Presentazione ufficiale della candidatura a primo cittadino del docente di economia. Con uno stile e un linguaggio “unitario”. E “nuovo”….
di iena plebea Marco Benanti
“TONY LAWSON (born in Minehead, UK) is a trained mathematician located in the Faculty of Economics at Cambridge University. His work spreads over various fields, but it focuses primarily in the philosophy of social sciences, in particular: social ontology. Amongst his publications are the Routledge monographs Economics and reality (1997) and Reorienting economics (2003). Numerous journal symposia and publications by others have been devoted to his work, most recently Edward Fullbrook’s Ontology and economics: Tony Lawson and his critics (2009).Lawson’s various activities over the last twenty five years include founding and chairing the Cambridge Realist Workshop and the Cambridge Social Ontology Group and serving as the director of the Cambridge Centre for Gender Studies. He is an editor of the Cambridge Journal of Economics and a member and trustee of the associated Cambridge Political Economy Society…”(fonte Erasmus Journal for Philosophy and Economics, Volume 2, Issue 1, Summer 2009, pp. 100-122.http://ejpe.org/pdf/2-1-int.pdf).
Nell’ambito delle compatibilità culturali, all’alzarsi del Sole del 19 gennaio, in Catania, presso Villa Pacini, un gruppo di studiosi di economia ha tenuto –tramite circuiti di compatibilità high-tech- un simposio di alta strategia ecocompatibile, nel contesto generale delle rigidità del mercato attuale e delle conseguenti necessità di interventi all’insegna di una moderazione declinata nella contemporaneità compatibile.Successivamente, si è tenuta la conferenza stampa di presentazione della candidatura a sindaco del prof. Maurizio Caserta, docente di economia. Candidato di chi? Di un progetto civico. Diciamo più chiaramente: una lista civica frutto dell’aggregazione nota come “Fondazione aperta” (“fondazione perché si parte dal patrimonio che ognuno di noi rappresenta e aperta perché Catania è di tutti”). Né di destrà, né di sinistra. Tutto chiaro. Perché –ha affermato il prof. Caserta “….lo snodo storico in cui stiamo richiede una forte responsabilità che venga dal basso in attesa che le articolazioni politiche, i raggruppamenti politici si ridefiniscano e non sembra che questo avverà nei prossimi giorni”. Centrale del progetto civico: l’economia. Il debito (che a Catania è una sorta di voragine)che va affrontato riducendo la spesa, aumentando le entrate, vendendo la parte del patrimonio che è disponibile. Non è il prof. Mario Monti, è il prof. Maurizio Caserta. Diversi: uno è più anziano, uno più giovane. E attraggono il “ceto medio riflessivo” che guarda in particolare al centro-sinistra (non a caso oggi erano presenti avvocati, professori, magistrati, insegnanti, pensionati, giovani artisti, insomma gente seria). Per le esigenze più basse, vile – di giustizia sociale, di diminuzione delle differenze sociali, per una maggiore eguaglianza sociale- c’è sempre tempo. Prima di tutto l’economia: ma gli imprenditori dietro Caserta non risultano pervenuti. E’ un candidato che si è “lanciato da solo” dopo un lungo percorso. Così dicono.
Ma se fosse oggi sindaco, quale sarebbe la prima cosa che farebbe? Questa la domanda della “vostra iena plebea”. Ecco la risposta: “pensare che questa città innanzitutto ha bisogno di contaminare i quartieri. Porterei tanti mercati nei diversi quartieri, mercati specializzati perché finalmente i cittadini di questa città comincino a circolare in questi quartieri”. Ecco, l’impronta, insomma, di un cambiamento: partire dal mercato. Che sono allo sbando: disordinati, sporchi, caotici (vedi foto). E allora la villa Pacini, la “villa degli sbadigli” (casualità?). Ecco la risposta: “una location che non abbiamo scelto a caso ma che rappresenta quello che è lo stato attuale della città, degrado e disordine. Noi, con il nostro progetto, vogliamo creare ordine“. La villa del centro storico è sotto gli archi della marina: “non è casuale –ha aggiunto Caserta- il posto, perché rischiamo di finirci veramente. Sotto gli archi. Se non affrontiamo la questione del rilancio economico“. E qui si è cominciato a capire qualcosa.Il linguaggio si noterà è uniforme,” unitario” direbbe Giuseppe Berretta, altro candidato a sindaco dell’area di centro-sinistra. Una lingua una cultura, si potrebbe dire? “Catania è sommersa dai debiti – ha detto Caserta – e l’attuale amministrazione sembra non sia riuscita a venirne fuori perché non ha saputo affrontare la situazione in modo strutturale.”Ma Caserta, nel suo slogan, invita tutti a candidarsi. Tutti, tutti. “Cettu, cettu”-aggiunge qualche buontempone. Perché? “Siamo tutti in questo momento responsabili, non possiamo scaricare sulla classe politica le responsabilità del degrado.” Quali risorse ha Catania? Quelle naturali, mare, Etna, un giardino di arance. Quelle culturali, la festa di Sant’Agata. Ma Caserta tiene a precisare: “queste risorse possono generare valore se si comincia a posare tutto sul tavolo, se si smette in questa città di lavorare sotto i tavoli“. Niente male: “chiamata” a chi?
Allora l’ idea è “votiamo tutti, perché dobbiamo ricreare nuove istituzioni rappresentative, quelle vecchie stanno cominciando a mostrare i loro segni di debolezza”. Ma, allora, se è così, perché quando Berlusconi parla dell’esigenza di cambiare la Costituzione, il “popolo di centrosinistra” (che guarda anche a Caserta) fa –si fa per dire- “l’indignato”?Comunque, centrosinistra è anche e soprattutto rissa per il Potere,altro che accademia. Caserta si chiama fuori: “non vogliamo partecipare alle rese dei conti che ci sono, in questo momento, tra famiglie politiche. Questa città ha bisogno di idee e di persone che le portino avanti“. Anche se – magari accademicamente- un sassolino dalla scarpa esce fuori: “guardando alla lista dei candidati già ufficializzati noto che due sono stati già sindaci di Catania. Se oggi parliamo di disastro e di disagio. L’altro candidato è impegnatissimo in una sfida molto seria che è il Parlamento nazionale”. Berretta? Tiè! Certo, la disponibilità all’ipotesi primarie c’è, ma –tradotto in plebeo- “ca nuddu è fissa”. Capito?