Catania, Iacp: la “contesa” della dirigenza area legale. Il Tar dà ragione a chi contesta la graduatoria finale. E al telefono…

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Cose che capitano. Alle Case Popolari rossazzurre. E attenzione al verbale finale…

di iena senzacasa Marco Benanti

All’Istituto Autonomo Popolare di Catania, malgrado tanti silenzi, accadono fatti che meritano attenzione. Anche nelle vicende apparentemente più normali, vengono fuori, spesso, retroscena o situazioni “di contorno” che fanno riflettere. O almeno farebbero riflettere in un contesto appunto “normale” di cittadini e non di semplici abitanti.Come quanto accaduto di recente. Una controversia giudiziaria su un concorso pubblico, per titoli ed esami, per l’attribuzione di un posto di dirigente dell’area legale, nel ruolo dei dirigenti dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Catania, appunto. Si dirà: nulla di eccezionale, in questo ambito le differenze di interpretazioni giurisprudenziali sono normali o quasi. Ma andiamo ai fatti.Ebbene, contro il vincitore, l’avv. Vincenzo Martines, c’è stato un ricorso al Tar da parte della dottoressa Daniela Castronovo.Impugnativa che ha avuto esito favorevole per la Castronovo, che aveva proposto ricorso contro la “…deliberazione –recita la sentenza della seconda sezione del Tar di Catania (Presidente Salvatore Veneziano) depositata il 5 settembre scorso- del Commissario Straordinario dell’IACP di Catania n. 30 del 16 marzo 2012, avente ad oggetto “Approvazione della graduatoria finale del concorso pubblico, per titoli ed esami, per l’attribuzione di un posto di dirigente dell’Area Legale, nel ruolo dei dirigenti dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Catania”;..di tutti i provvedimenti a questo presupposti, tra i quali, in particolare, il provvedimento di ammissione dell’Avv. Vincenzo Martines alla procedura concorsuale di cui si tratta; della graduatoria finale di merito del concorso, limitatamente alla parte in cui è stato attribuito al controinteressato il punteggio di 96,578 anziché quello di 95,594.”.Si sono costituiti in giudizio anche l’Iacp di Catania e l’Assessorato Regionale alle Infrastrutture (poi estromesso in sentenza), che vigila –almeno così dice la legge- sull’Istituto, oltre naturalmente all’avv. Martines.La dottoressa Castronovo ha sostenuto nel ricorso “…di aver partecipato –è scritto nella sentenza del Tar- al concorso pubblico, per titoli ed esami, per l’attribuzione di un posto di Dirigente dell’Area legale dell’Istituto autonomo per le case popolari della Provincia di Catania;- che, con deliberazione n. 30 del 16 marzo 2012, il Commissario Straordinario dell’Istituto intimato ha approvato gli atti del concorso e la graduatoria finale di merito nella quale la ricorrente è stata collocata al secondo posto con punti 95,846, preceduta, per 0,732 punti, dal controinteressato, Avv. Vincenzo Martines, che ha ottenuto un punteggio pari a 96,578, e che è stato dichiarato vincitore della selezione;- che, avuto successivamente accesso agli atti del concorso, si è avveduta, tra le altre cose, dell’illegittimità del provvedimento di ammissione alla procedura del candidato risultato vincitore, non in possesso dei requisiti di partecipazione indicati dal bando…” Il ricorrente ha sostenuto che ci sarebbero state tutta una serie di violazioni e false applicazioni di legge, a partire dal bando di gara. In particolare –è scritto in sentenza-“…il controinteressato avv. Martines non sarebbe in possesso di tutti i requisiti di ammissione previsti dal bando, essendo egli non dipendente di una pubblica amministrazione, bensì avvocato del libero foro iscritto all’Ordine di Catania, titolare di un rapporto libero-professionale con il Comune di Catania, in favore del quale prestava attività “di assistenza e di consulenza legale”;…Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del bando e del D.A. (Decreto Assessoriale, ndr) 11 giugno 2002. In via graduata, l’attività libero-professionale prestata dal controinteressato intimato non sarebbe stata suscettibile di valutazione neppure tra i servizi pregressi, come, invece, illegittimamente accaduto.…Violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 8 del bando e del D.A. 11 giugno 2002. Il punteggio complessivo ottenuto dal controinteressato sarebbe stato raggiunto anche grazie al riconoscimento di 0,30 punti per due pubblicazioni che sarebbero inidonee ai fini della valutazione della selezione di cui si tratta”.Il controinteressato, l’avv. Martines, ha opposto, con un ricorso incidentale, tutta una serie di argomentazioni legali a contrario. Fra l’altro, che “..la ricorrente principale avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura selettiva «…non avendo dato prova di conoscere padroneggiare i rudimenti della lingua italiana…» (ricorso incidentale, pag. 30)….”