini, soprattutto a quelli che le tasse non le vogliono pagare, di essere altrettanto responsabili”.“ Il pronunciamento della Corte ci impone di essere sinceri verso la città.
Il nostro obiettivo è affrontare il problema e non rimpallare le responsabilità- ha detto l’assessore al bilancio, Roberto Bonaccorsi, nel corso della conferenza-, pertanto non vi sarà nessuna contrapposizione da parte nostra, nessun dito alzato a indicare qualcuno, anzi: ogni contributo di merito è ben accetto. Le cifre sono quelle esposte dal sindaco.
Sono debiti che appartengono a tutti noi, dobbiamo capire quali sono le risorse necessarie per farcene carico, tra quelle che abbiamo o potremmo avere nella disponibilità del Comune e quelle che dovremmo trovare. E’ certo che se non riusciamo a riequilibrare il dato tra il carico imponibile accertato e il riscosso, qualunque azione di risanamento possiamo immaginare avrà il respiro corto”.
Facciamo un po’ di storia:
nel 2012, il Parlamento, poco prima di sciogliersi, approva il d.l. 174/2012, convertito nella legge 213/2012, che introduce il cosiddetto “predissesto”, una procedura di riequilibrio finanziario pluriennale che consente ai comuni in conclamate situazioni di squilibrio strutturale del bilancio, tali da provocare il dissesto finanziario (ovvero il fallimento dei comuni), di godere di alcune prerogative economico-procedurali. Viene consentito alle amministrazioni comunali di “spalmare” i propri debiti in 10 anni, di avere erogato un finanziamento a tasso zero da scontare in dieci anni, pari, per il comune di Catania, a 71 milioni di euro. Tutto ciò a condizione che il Comune predisponga un piano di riequilibrio (una specie di concordato preventivo) – da sottoporre all’approvazione del Ministero dell’interno e della Corte dei Conti – che dimostri che l’adozione delle misure previste nella norma consenta al Comune, nell’arco di dieci anni, di risolvere i propri deficit strutturali di bilancio, pervenendo così ad una situazione di equilibrio finanziario.
L’occasione è ghiotta per l’amministrazione Stancanelli. Il d.l. 174/2012, gli consente, dopo quattro anni di politica di rigore, di completare il lavoro di risanamento, mettendo definitivamente in sicurezza i conti della città. Nel febbraio 2013, predispone, approva e presenta il Piano di riequilibrio. Dal 2022 Catania avrà con i conti in ordine.
Bianco decide di verificare la qualità del Piano presentato da Stancanelli per, eventualmente, rimodularlo. E’ la legge che gli attribuisce tale facoltà, e precisamente il comma 5 dell’art. 243-bis del TUEL. Per detta verifica Bianco si avvale di una task force composta dall’assessore al bilancio in carica, Giuseppe Girlando, dal direttore dell’Ifel – l’Istituto finanziario enti locali dell’Anci, Silvia Scozzese – poi Commissario straordinario per il debito storico (ante 2008) del Comune di Roma – e dal responsabile (allora) del tavolo tecnico dell’Assessorato regionale al bilancio, Salvatore Parlato, che poi sostituirà Girlando alla guida del bilancio del Comune di Catania, salvo dimettersi successivamente per non precisati motivi (i soliti impegni che non consentono la prosecuzione dell’incarico).
Verificata la qualità ed il valore del Piano Stancanelli, l’amministrazione guidata da Enzo Bianco decide di non avvalersi della facoltà di procedere alla rimodulazione del piano di riequilibrio, condividendo, quindi, i dati e le scelte di Stancanelli. Per l’approvazione del piano il sindaco Bianco guida personalmente la delegazione che va alla Corte dei Conti a Palermo. Ad avvenuta approvazione, Bianco dichiara:
“il cammino che ci aspetta adesso è difficile e delicato, ma intanto è stato evitato quel dissesto che avrebbe condannato la città”. Il Piano è ufficialmente di Bianco, è stato lui a salvare la città dal dissesto!
A pochi giorni dall’insediamento dell’amministrazione Bianco incominciarono a montare le polemiche sulla mancata adesione dell’amministrazione Stancanelli al Dl 35/2013 che avrebbe consentito al Comune di Catania di avvalersi di una anticipazione di liquidità da destinare al pagamento dei debiti scaduti al 31 dicembre 2012, da restituire con un piano di ammortamento di massimo 30 rate annuali ad un tasso di interesse fisso da determinare in seguito all’erogazione dell’anticipazione.
