ll podestà si gode il sole fermato da una legge punitiva piuttosto “severino” ,mentre il suo vice “fighettino” soffre pene dell’inferno a fare conti difficili da far quadrare anche per un esperto di lungo corso . Dopo tutto lui è ionico etneo e non vede l’ora di rifugiarsi nella pacifica giara(si fa per dire !) o forse vicino alla torre pronto per un bagnetto anche notturno. Meglio non leggere nulla sulla vetrina delle facce, basta forse una bella doccia e via verso un sonno ristoratore. Tanto la gente del liotru si sfoga ovunque, impreca ,deride e parla a vanvera, tanto chi se ne frega poi forse con una pacca sulla spalla si calmano. Intanto, cominciano gli esercizi spirituali di quelli che avevano “grado” nella stagione del podestà della primavera .Belle parole colme di nostalgia non solo per l’illustre fioraio ma persino per l’ex pizzo generoso elargitore di lire e tagliatore di nastri di tutti i colori bianchi, rossi e verdoni. Quant’era bella la bella epoque dei due, il basso e lo smilzo ,andavano d’amore e d’accordo, mai un litigio, quella era consociazione perfetta senza smagliature. E così ora ci dobbiamo sorbire la retorica degli eruditi della city university che non si fermano mai, fanno la finta di essere stanchi e attendono con ansia i commenti, i plausi, gli applausi dei colleghi destri, sinistri Per carità non nego che funzionava bene il pactum tra reazionari e progressisti, quando non c’era problema ad essere cappuccini o parrini, tanti non cambiava nulla. Non c’è problema a dire quel che si pensa per carità, quello che stordisce è quel tono curiale e ipocrita del tipo “…eravamo bravi, onesti, efficienti mentre adesso che miseria…”poi dopo indignazione, dolore e pianto greco. Il grande comico diceva”…ma mi faccia il piacere…”.Ora ,però, non basta più il disastro che viviamo si lanciano nella mischia le terze file delle terze file di trent’anni fa per cancellare qualche nomea pericolosa e vergognosa. Allora come direbbe il famoso puparo godetevi i vostri quattrini ereditati però per favore non rompete i cabasisi.
Ghino Di Tacchino.
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