Catania elettorale: Stancanelli sconfitto e l’effetto “aribattuti”. Le titubanze del centrodestra e la legge elettorale


Pubblicato il 13 Giugno 2013

di Stefano Ittar, iena del fortino

Democrazia alla mano, il sindaco uscente è stato scelto da 1 catanese votante su 5, Enzo Bianco da 1 su 4. La differenza sul “piano personale” è minima. Questo non significa che i restanti 81.584 catanesi votanti che non hanno indicato il sindaco, non avessero dei buoni motivi per non riconfermare Stancanelli, ma che probabilmente neanche Enzo Bianco li abbia entusiasmati.

Come dimenticare la chiamata alle armi nominativa dell’amico collega avv. Emanuele Passanisi amico su un paginone elettorale acquistato su “La Sicilia”. L’accorato appello era seguito dalla lista delle personalità che sostenevano la candidatura di Raffaele Stancanelli. Certo, sarebbe interessante andare a vedere chi, tra quei nomi, adesso sta dall’altra parte, o, come si dice a Catania: chi sono gli “aribattuti” (il termine, nella sua accezione contemporanea, descrive indistintamente: i numeri del telaio di un veicolo rubato e quelli che diventarono tifosi dell’Atletico Catania, n.d.a).

Stiamo parlando naturalmente dei personaggi della società civile che appoggiarono la candidatura, non degli esponenti politici eletti nel centrodestra che passarono all’opposizione, rompendo con il senasindaco, perché per individuare i secondi basta confrontare le liste delle scorse elezioni con quelle nuove di zecca uscite fuori dalle urne. Il gioco è presto fatto, semplice come spruzzare dell’ acido per far emergere l’abrasione della matricola del telaio.

Sarebbe ingeneroso attribuire solamente al caratteraccio dell’ex sindaco l’emorragia politica del centrodestra in seno al vecchio consiglio comunale, i delusi della sua parte politica potranno rimproverare a Stancanelli la mancanza di una “weltanschauung”, di una visione del mondo, che nel nostro caso può essere riassunta come “un’idea di città”, ma da qui a ricandidarsi col megafono di Crocetta ne passa.

Il centrodestra catanese – già prima delle elezioni regionali – aveva fiutato che i margini per una riconferma della loro area politica alla guida di Palazzo degli Elefanti fossero risicati, tanto che, persino Giuseppe Castiglione, in vista delle elezioni regionali offrì una exit strategy a Stancanelli, proponendolo tra i papabili alla carica di Presidente della Regione nel caso si fossero tenute le primarie nel centrodestra, in tal modo favorendo l’ingresso per un candidato “nuovo” da proporre a Catania, magari non legato ai partiti e che potesse in qualche modo presentarsi agli elettori come una candidatura di discontinuità. Ma Stancanelli, pur lusingato, rispose ribadendo la propria volontà di completare il mandato di Sindaco di Catania. Il candidato alle regionali per il centrodestra fu appunto Nello Musumeci, principale sponsor della ricandidatura di Stancanelli a Catania.

A marzo 2013 Stancanelli era già autocandidato e l’attendismo dei firrarelliani fu alimentato successivamente dalla rottura di Leanza con l’Udc, che avvenne, guarda caso, proprio in occasione dell’annunciato appoggio a Enzo Bianco, espresso da Gianpiero D’Alia. La rottura di Leanza, in fondo, voleva solo ricordare a Enzo Bianco che a Catania il democristiano era lui. Fatto Articolo 4, a Leanza rimaneva da scegliere tra Bianco e Stancanelli, decisione che arriverà contestualmente alla scelta del PDL di appoggiare il sindaco uscente, che fino ad allora aveva condotto da solo la campagna elettorale, tanto da dare la sensazione, a un certo punto della campagna elettorale, che fosse in crescita il consenso che avrebbe potuto raccogliere.

Leanza sceglierà Bianco in rispetto alla logica regionale, e il centrodestra, consapevole della sconfitta che si prospetta, consacra il sindaco uscente vittima designata. Il timido sostegno esplicitato troppo tardi e la legge elettorale faranno il resto, facendo ricadere sull’elettorato la responsabilità della non scelta del Sindaco sostenuto dalla coalizione, tutti con la coscienza a posto.

         


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