L’amministrazione Stancanelli non aderisce al DL 35/2013 per più ragioni. Questo ulteriore prestito avrebbe avuto un costo per i catanesi (tasso di interesse poi determinato nel 2,27% all’anno, pari a 68 milioni di euro in 30 anni), avrebbe indebitato le generazioni future per i successivi 30 anni, e infine, cosa più importante, avrebbe inciso sui già precari equilibri di bilancio e sul piano di riequilibrio, già presentato. Dette motivazioni tutte rappresentate dall’assessore al bilancio di Stancanelli, Roberto Bonaccorsi, in una lettera pubblicata su “La Sicilia” il 2 agosto 2013, in risposta alle accuse dell’assessore al bilancio di Bianco, Giuseppe Girlando, sulla responsabilità della precedente amministrazione nella mancata richiesta dei fondi del DL 35.
Ma tanta era la convinzione della mancata opportunità che l’amministrazione Stancanelli si era fatta sfuggire scegliendo di non accedere con il DL 35/2013, “commettendo secondo me un errore”, commentava Bianco, che si adoperava presso il governo nazionale riuscendo a fare riaprire i termini del DL 35/2013 per gli enti locali che non avessero presentato la domanda entro il 30 aprile 2013. Il DL 66/2014 sancisce tale opportunità. Il Comune di Catania questa volta aderisce e ad agosto 2014 arrivavano 196 milioni del DL 35/2013.
Nel frattempo Bianco gestisce la città di Catania, avendo a disposizione una liquidità di circa 250 milioni di euro, grazie alle risorse pervenute sia dalla procedura di riequilibrio presentata da Stancanelli (circa 70 milioni di euro) da restituire in dieci anni senza interessi sia dal prestito a valere sul DL 35/2013 (circa 196 milioni di euro) da restituire in 30 anni al tasso di interesse del 2,27 con un costo di interessi passivi a valere sul bilancio del Comune di Catania pari a 68 milioni di euro circa.
A giugno del 2015 arriva la prima tegola da parte della Corte dei Conti. Con la deliberazione n. 198/2015/PRSP la Corte attestata che il comune di Catania si trova in una condizione di ente strutturalmente deficitario e che diverse azioni del piano di riequilibrio non sono state attivate nei modi e nei tempi previsti. Nella considerazione che l’amministrazione Bianco si era insediata a giugno e l’approvazione del Piano di riequilibro fosse avvenuta a fine settembre, viene comunque ritenuto non addebitabile all’amministrazione guidata da Enzo Bianco il mancato raggiungimento degli obiettivi del 2013.
Nel 2016 arrivano le altre batoste. Prima sul rendiconto del 2014, poi del 2015.
Relativamente al rendiconto del 2014, con la deliberazione n. 154/2016/PRSP del 29 luglio 2016, la Corte dei Conti – premettendo che la documentazione trasmessa dal Comune di Catania per l’esame del rendiconto “risultava carente di numerosi dati contabili e degli allegati prescritti, ostacolando così il controllo demandato a questa Sezione dall’articolo 1, comma 166, della legge n. 266 del 2005” – accertava rilevanti criticità relative alla complessiva esposizione debitoria, alla gestione dei residui, all’incremento del disavanzo di amministrazione, alla nuova emersione di passività, alla mancata definizione dei rapporti esistenti con le società e gli organismi partecipati, alla mancata rilevazione de! contenzioso esistente, ai continuo e ininterrotto utilizzo di anticipazioni di liquidità con rilevanti scoperti, non soltanto determinano la grave violazione di norme e precetti contabili, ma si sostanziano in un evidente inadempimento degli obiettivi prefissati dal piano approvato, palesando una condizione di precarietà che pone a serio rischio la sostenibilità finanziaria dei piano e la possibilità di potere perseguire gli obiettivi e le finalità assegnate dall’ordinamento.
Successivamente, con la deliberazione n. 185/2016/PRSP del 5 ottobre 2016, la Corte dei Conti, accertava il riproporsi delle criticità del rendiconto del 2014 anche nel rendiconto del 2015 e “sussistenti i presupposti per la dichiarazione di dissesto” che, in assenza di un’autonoma determinazione dell’ente, pur tuttavia, tenuto conto della dichiarazione di incostituzionalità dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 149 del 2011 che ha stabilito che la predetta norma non trova applicazione in Sicilia (sentenza n. 219 del 2013), la relativa procedura potrà essere avviata, sulla base del combinato disposto dell’articolo 109 bis della legge regionale 15 marzo 1963 n. 16 e di quanto disposto dall’articolo 53, comma 1, della legge regionale n. 26 del 1993, con l’intervento dell’Assessore regionale delle Autonomie Locali in luogo del Prefetto.”
Al fine di verificare se fosse nelle competenze della Sezione regionale di controllo attivare il cosiddetto «dissesto guidato» per il Comune di Catania, la Sezione Controllo della Corte sospendeva il giudizio relativo alla verifica del piano di riequilibrio del comune di Catania per deferire alla Sezione delle Autonomie un quesito in ordine all’applicazione dei poteri e delle attribuzioni della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti in sede di verifica sull’andamento del piano di riequilibrio finanziario pluriennale.