-è scritto in sentenza.I guidici del Tar, in sede di decisione, avvenuta il 20 giugno scorso, hanno, fra l’altro, dato una risposta ad un aspetto del ricorso incidentale dell’avv. Martines: “…il Collegio ritiene che gli errori in cui sarebbe incorsa la ricorrente principale nella stesura delle prove scritte, errori che, nella prospettazione del ricorrente incidentale, porterebbero a censurare la mancata esclusione dalla selezione della ricorrente principale per difetto della conoscenza della lingua italiana (utilizzo per una volta di “ha” al posto di “a”; interposizione, per tre volte, della virgola tra soggetto e verbo), non appaiono di tale gravità, anche in considerazione delle notorie condizioni di affaticamento cui sono sottoposti i partecipanti a prove concorsuali, da far ritenere irragionevole tale mancata esclusione; peraltro, osserva il Collegio, l’errore singolo e isolato (utilizzo per una volta di “ha” al posto di “a”) non appare sintomo di mancata conoscenza della lingua italiana, ma solo di una svista…”I giudici, invece, hanno dato ragione alla ricorrente, Daniela Castronovo: ecco, in sintesi, quanto è scritto in sentenza. “…nella domanda di partecipazione alla selezione…, il ricorrente incidentale ha dichiarato di aver prestato «…servizi, con rapporto di lavoro subordinato o autonomo, presso le seguenti Pubbliche Amministrazioni (art. 4, comma 6, lett. m), del bando di concorso: a. Avvocato del Comune di Catania con lo svolgimento di attività di assistenza, consulenza e patrocinio legale in ordine a questioni insorte nello svolgimento di attività amministrative dal 26.10.1999 al 31.12.07, cessato per mancato rinnovo a causa delle note difficoltà finanziarie dell’Ente…».L’istituto resistente ha considerato tali incarichi quale «…servizio equiparato ad incarico dirigenziale dal 26/10/1999 al 31/12/2007 per art. 3, n. 5 lettera e) del bando art. 4 lett. m)…» …La ricorrente lamenta che il controinteressato non poteva essere ammesso al concorso perché l’attività da questi prestata in favore del Comune di Catania non sarebbe qualificabile come “incarico dirigenziale” ovvero ritenersi a questo equiparato.”E secondo i giudici del Tar il motivo è fondato: “..Il bando di concorso prevedeva, all’art. 3, comma 1, punto 5), che i concorrenti, per essere ammessi alla selezione, dovessero (lettere a, b, e c) essere dipendenti di ruolo di pubbliche amministrazioni (in tal caso essendo muniti di ulteriori requisiti), ovvero (lettera d) essere in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche diverse da quelle ricomprese nel campo di applicazione dell’art. 1, comma 2, del D. Lgs. 165/2001 (in tal caso essendo muniti di ulteriori requisiti), ovvero (ed è quanto rileva ai fini del presente giudizio) «…aver ricoperto effettivamente incarichi dirigenziali o equiparati per legge in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni…» (lettera e).Il controinteressato ha versato in atti in allegato al ricorso incidentale copiosa documentazione da cui si evince lo svolgimento di attività professionale forense a vantaggio del Comune di Catania, in un arco temporale che va dal 1999 al 2007..Tale documentazione, pur essendo idonea a dare conto di una intensa attività professionale prestata in favore del Comune di Catania, non è sufficiente a dimostrare che il ricorrente abbia ricoperto «…effettivamente…» incarichi dirigenziali ovvero che l’attività svolta integri l’espletamento di incarichi «…equiparati per legge…» all’effettivo svolgimento di un incarico dirigenziale, secondo quanto richiesto dal citato art. 3, comma 1, n. 5, lett. e), del bando di concorso”.Hanno continuato i magistrati del Tar, nella loro sentenza, che “nelle delibere della Giunta Municipale di Catania relative alle convenzioni stipulate fra il comune di Catania ed il controinteressato… si evince che gli incarichi conferiti erano appositi incarichi professionali «… per l’assistenza e consulenza legale in ordine a questioni giuridiche insorte o che insorgeranno nello svolgimento delle funzioni amministrative…».., che il compenso sarebbe stato assoggettato ad IVA, CPA e rimborso spese generali (10% o 12,5%, a seconda del periodo), e che sarebbe stato erogato dietro rilascio di fattura; nella convenzione versata in atti con tali delibere si legge inoltre che «…Le parti dichiarano espressamente che con la predetta convenzione non hanno inteso costituire un rapporto di lavoro subordinato, a cui non hanno interesse alcuno…».Non vi è dubbio quindi che si tratti del conferimento di incarichi professionali, che non possono essere equiparati ad incarichi dirigenziali, sia per il difetto di norme che stabiliscano tale equiparazione (richiedendo il bando l’equiparazione «…per legge…»), sia perché, come dedotto nel ricorso principale, diversamente opinando «…se ne dovrebbe inferire che qualsiasi avvocato che abbia patrocinato in giudizio a favore di una p.a., possa vantare nel proprio curriculum una attività dirigenziale…»(pag. 6)”.Continuano i giudici in sentenza:”…ed infatti, le due figure (avvocato e dirigente) non sono sovrapponibili.Mentre l’esercizio della professione di avvocato, anche se svolta internamente ad una pubblica amministrazione, richiede