Su “La Sicilia” di oggi, titolo indignato: “Giornali veri e falsi”. Nell’articolo si parla di finanziamento pubblico alle testate di partito o simili e di concorrenza. Lo fa uno degli esempi più fulgidi in Sicilia e in Italia di monopolio. Lo fa Mario Ciancio, cui rivolgiamo qualche domanda…
di Iena Giornalaia, Marco Benanti
“E’ una vergogna…”: l’ attacco è quanto mai indignato. Oggi, “La Sicilia” apre, in prima pagina, con un articolo che ribolle di sarcasmo e di sincera riprovazione. Così non si fa. Già. Lo scandalo di cui si parla è quello del finanziamento pubblico ai giornali di partito: storia vecchia, quello del “pompaggio”, con denari di tutti, di “fogli” che hanno risultati in edicola, in termini di vendita, da giornali parrocchiali o quasi.
Possiamo leggere a pagina 15, l’attacco del pezzo richiamato in prima: “ma quant’è bello parlare di concorrenza. Al presidente del Consiglio piace tantissimo e una banale ricerca sulle agenzie di stampa conferma che nel 2012 il premier ha già lanciato la bellezza di 48 appelli alla ‘concorrenza’. Concorrenza su tutto -sul mercato del lavoro come nelle professioni, tra le imprese come nel sistema educativo- spesso coniugata all’altra parola magica: ‘meritocrazia’. Evviva, ecco che cosa vuol dire avere finalmente al governo un professore della Bocconi che è stato anche un commissario europeo. Commissario alla Concorrenza, naturalmente….”. L’articolo -firmato con un “famoso” asterisco (è forse autore il direttore Mario Ciancio in persona?)- prosegue con tono amaro e sarcastico sul tema del finanziamento pubblico ai giornali di partito, con “stoccata” finale contro la Regione Siciliana, perchè non si pubblicano i bilanci degli assessorati regionali.
Siamo d’accordo, diciamo noi: è uno scandalo! In nome del libero mercato. All’italiana, lo sappiamo. Infatti, il governo Monti, quello serio, quello europeo, ha portato la “torta” dei fondi, destinati a questo, a 120 milioni di euro, dopo i tagli dell’esecutivo Berlusconi. Giustamente, l’autore parla di “liberismo alle vongole“.
Noi siamo in Sicilia e conosciamo da decenni anche il “liberismo all’occhio di bue” dell’editoria di casa nostra. Un “liberismo” assistito anche da soldi pubblici a montagne. Da decenni. Quelli degli enti pubblici: comuni, provincia, regione. Allora, indignati come lui, rivolgiamo al direttore Mario Ciancio qualche domanda: ma i vari comuni e in primis il Comune di Catania, Provincia Regionale di Catania e Regione Siciliana hanno -direttamente o indirettamente- riempito di soldi -pubblici- il gruppo Ciancio? Sappiamo bene che non si tratta di fenomeni identici, perchè qui si parla della raccolta pubblicitaria operata dalla “Publikompass”: ma la sostanza non è la stessa? Il risultato finale non è uguale? Quanto denaro pubblico -vorremmo sapere- finanzia i media del gruppo Ciancio? E gli amministratori pubblici dell’ultimo secolo -pardon degli ultimi decenni- potrebbero darci i numeri di questo tipo di finanziamento?
E ancora: e le organizzazioni di categoria -la Sicilia dell’imprenditoria- ne sanno qualcosa di soldi versati, direttamente o indirettamente, in pubblicità o simili per i media del gruppo Ciancio?
Restiamo in attesa di risposte e per una volta diciamo che siamo d’accordo con i vertici dell’editoria siciliana: in Italia e in Sicilia c’è poca concorrenza. C’è poco mercato. Il liberismo è quello all’italiana, che serve solo i potenti e penalizza gli altri. Per non parlare dei lavoratori, di quale sorte spetta loro. E allora in coro diciamo, per una volta: siamo tutti liberali!
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