Catania, “Guardatemi in faccia, io sono Santo La Causa”. Colpo di scena in aula, il pentito chiede di essere ripreso in volto


Pubblicato il 06 Giugno 2012

Il boss pentito fa una precisa richiesta. E nel nuovo verbale parla anche di spazi alla Fiera di Catania….Di Iena Giudiziaria Marco Benanti

Ha chiesto di essere ripreso in volto e non di spalle: insomma, un segnale preciso da parte di chi è stato al vertice del clan Santapaola e che secondo un collaboratore sarebbe stato in grado “di fare tremare Catania, per carisma ed intelligenza”.

Fece qualcosa di analogo il boss Natale Di Raimondo, nel processo “Orione” di qualche anno fa. Simbologia e psicologia abbinate, insomma: magari, però, fra qualche tempo –aggiugiamo noi- il boss capirà di essere solo un uomo. Meno di polvere, quindi. Inoltre, parrebbbe che i suoi familiari non avrebbero condiviso la sua scelta.

Stamane, il neo collaboratore di giustizia Santo La Causa, in maniche di camicia, in collegamento in videoconferenza, ha fatto questa richiesta al Presidente del collegio della prima sezione della Corte d’Appello di Catania (Presidente Ignazio Santangelo, a latere Muscarella e Carrubba) che giudica in sede di appello per il procedimento cosiddetto “Plutone”, nato da un’operazione antimafia di qualche anno fa e in cui La Causa è imputato.

Nell’aula bunker di Bicocca, il sostituto procuratore generale Domenico Platania ha chiesto ai giudici di acquisire un nuovo verbale, in forma riassuntiva, del boss pentito, datato 25 maggio 2012, davanti ai Pm della Procura di Catania Antonino Fanara ed Agata Santonocito. Da parte dei difensori, è arrivata l’opposizione dell’avv. Carmelo Calì in quanto non decisiva -a suo argomentare- ai fini della pronuncia giurisdizionale: a questa posizione si sono associate alcune Difese. Contraria, invece, il difensore di La Causa, l’avv. Maria Carmela Barbera. Alla fine, i giudici hanno deciso che entro il 6 luglio prossimo dovrà essere a disposizione degli avvocati la trascrizione integrale del verbale: poi, l’11 luglio la nuova udienza, nel corso della quale è possibile che La Causa venga sentito. Solo un rinvio, quindi, rispetto a quello che era stato annunciato fino a ieri.

Il nuovo verbale, ecco alcuni passaggi:

“ho deciso di collaborare con l’Autorità Giudiziaria in quanto da tempo ero insoddisfatto della vita che conducevo, tanto da giungere nell’ultima carcerazione da prendere l’iniziativa per l’avvio della mia collaborazione con il magistrato di sorveglianza di Parma. Nel tempo che intercorse tra la lettera da me inviata e il provvedimento del magistrato che stabiliva la data dell’interrogatorio, io cambiai idea. Nel corso della mia ultima detenzione proseguii la mia rifleessione sul senso della vita che avevo condotto e anche per il bene della mia famiglia e dei miei figli ho deciso di cambiare vita e collaborare con la giustizia.”

“Quando sono stato arrestato nell’ottobre del 2009 avevo un ruolo apicale nell’associazione mafiosa Santapaola, unitamente ad Aiello Vincenzo, Puglisi Carmelo e altri soggetti che sono stati con me arrestati a Belpasso, ad eccezione di Platania, Botta e, naturalmente, Laudani Sebastiano che fa parte di altra associazione. Ho iniziato a fare parte dell’associazione mafiosa negli anni 1980, allorchè militavo nel clan dei Ferrera, cugini dei Santapaola e con i quali però erano nati dei contrasti; una volta in carcere, conobbi Aldo Ercolano con il quale stabilì un ottimo rapporto, sicchè quando fui scarcerato dall’Asinara nel 1995 passai con la famiglia Santapaola….Quando venni scarcerato nell’anno 1998, fu ritualmente affiliato, con padrino Nino Santapaola, fratello di Benedetto: alla cerimonia erano presenti tra gli altri Maurizio Zuccaro, Nicola Maugeri, Enzo Santapaola figlio di Benedetto ed Antonio Motta; già quel giorno mi dissero che si doveva riorganizzare la struttura della famiglia mafiosa e la gestione della messa a posto delle imprese…” La Causa dice ancora che successivamente “venni contattato da Enzo Santapaola il quale, dopo avermi autorizzato nel periodo dellia mia detenzione ad uscire dall’organizzazione come io gli avevo richiesto, mi impose invece di riprendere i miei compiti apicali. In realtà io non divenni il reggente, in quanto il reggente in quel periodo era Angelo Santapaola; come ho già chiarito in altri interrogatori, però, il comportamento di Angelo Santapaola era criticato per più motivi e proprio per tale ragione Enzo Santapaola mi diede il compito di vigilarne la condotta…” Secondo La Causa i rapporti, in caso di detenzione, con l’esterno non erano interrotti per alcuni: “…posso anche riferire che Enzo Santapaola riusciva, invece, ad avere rapporti anche con l’esterno in quanto scriveva dei messaggi nella velina della carta igienica che cuciva all’interno di un accappatoio, in tale modo trasmettendo e ricevendo messaggi. Posso dire questo perché in una occasione Enzo Santapaola, in risposta ad una mia lamentela per il mancato arrivo del denaro che mi spettava quale stipendio, mi mostrò un biglietto in cui dall’esterno davano assicurazione di avere pensato anche per me, spiegandomi le modalità con cui l’aveva ricevuto. In quel periodo di detenzione, in sostanza, mi arrivava lo stesso lo stipendio, anche se l’ammontare era ridotto…” La Causa, nel corso del verbale, poi parla, per quello che sa, degli imputati del processo “Plutone”. Fra l’altro, fa riferimento ad Antonino Faro “detto killer delle carceri o Sciuscia a Pipa, non lo conosco, anche se so che il gruppo Monte Po’ gli pagava uno stipendio di 500.000 lire al mese…” Parla anche del fratello Claudio che “…non è ritualmente affiliato all’associazione mafiosa catanese e non ha comunque neanche mai fatto parte dell’associazione mafiosa. Mio fratello lavorava come posteggiatore alla fiera di Catania e quindi, conosceva molte persone, alcune delle quali pregiudicate. In particolare lo stesso lavorava in nero e riceveva uno stipendio mensile quale posteggiatore. Il posteggio era sito su un’area -sita tra Corso Sicilia e la fiera- abusivamente occupata da una persona, tale Privitera, che l’aveva recintata e che aveva destinato tale area, dopo averla asfaltata, a posteggio. La società di fatto che gestiva tale attività era formata dallo stesso Privitera al 50% e per l’altro 50% dai due fratelli Mascali, da Natale Di Raimondo, da Vito Licciardello e, come soci occulti al Privitera, da Quattroluni Aurelio, Di Grazia Francesco e da un ragioniere della fiera che mi sembra chiamarsi Paratore…”.


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