garanzie di indipendenza nello svolgimento della attività, questo non è un tratto qualificante della attività amministrativa, anche se di livello dirigenziale.Intanto, l’espletamento di attività forense da parte di dipendenti delle pubbliche amministrazione presuppone, salvo che per i limitati casi in cui le amministrazioni possano farsi rappresentare in giudizio da propri dipendenti…, che tali dipendenti, oltre ad aver conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense, siano iscritti nell’elenco speciale, annesso all’albo degli avvocati…Quindi, è ritenuto pacifico in giurisprudenza che l’operato di tali professionisti interni deve svolgersi nell’ambito di una avvocatura interna… che deve avere peculiari caratteristiche di indipendenza all’interno della struttura dell’ente… ” I giudici citano poi giurisprudenza amministrativa di Tar e Cassazione in tema.E ancora: “..dal canto suo, l’espletamento di un incarico dirigenziale nella pubblica amministrazione si concretizza in attività che richiedono competenze tecniche specifiche, esperienza professionale, ed anche capacità personali, diverse da quelle richieste ad un avvocato.E’ infatti ormai largamente condiviso che il dirigente pubblico debba avere capacità manageriali, di gestione del personale e delle risorse economiche e strumentali, e debba saper lavorare per obiettivi, coordinando il lavoro delle persone da lui dipendenti, in virtù del raggiungimento di risultati che devono essere previamente definiti.Tali tratti non caratterizzano l’operato dell’avvocato interno alle amministrazioni pubbliche, se non nel caso di avvocati responsabili di avvocatura interna, ed anche in tal caso si differenziano, da un punto di vista ontologico prima ancora che tecnico-giuridico, dalla attività forense eventualmente svolta direttamente dall’avvocato responsabile di avvocatura interna.In una frase: avvocato e dirigente sono due mestieri (nel senso “alto” del termine) fra loro diversi.Pertanto, l’esperienza professionale maturata in ambito forense non può necessariamente essere spesa ai fini del possesso del requisito dell’effettivo espletamento delle funzioni di dirigente.Ciò è peraltro dimostrato dalla lettera del bando (ciò che sarebbe sufficiente all’accoglimento del ricorso principale sul punto), laddove richiede, quale requisito per l’ammissione (art. 3, comma 1, punto 5, lett. e), di aver ricoperto «…effettivamente…» incarichi dirigenziali ovvero, in alternativa, di aver ricoperto incarichi a questi equiparati «…per legge…», con ciò escludendosi equiparazioni in via interpretativa.”Questa, in sintesi, la sentenza del Tar di Catania, alla quale l’avv. Martines, da noi sentito, ha annunciato impugnativa in sede di Cga. Il relativo responso non dovrebbe arrivare in tempi lunghi: probabile entro un mese. Staremo a vedere.Nel frattempo, la dottoressa Castronovo non ha potuto prendere il posto dell’avv. Martines, perché il relativo contratto, prima della sentenza, è stato già firmato.Ma c’è dell’altro.Nel corso della procedura concorsuale è accaduto un fatto piuttosto imbarazzante. Ecco quanto recita il verbale del 26 luglio del 2011. E’ riunita la commissione d’esame per il concorso appunto. Che poi darà parere favorevole alla procedura e alla graduatoria finale.Comunque, ecco è scritto ad un certo punto: “preliminarmente il Presidente della Commissione, prof. Cariola, informa gli altri componenti della Commissione ed il Segretario di avere ricevuto nel corso della mattina del giorno 25.07.2011 una telefonata dal candidato avv. Patitucci, funzionario presso l’Istituto, che durante la conversazione lo stesso si è fatto sfuggire il numero assegnato alla sua prova scritta; il prof. Cariola riferisce, altresì, di avere manifestato al predetto Patitucci il suo disappunto e di avere comunicato allo stesso che, comunque, gli accorgimenti adottati dalla Commissione avrebbero garantito adeguatamente l’anominato dei candidati e delle relative prove.I componenti della Commissione, appreso quanto verificatosi, rilevano che alla fine della seconda prova scritta ogni candidato ha potuto fare associare- grazie al numero posto sulla busta contenente la prima prova scritta- i propri elaborati; si è quindi proceduto a cancellare adeguatamente il numero della prima busta, sempre alla presenza dei candidati, in maniera tale da assicurare l’anonimato delle prove. La Commissione ritiene pertanto che –per le ragioni sopra indicate- la circostanza sopra riferita non incida sulla regolarità dei lavori. La Commissione ritiene, quindi, allo stato di proseguire i lavori, dando mandato al Segretario di provvedere –a conclusione della selezione- a trasmettere copia del presente verbale alla Procura della Repubblica di Catania per ogni eventuale opportuna valutazione..”. Parrebbe che una segnalazione alla Procura sia partita anche da altro soggetto, oltre alla commissione. Ne riparleremo.

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Redazione Iene Siciliane

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