Catania

CATANIA E IL “GRANDE ABBRACCIO” TRAVERSALE AD ENZO TRANTINO

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di Luca Allegra e Marco Benanti.

Un perfido amico mio nel pomeriggio segnato dalla dipartita di Enzo Trantino continua a dirmi che tutto questo profluvio di coccodrilli social sta valicando ampiamente la retorica e persino il buon gusto. Alla Iene non lo crediamo , anzi, siamo oltremodo colpiti da cotanta partecipazione disinteressata anzichéno. E non crediamo neppure e, l’amico di cui sopra esagera, che sia tutto un modo per brandire il corpo di un 90enne defunto – uomo di potere di questa città – per celebrare se stessi, testimoniare la propria esistenza, prendersi un pezzo di luce emanata dal vecchio parlamentare per rischiarare il proprio vissuto grigio.

Ci sarebbe piuttosto piaciuto che si fosse andato ancora di più… a fondo nelle celebrazioni. Che non solo il magmatico mondo della destra cittadina – unito come un sol uomo – hanno reso reboanti di lacrimevoli mementi, ma tutta la politica dalla sinistra riformista a quella più massimalista: tutti uniti in nome dell’appartenenza all’ordine degli avvocati, popolatissimo di catanesi quasi più dell’ufficio di collocamento.

Luca Allegra.

E no caro Luca “Radical Chic”, tu lo sai che stai parlando di quelli che da anni si vantano, con tono melodrammatico, di essere contro l’ “omologazione del pensiero”, contro il “politicamente corretto”, per la libertà contro la “sinistra liberticida”?

Vedi loro sono un po’ così, appena gli sfiori “l’uscio di casa” tornano a “ruggire”, insomma fanno vedere la loro natura, avrebbe detto Marco Aurelio (“Di ogni cosa chiediti cos’è in sé, qual è la sua natura”). Insomma, dei bravi e seriosi borghesucci di provincia. Nulla di più. Fedeli, ipocritamente tanto fedeli.

Ora, caro “Luca “Radical Chic” vedi di Enzo Trantino, sul piano politico e non solo, si potrebbero raccontare tante cose. Tipo: non era fascista, era monarchico. Tipo: faceva bellissime battute sui magistrati, non strisciava come tanti suoi “colleghi”. Una volta, io ero con quel galantuomo di Giuseppe Anastasio, giornalista lui sì’ vittima della “Catania che conta”. Io ho memoria, io ricordo tutto. E non dimentico.

Ebbene, eravamo nello studio di Trantino, all’epoca sottosegretario agli esteri e lui disse a proposito dell’ennesima polemica sulla “fuga di notizie” dai Palazzi di “giustizia”: “invito magistrati ad autoperquisirsi”.

Ecco io di Enzo Trantino ricordo questo, ma non ricordo alcuna “rottura” che sul piano politico, a Catania come nel contesto nazionale. Anzi, rammento tanta voglia di normalità, di sistema dominante, in politica come nella magistratura. Così ricordo bene il “Caso Catania”, chi -pochissimi- appoggiò quella voglia di verità e giustizia e chi difese lo statu quo: magari lo potrebbe fare anche qualche ex parlamentare protagonista a destra, anche lui oggi unito al coro dei post e delle dichiarazioni d’occasione…

Caro Luca, si chiama ipocrisia, altro che lotta all’ “omologazione”, si tratta “tirare a campare”, si chiama “devo vivere pure io a Catania”. Ecco, tutto qui. Dietro tanti post, tante “parole al miele” di oggi (e vedrai sul loro giornale locale, conservati i necrologi…). A Catania, nella “!città degli amici” schierarsi è importante, direi fondamentale.

Lo spettacolo è lo spettacolo osceno di una città ipocrita come questa, una città della provincia italiana che vive di immagini ed odia, come tutti i piccoli borghesi, chi davvero rompe gli schemi. E smaschera le ipocrisie.

Questo è il senso, a mio parere, di questa “genuflessione” davanti al “Maestro”. Che abbiamo scoperto aveva migliaia di discepoli. Migliaia e migliaia, scoperti oggi.

Di altro, caro Luca, non parlo perchè io non uso un fatto della vita come questo per farmi notare e fare notare la mia “osservanza” a chi comanda.

Ps: aggiungo, magari soltanto per nota di cronaca, in risposta ad alcuni commenti sui social di chi non capisce il senso delle parole (problema grave in Italia), che ho vissuto anni accanto a mio padre che ammirava Enzo Trantino. Che quando parlavo con lui in Tribunale era un piacere, anche quando mi diceva cose sgradevoli. Perchè la sgradevolezza che non insulta fa parte del vivere virile.

Ciao mio amico “Radical Chic”. Marco Benanti.

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Benanti

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