Al contempo – pur non senza polemiche sulle misure adottate a sostegno del riequilibrio finanziario circa le modalità, termini e tempi di alienazione dei beni immobili e delle partecipate nonché sulle nomine delle aziende partecipate AMT, Sidra e Asec Trade, il Consiglio comunale di Catania, il 30 settembre 2016, con la delibera n. 40/2016, approvava la modifica del Piano di riequilibrio finanziario pluriennale, per ripartire, in applicazione della Legge 208/2015, il disavanzo o i debiti fuori bilancio successivi alla all’approvazione del piano di riequilibrio del febbraio 2013. La norma che disciplinava detta modifica, che per essere operativa necessitava dell’approvazione da parte del Ministero dell’Interno e della Sezione Controllo della Corte dei Conti, non prevedeva la sospensione delle procedure della Corte dei conti, che pertanto può (e deve) procedere agli adempimenti relativi alla dichiarazione di dissesto ai sensi dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011, in base alle risultanze dell’esame dei rendiconti 2014 e 2015. Mentre il vecchio piano di riequilibrio presentato dall’amministrazione Stancanelli – ampiamente non rispettato dall’amministrazione Bianco, come evidenziato nelle deliberazioni della Corte dei Conti – prevedeva il piano di 527 milioni di euro in 10 anni, il nuovo piano approvato dall’Amministrazione Bianco, prevedeva il ripiano di quasi 800 milioni nei successivi sette anni. L’amministrazione Bianco, che non era stata in grado di rispettare un piano da 53 milioni l’anno, propone un piano da 114 milioni l’anno!
La modifica del Piano di riequilibrio finanziario pluriennale approvato a settembre 2016 dal Consiglio Comunale sembrerebbe non essere ricevibile e valutabile dagli organi preposti (Ministero dell’Interno e Corte dei Conti). Ciò perché la delibera di Consiglio Comunale che approva la modifica, la n. 40/2016, è stata pubblicata all’Albo pretorio del Comune di Catania il 6 ottobre 2017 e, ai sensi dell’Art. 134 del TUEL 267/2000, è divenuta esecutiva dopo il decimo giorno dalla pubblicazione, cioè il 16 ottobre 2017, ben 16 giorni dopo il termine perentorio sancito dalla Sezione delle autonomie della Corte dei Conti con la deliberazione n. 9/SEZAUT/2017/QMIG che inequivocabilmente chiarisce che ”Il termine di legge del 30 settembre 2016 ha natura perentoria e la sua inosservanza implica la decadenza dalla facoltà di avvalersi della possibilità di modificare il piano originario”.
Nel mese di dicembre 2016, un altro aiutino (inutile) dal Parlamento nazionale. Viene approvata la legge 232/2016(legge stabilità 2017), che, all’art. 1 comma 434, prevede che gli enti locali, e quindi anche il Comune di Catania, possano rimodulare il piano di riequilibrio entro il 31 maggio 2017, mediante lo scorporo della quota di disavanzo risultante dalla revisione straordinaria dei residui antecedenti al 1° gennaio 2015. Peccato che anche questa norma non preveda la sospensione delle procedure della Corte dei conti, che pertanto ha facoltà di procedere agli adempimenti relativi alla dichiarazione di dissesto, ai sensi dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011, in base alle risultanze dell’esame dei rendiconti 2014 e 2015. Va inoltre precisato che l’eventuale rimodulazione sarebbe limitata alla revisione straordinaria dei residui, fermo restando il rispetto delle scadenze di pagamento dei debiti comunali. Pertanto, resterebbero immutate le condizioni per la dichiarazione di dissesto.
Sempre nel mese di dicembre 2016, la Sezione delle autonomie della Corte dei Conti con la deliberazione n. 36/SEZAUT/2016/QMIG ha chiarito che la Sezione di controllo della Sicilia può attivare il cosiddetto «dissesto guidato» per il Comune di Catania atteso che le procedure di cosiddetto «dissesto guidato» assegnate alle Sezioni regionali ai sensi dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011 devono reputarsi applicabili in caso di aggravamento del quadro complessivo della situazione finanziaria dell’ente che precluda la realizzazione del percorso di risanamento che costituiva l’obiettivo primario del ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario.
Ma questo è solo una parte di eventi che spiegheremo ulteriormente nei prossimi numeri del nostro giornale. Per il momento, non resta che constatare il disastro dei gruppi dirigenti della città. Che, al di là di finte contrapposizioni, hanno distrutto il presente e il futuro di milioni di catanesi.
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