Catania, lavoro “usa e getta”: beffate trecento persone alle quali un call center non avrebbe versato i contributi. Insorge la Cisl


Pubblicato il 15 Luglio 2012

Chiude un call center e ne apre un altro. Ma non si conoscono i legami fra di loro. E ai lavoratori, cui veniva trattenuta la somma della contribuzione, non risultano versati i contributi. La denuncia della Cisl. Si muove addirittura anche il Pd. Giuseppe Berretta, parlamentare Democratico, annuncia interrogazione al ministro Fornero. Ma una domanda a noi sorge spontanea: chi ha predicato per decenni la flessibilità –sempre e comunque- non sente una qualche lontana responsabilità? E chi di dovere vorrà fare accertamenti?

a cura di Iena Operaia, Marco Benanti

Trecento lavoratori beffati con contributi non versati. Ancora comportamenti al limite della legalità in un call center di Catania. Si tratta della società INLINEA S.r.l. con sede legale a Roma, che risulta iscritta alla Camera di commercio di Roma. L’azienda misteriosamente ha chiuso i locali siti in via Monsignor Ventimiglia 145 e dalle cui ceneri attualmente è sorto un altro call center, di cui non si conoscono ancora i legami con il precedente. La notizia arriva dalla Cisl.

“I lavoratori sono inferociti – dice Maurizio Attanasio, segretario generale Felsa Cisl Sicilia – perché in questi giorni hanno appreso che oltre al danno hanno subito anche la beffa, ovvero la società quando pagava tratteneva la somma relativa alla contribuzione ma, nei fatti, non la dichiarava. Quindi, i lavoratori a loro volta pagavano le tasse su una contribuzione inesistente. Ma i beffati non sono solo i tantissimi lavoratori e stiamo stimando quante sono le persone a cui non è stato versato un centesimo di contribuzione a fronte di anni di lavoro ‘regolarmente’ prestato”.

Aggiunge Attanasio: “i lavoratori assieme alla Felsa Cisl si rendono sin da subito disponibili a collaborare affinché oltre a poter riavere quanto a loro è stato ingiustamente sottratto, questo fenomeno scompaia dalla provincia di Catania e dalla Sicilia. Per queste aziende di call center deve essere costituito un osservatorio permanente, visto anche l’approssimarsi dell’applicazione della nuova legge Fornero, che comporterà un maggior intervento per garantire la giusta applicazione a quelle migliaia di giovani lavoratori del settore che la Felsa Cisl stima attorno a 10mila l’anno”.

“Catania – sottolinea Alfio Giulio, segretario generale della Cisl etnea – è una città dai tanti paradigmi, ma anche dei tanti paradossi. Il perdurare di una così forte crisi economica ha contribuito a creare un mercato del lavoro che oggi esplode in tutta la sua dicotomia: da un lato il tentativo di ripresa di aziende virtuose che sono state capaci di affrontare la crisi e di rigenerarsi; dall’altra, avventurieri senza scrupoli, che è difficile definire imprenditori, che offrono solo lavoro ‘grigio’ e sfruttamento ai danni di tantissimi giovani e non alla disperata ricerca di un lavoro. Questo è ciò che stiamo vivendo e lo avvertiamo quotidianamente a seguito delle tante richieste di intervento fatte alle nostre sedi sindacali”.

Per Attanasio, “il 90 per cento dei giovani coinvolti sono lavoratori CO.Co.PRO, i cosiddetti “a progetto”, e quasi tutti provenienti da call center. Mentre aumenta in modo preoccupante il numero di giovani alla disperata ricerca di un incarico, di un contratto a progetto o di un qualsiasi rapporto di lavoro, contestualmente sale il numero dei lavoratori beffati e umiliati da fantomatici personaggi in qualità di amministratori unici di società ‘offshore’ che nella provincia catanese trovano come un loro paradiso fiscale. Tali aziende possono vantare da una parte migliaia di giovani disoccupati immediatamente disponibili a lavorare anche a 20 centesimi di euro per ogni telefonata a un potenziale cliente, che duri almeno tre minuti, dall’altra l’assenza di controlli, l’economicità della committenza e l’assenza totale di regole sulla committenza e concorrenza. Da qui spiegato il fenomeno della crescita abnorme di call center nella provincia catanese, prima in Italia per numero di società: da una rilevazione presso la Camera di commercio di Catania, si contano più di 120 aziende con il 70 per cento di lavoratori parasubordinati”.

Giulio e Attanasio, infine, richiamano l’attenzione “di tutti i soggetti istituzionali che hanno specifiche competenze nella provincia di Catania sulla vigilanza non solo dei rapporti di lavoro e del regolare versamento contributivo, ma anche di quelle istituzioni che hanno una diretta competenza alla lotta all’evasione fiscale. Perché va considerato che l’alto numero di lavoratori interessati e il danno economico consumato nei loro riguardi ha notevole refluenza sulla condizione economica e sociale degli stessi lavoratori e su un pezzo di economia del territorio”.

La vicenda è talmente grave che addirittura è intervenuto il Partito Democratico. Giuseppe Berretta, parlamentare Pd, ha annunciato un’interrogazione urgente al ministro Fornero. Attendiamo con ansia –e con apprensione- la risposta del ministro. Comunque ecco cosa dichiara Berretta: “E’ inaccettabile che un’azienda chiuda i battenti all’improvviso, senza dare spiegazioni e senza aver versato, chissà per quanto tempo, i contributi ai propri dipendenti a cui però tratteneva regolarmente le somme in busta paga. Lo sarebbe comunque, ma è ancora più inaccettabile che l’azienda in questione sia ancora una volta un call-center e ancora una volta a Catania, città purtroppo nota in Italia per essere la capitale del lavoro precario nelle aziende di questo settore”.

Ha affermato Berretta. “Presenterò nei prossimi giorni un’interrogazione urgente alla Camera per informare il ministro del Lavoro Elsa Fornero su quanto sta accadendo a questi lavoratori e vedrò di interessare anche i vertici dell’Inps per capirne di più – prosegue Berretta, che è anche esponente della commissione Lavoro a Montecitorio – Di recente sono intervenuto in Aula per portare in Parlamento il drammatico fenomeno delle delocalizzazioni senza alcun controllo di molti call-center catanesi all’estero, verso Paesi senza tutele sindacali e in cui i salari sono miseri, ma occorre seriamente porre un freno a queste pratiche selvagge, come quella che sta causando pesantissimi disagi ai 300 lavoratori di InLinea. Pratiche che colpiscono i tantissimi giovani catanesi, per lo più precari, che operano in questo settore”.

“Mi farò promotore di una più intensa attività di monitoraggio del settore dei call-center a Catania – conclude Berretta – per provare a garantire ai circa 7 mila giovani catanesi che vi operano maggiori tutele da un punto di vista contrattuale, evitando il ricorso al precariato, ma anche la certezza di poter mettere da parte i giusti contributi per il proprio futuro”.


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