Catania e Uomini (non da rotocalco): il Comune e Giovanni Pirrone


Pubblicato il 28 Novembre 2016

di marco benanti

Ci sono tanti modi d’intendere il lavoro, ma dalle nostre parti, soprattutto, lavorare al Comune è vissuto come un stanco impegno quotidiano…di timbratura. Poi, ore e ore di attesa…di attesa di timbrare. E andare a casa. In vista dello stipendio del 27. Direte, stai generalizzando? Forse, o forse la realtà è peggio, molto peggio.

Per mia fortuna, posso affermare che esiste anche Altro. Altro modo di concepire il lavoro per il Comune. Di Catania, di Biella o di Forlì. Esiste –è proprio così, fatevene una ragione- un modo di vivere il lavoro al Comune in modo autenticamente diverso dal travet o “comunale” che si voglia.

Ho avuto la fortuna di conoscere chi ha dato il culo per il Comune di Catania perché credeva e crede nell’Istituzione, nel senso più nobile e alto del termine, cioè di servizio alla collettività e non al “padrone-politico” di turno (o di una vita);

di servizio al Bene Pubblico e non a miserabili interessi privati;

di servizio agli altri e non agli amici, a quelli del proprio clan, consorteria, camarilla di ogni risma;

di servizio a tutela del Patrimonio Collettivo e alle Ragioni dei Molti contro le mire affaristiche di Pochi e l’arrogante cura di privilegi di famigli o altro.

Ecco lo affermo che Giovanni Pirrone, che dal primo dicembre prossimo va in pensione, è stato questo (e tanto altro) per il Comune di Catania. Anche per  le miserabili figure e figuri che lo hanno popolato e ancora lo popolano. Con le loro vite fatte di nulla, cioè di servizio al Potere. Perché ogni Potere, nessuno escluso, è sempre e comunque merda.

Ora direte: ma a noi che ci frega di Giovani Pirrone? Per un “ordinario” dipendente comunale? Beh, come vi capisco. Forse per voi, ancora oggi, “contano” quelli che appaiono, quelli che si fanno fotografare, quelli di Palazzo, insomma.

Dovete sapere, allora, che dietro questi “grandi uomini” ci sono stati quelli che hanno lavorato in silenzio. Quelli che non l’hanno fatto per la carriera. Quelli che non l’hanno fatto perché così poi “mia moglie è contenta”. Quelli che non hanno preso encomi o altri ameni riconoscimenti.

Insomma, dietro il Palazzo c’è tanta umanità che pensa e opera di testa sua. Che non si fa telecomandare o tirare i fili. Come accade ai burattini. O alle maschere delle vite “perbene”.

Insomma, ci sono stati Giovanni e Antonio Schilirò, proprio lui uno dei pochi geni autentici di una città di teatranti parolai e di tristi maschere che tirano avanti scontate vite.Persone come Giovanni e Antonio che hanno fatto tanto, tante, tantissime cose. E nessuno lo sa. Giusto così. Perché non sono stati e non sono “gente da rotocalco”.

Ecco, ora vi dico che domani alle 12 Giovanni Pirrone sarà all’Utu (ufficio traffico urbano) di via Monte Sant’Agata 6. Sarà un saluto, un “break”, una risata forse, sicuramente sarà divertente. E ci saranno anche politologi, cronisti di provincia, colleghi, musicisti, ballerini e tanti altri. Gente comune, direte. Propro così.

Quelli del Palazzo stiano sereni: come ieri, come oggi, come domani, una grande risata vi seppellirà. La risata di chi ve la fa sotto il naso. Sempre.

 


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