Catania, operazione antimafia: “l’inganno” dei Riela


Pubblicato il 26 Giugno 2012

Al centro dell’ipotesi investigativa della Procura di Catania un meccanismo truffaldino, basato su prestanome. A danno dei lavoratori. E con l’apporto delle cosche. Ma tutto questo non è proprio una novità, anzi. E fra gli indagati ci sarebbero anche ex finanzieri!Di Iena Giudiziaria Marco Benanti

Il consorzio “Setra” gestito di fatto dai fratelli Riela sarebbe servito per svuotare dei suoi beni la “Riela Group”, settore autotrasporto, sequestrata e confiscata. E’ questo il “cuore” –nella ricostruzione investigativa dell’Accusa- dell’operazione “Apate” (dea dell’inganno, uno degli spiriti nel vaso di Pandora, nella mitologia greca) che ha visto impegnati i finanzieri del Gico del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, con il coordinamento della Dda della Procura della Repubblica di Catania e che ha portato, nel complesso, a ventotto persone indagate e ad oltre trenta milioni di euro di beni sequestrati.Oggi, in conferenza stampa, hanno illustrato fatti e numeri il Procuratore della Repubblica Giovanni Salvi, con accanto i Pm Antonino Fanara e Rocco, e ancora il comandante della Guardia di Finanza colonello Francesco Gazzani e quello della Tributaria colonnello Giancarlo Franzese (nella foto).Partendo da una vecchia indagine, gli investigatori avrebbero acquisito nuove responsabilità, in tema di intestazione fittizia di beni, in base alle quali il Riela avrebbero avuto l’appoggio della mafia, anche grazie all’intervento, dal carcere, dove è all’ergatolo per omicidio, di Francesco Riela, il fratello più grande (a cui è stata notificata in carcere l’ordinanza di custodia cautelare per associazione mafiosa), che avrebbe continuato, anche in galera, ad impartire ordini. Almeno secondo le investigazioni della Procura.Un’ordinanza di custodia cautelare è stata notificata anche ad un altro fratello, Filippo, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Nel complesso, ventotto gli indagati, fra cui secondo indiscrezioni ci sarebbero anche due ex militari della Guardia di Finanza: inoltre, ci sarebbero anche consulenti dell’Agenzia del Demanio.Ha dichiarato il Procuratore Salvi: “dal carcere il detenuto Riela all’ergastolo continuava a dirigere sostanzialmente la società, quindi, una società il consorzio Setra che era nelle mani della criminalità organizzata”.L’inchiesta si è avvalsa, oltre che di intercettazioni ambientali, anche dell’apporto dei pentiti, fra cui il boss Santo La Causa, collaboratore di giustizia dall’aprile scorso. Secondo La Causa, la mafia avrebbe protetto i Riela, ricevendo in cambio dei suoi “servigi” –fra cui anche in occasione della presenza di un’impresa concorrente, che sarebbe stata protetta dal clan Cappello (una novità assoluta, visto che la cosca Cappello, a sentire il pentito Gaetano D’Aquino, non avrebbe gestito imprese)- regali di lusso (sembra l’acquisto di una minicar), denaro (in un caso 50.000 euro) e anche l’assunzione di amici e familiari.Sullo sfondo di questa vicenda c’è la difficile situazione economica e il rischio per i lavoratori della “Riela Group”, in amministrazione giudiziale, a corto di commesse e con sei milioni di euro di debiti verso il consorzio “Setra”. Una questione molto delicata, sollevata da tempo anche da forze politiche e sociali. Sulla questione, parole confortanti, più di una speranza, sono venute dal Procuratore Salvi.Sul consorzio “Setra” anni fa c’era stata un’altra operazione della Procura di Catania: il sequestro era durato poco, in quanto dal Tribunale della Libertà era arrivato il dissequestro. La Procura fece ricorso, parzialmente accolto.

Sull’operazione è arrivata una prima reazione dal mondo politico.

“Pieno apprezzamento, a nome mio e di tutto il Partito Democratico etneo, per l’operazione condotta dalla Guardia di Finanza e coordinata dalla Procura etnea che ha smascherato il terribile sistema con cui i fratelli Riela hanno continuato a gestire il settore dei trasporti a Catania, un sistema che rischia di mandare in fallimento la Riela Group nonostante gli sforzi per affermare la legalità in questo settore”. Lo ha affermato il segretario provinciale del Pd etneo, Luca Spataro.

“Da tempo seguiamo con apprensione le vicende legate all’azienda confiscata negli anni ’90 ai fratelli Riela, abbiamo lanciato appelli per chiedere all’Agenzia per i beni confiscati di non trattare in maniera burocratica il caso particolare vissuto da questa azienda, siamo stati negli agrumeti confiscati ai Riela e gestiti da Libera bruciati pochi giorni fa, abbiamo incontrato i lavoratori, che si battono per la legalità e per il rilancio dell’azienda ma che rischiano tutti il licenziamento” -prosegue Spataro.

“Le notizie di oggi confermano che lo stato di difficoltà in cui si trova la Riela Group è il frutto di un disegno criminale ma anche di errori di valutazione da parte dell’Agenzia per i beni confiscati alla mafia, che è stata raggirata – conclude il segretario dei Democratici della provincia etnea – Per questo rivolgiamo un appello al prefetto Caruso, direttore dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati alla mafia, affinché segua questa vicenda con la massima attenzione e faccia il possibile per non far morire la Riela. Le soluzioni ci sono, ora occorre uno sforzo in più per affrontare una sfida che lo Stato deve vincere: riuscire a sostenere un’azienda che vuole lavorare nella legalità in Sicilia, in un settore difficile e sottoposto ad inquinamenti di carattere mafioso come la logistica”.

Cgil, Cisl e Uil catanesi plaudono agli uomini della Guardia di Finanza, alla Procura ed alla Prefettura di Catania per l’esito delle complesse indagini che in questa prima fase si sono chiuse con la custodia cautelare di due esponenti della famiglia Riela. Il sindacato ha spesso paventato il rischio che i beni confiscati alla mafia possano in qualche misura tornare nelle mani della criminalità organizzata. La vicenda di oggi, purtroppo, ne offre conferma. L’augurio è che le società confiscate vengano amministrate con sempre più sicurezza dallo Stato, che i lavoratori possano trovare una nuova dimensione di certezza occupazionale e legalità , e che questa fase accenda una nuova speranza. Ci auguriamo, infatti, che la svolta comprenda un potenziamento delle attività nel tempo, tali da dover richiedere sempre nuova manodopera, e che l’attenzione delle istituzioni tutte a partire dal Ministero degli Interni che si è tanto prodigato in questi mesi resti alta per raggiungere l’obiettivo, adesso di rilanciare nel migliori dei modi la produttività di questi beni in un contesto di crescita sociale e civile. E’ questo che i lavoratori e i siciliani onesti si aspettano.


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