Catania, la Corte d’appello autorizza trattative per la cessione dell’Aligrup. Un provvedimento che interessa ben 5mila lavoratori

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Dai giudici placet per un percorso che potrebbe portare alla vendita di parte d’un impresa al centro del “caso Catania”

Di Iena Giudiziaria, Marco Benanti

La prima sezione della Corte d’appello di Catania (presidente Ignazio Santangelo) ha autorizzato la società “Aligrup”, ovvero l’impero commerciale creato dall’imprenditore Sebastiano Scuto, a trattare con ‘Coop Adriatica’ e ‘Coop Nordest’, ‘Conad’ ed ‘Ergon’ la cessione di un suo ramo d’azienda, quello della grande distribuzione in Sicilia. Il provvedimento interessa duemila lavoratori direttamente e tremila indirettamente. I contatti in corso riguardano 21 punti vendita alle due Coop, nove alla Conad e quattro alla Ergon. Si tratta dell’ipotesi d’affitto e di quella di vendita. La cessione è vincolata a una trattativa alla quale dovrà prendere parte anche l’amministratore giudiziario, il dott. Massimo Consoli e che dovrà essere anche motivata, soprattutto sulla congruità degli incassi dalle cessioni, anche ai giudici.

L’Aligrup è controllata, per il 15%, da un amministratore giudiziario, per le vicende giudiziarie che hanno interessato il suo proprietario, Sebastiano Scuto, il “re dei supermercati” in Sicilia, al centro del “caso Catania”, quell’intreccio di vicende politiche, giudiziarie, mediatiche, sociali ed imprenditoriali che hanno investito a lungo la Procura della Repubblica di Catania.

E’, infatti, in corso davanti ai giudici della prima sezione penale della Corte d’Appello di Catania (Presidente Ignazio Santangelo, a latere Carrubba e Muscarella), il processo di secondo grado contro Scuto e all’ex maresciallo dei carabinieri, oggi in pensione, Orazio Castro. Da un lato, a reggere l’Accusa, la Procura Generale con il Pg Gaetano Siscaro, dall’altro Sebastiano Scuto difeso dai suoi legali, i prof. Giovanni Grasso e Guido Ziccone, mentre Orazio Castro è assistito dall’avv. Tommaso Tamburino. Prossima udienza il 9 ottobre, dopo l’ultima, avvenuta il 10 luglio scorso, con il deposito di documenti della Difesa di Scuto, che, in particolare, tendono a smentire l’ipotesi accusatoria di una “esplosione” commerciale nel tempo di “Aligrup”.

In primo grado, Scuto è stato condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione per associazione mafiosa, mentre Castro, accusato di concorso esterno, è stato assolto. In primo grado, i giudici hanno disposto la confisca del 15% delle quote societarie dell’imprenditore, che, sotto l’insegna “Despar”, ha costruito un impero commerciale. Secondo l’Accusa della Procura Generale, come sostenuto in primo grado, Scuto avrebbe “finanziato in modo continuativo” la ‘famiglia Laudani “in cambio di una duratura protezione” e “riciclato in attività economica legale ingenti proventi delle attività illecite della cosca”. Sempre in primo grado, Scuto è stato assolto dall’ipotesi di reato di estorsione aggravata nei confronti di un imprenditore e dall’accusa di avere gestito a Palermo centri commerciali in comune con i boss Bernardo Provenzano e Salvatore e Alessandro Lo Piccolo e il capomafia catanese Benedetto Santapaola.

Il Tribunale, presieduto da Antonino Maiorana, ha disposto “il dissequestro e la restituzione agli aventi diritto” dei beni sequestrati e sottoposti a custodia giudiziale mentre della “quota ideale del 15%” ha ordinato la confisca. Scuto è stato inoltre interdetto per cinque anni dai pubblici uffici, dichiarato incapace di contrattare con la Pubblica amministrazione per un anno e, una volta scontata la pena, sottoposto alla libertà vigilata per un anno. Accusa e Difesa hanno proposto appello: in particolare, la prima contro le assoluzioni (per i presunti collegamenti mafiosi palermitani, per la presunta estorsione) e per la confisca dell’intero compendio sequestrato al momento della sentenza impugnata, contro l’assoluzione per Castro; invece, la seconda, in particolare, contro la condanna per associazione mafiosa e la confisca del 15% delle quote sociali.

Nella sua requisitoria, in primo grado, il Pg Gaetano Siscaro aveva chiesto la condanna di Scuto a 12 anni e sei mesi di reclusione e del maresciallo Castro a quattro anni e sei mesi. La difesa ha sempre respinto le ricostruzioni della Procura sostenendo invece che Scuto è stato “vittima di estorsione da parte della mafia” e che “pagava il clan per evitare ritorsioni personali”. In altra sede, quella delle misure di prevenzione, anche questo procedimento in secondo grado, dopo che in primo grado le richieste dell’Accusa sono state respinte, l’ultima udienza, tenutasi due giorni fa, ha visto parlare la Difesa, che ha fatto numerose richieste alla Corte, presieduta da Salvatore Costa. Se ne riparlerà il 21 novembre prossimo.

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Redazione Iene Siciliane

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