di marco benanti
Chi controlla il territorio a Catania?
La periferia è diventata periferia in centro?
Si rischia la vita anche a dieci metri dalla questura?
Possono sembrare interrogativi di poco conto, ma sono soltanto alcuni delle possibili domande che scaturiscono dal bestiale episodio di venerdì scorso, che ha visto l’aggressione di due vigili urbani “colpevoli di multa” e un ristoratore, colpevole di “ripresa telefonica” e salvatosi solo per una serie di fortunate coincidenze.
In sostanza, motivazioni futili o meglio “da zoo safari”, roba che può andare accadere in una “città giungla”, oggetto e mai soggetto di una propaganda di Palazzo che continua a decenni a mistificare le due dinamiche di fondo, che in larga parte fanno paura. Catania è un “mostro” perchè i suoi gruppi dominanti l’hanno ridotta in questo stato: il ritornello populista del “catanese cattivo” è funzionale a chi comanda per continuare a non rispondere mai del proprio operato. Lo scriviamo da tempo: la tecnica utilizzata dal Palazzo per coprire le proprie scelte scellerate è proprio questa, spostare l’attenzione verso il basso.
Esempi: è ammissibile che un pezzo di città a due passi dalla questura sia una sorta di “zona off limits” dove può capitare quanto accaduto venerdì? Le tragedie sono “figlie” anche di una pessima gestione del territorio, dell’ abbandono dello stesso, delle distrazioni e delle eventuali connivenze. L’altra sera Roberto Tudisco, una delle vittime della bestiale aggressione, poteva essere ucciso, il rischio è stato concreto. Al di là dello sviluppo del procedimento giudiziario (attendiamo di conoscerlo nel dettaglio e nella sua conclusione), il dato generale è anche questo.
Chi gestisce la questura, che gestisce il comune di Catania ne dovrebbe o no rispondere?
Perchè? Perchè è ammissibile che mentre il sindaco e il questore sceriffi si fanno le foto e le operazioni di facciata, il primo, in particolare, contro poveracci di ogni risma, spacciandole per “affermazione della legalità” (e una parte di città, quella più ignorante e credulona, lo segue), a Catania i fenomeni criminali -quelli che fanno paura davvero- sono diffusi e radicati. Come prima più di prima. Catania ha un sindaco che va in televisione o scrive su facebook prendendosela con i sacchetti fuori orario, con la soste vietate e altre questioni non proprio “da vita o morte”.
Il crimine più insidioso e pericolo a Catania alligna altrove: qualcuno vorrà prima o poi guardare dentro la gestione del territorio, dentro le scelte urbanistiche, dentro la gestione delle attività produttive?
Qualcuno vorrà aprire davvero il capitolo tragico di una “città privatizzata”, dove il bene pubblico è costantemente oggetto di penalizzazione a favore di speculazioni di ogni tipo? Un solo esempio: con precise scelte, le ultime due amministrazioni comunali hanno SCELTO il via libera di due supermercati al posto di due scuole, una. Queste sono scelte, non sono causalità.
Sullo sfondo, però, resta il cinismo di fondo di tanta parte della “Catania Bene” che conosce perfettamente queste dinamiche e agisce oggi come in passato per trarne vantaggi privati. Un tempo, le parole magiche erano “comitati d’affari” e oggi?
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