Catania peggio dell’Africa, due passi nell’ “inferno” chiamato Vaccarizzo

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A settembre ho realizzato un servizio alla periferia della periferia della “città show”. E come va adesso? Qualche intervento sui rifiuti e sulla scuola, poco o nulla. Il resto è rimasto immutato. Ecco cosa fu scritto su “Magma” qualche tempo fa…mb

Resoconto di un “viaggio-cronaca”in un’area “off shore”. Dove lo Stato non dà servizi. Ma pretende le tasse per quei servizi. Eppure formalmente quest’area fa parte della città. E chi ha vissuto in Kenia dice: “Si sta meglio in Africa!”a cura di iena di strada Marco Benanti

Quando c’è da incassare lo Stato non guarda in faccia a nessuno: tasse di ogni tipo. Sui cittadini piovono Imu, Tarsu, Irpef, bollette di ogni genere e tipo. Anche per servizi inesistenti. Come il telefono. Insomma, i cittadini vengono trattati come sudditi: lo Stato ha sempre ragione. Anche quando ha torto. L’ultimo –clamoroso e vergognoso- esempio arriva dall’estrema periferia sud di Catania: il territorio –vasto e abbandonato- è quello di Vaccarizzo. Formalmente fa parte di Catania, rientra nella X Municipalità comunale; nei fatti è una “terra di nessuno” che si estende per chilometri e chilometri quadrati. Di degrado. Di incuria. Di servizi sociali ed essenziali inesistenti: luce, acqua, telefono, sicurezza stradale, scuola, viabilità. Un “pozzo” senza fondo di inefficienza. Di abbandono.Di fatto, un attentato –quotidiano- alla vita delle decine di famiglie, circa duemila persone che vi abitano tutto l’anno, in condizioni di disagio estremo. Da fare impallidire…l’Africa!Possibile? Bruno Guttà (nella foto in alto), con amarezza, non lo nasconde:”ah se fossi rimasto in Kenia!” –dice al cronista. Lui, catanese, provetto chef, in Africa c’era andato anni fa.Un “trauma”? “Ma quando mai! Mi sono trovato benissimo. In poche settimane ho potuto aprire un’attività. Ricordo la celerità per tutto. Autorizzazioni, credito…” E poi? “Anche l’informazione. Quando la gente ha un problema i giornalisti subito intervengono, ne parlano e le autorità intervegono…Come in Italia, no?”Il signor Guttà, però, per motivi familiari, è dovuto tornare nella sua terra. In Sicilia. Il “trauma” è arrivato…al suo ritorno. A Vaccarizzo. Guttà è, infatti, uno dei cittadini di “serie C” che “vivono” in questa sorta di “bolgia infernale” di marca siciliana. Lui racconta una storia in cui passa il tempo e la situazione peggiora. Una situazione degna di un “gambero istituzionale”, con lo Stato che fa andare indietro le condizioni di vita delle persone.Per decenni, infatti, sulla zona è stata incombente, l’ “accusa”: “abusivi siete”. Poi sono arrivate le sanatorie. Pressocchè per tutto. O quasi. E i servizi dello Stato?Mai!Ha aperto un’attività imprenditoriale il signor Guttà, ma ha dovuto e deve affrontare ogni giorno problemi su problemi. Per tutto: per le procedure burocratiche (al comune è finita quasi con l’arrivo della forza pubblica per i tempi “biblici” di una pratica), per i servizi(con la Telecom è finita in Tribunale, con esiti “da pazzi”). Servizi, appunto, che non ci sono. Come il telefono. La linea non c’è. Come in pressocchè tutta l’area. Ci si arrangia. E l’acqua? “Scorre –spiega Guttà- ma non è potabile. Le pare normale nel 2012?”. L’acqua potabile? Si compra. E le fognature? Mah, anche per questo, ci si arrangia. I rifiuti: una landa piena di immondizia. Il servizio, anche lì, latita. Ci sono discariche improvvisate, cumuli di rifiuti. Così quasi “naturalmente”.Con Guttà, poi, percorriamo le vie, o meglio i “percorsi da savana” di Vaccarizzo. Ed è uno spettacolo disarmante. A volte che mette paura.Come allo stradale Coda Volpe. Un vero e proprio incubo. Si rischia la pelle. Carente o inesistente l’illuminazione, assaltata, come la linea telefonica, da predoni in cerca di rame, dissestato il manto stradale, con avvallamenti continui degni di una gita sulle “montagne russe”. O di un “safari”, per restare in tema con la metafora africana. E poi su tutto: una vegetazione selvaggia –senza l’adeguata manutenzione- che letteralmente invade la sede stradale. Se non si fa attenzione, si rischia –con l’auto o la moto- di finire fuori strada o addosso ad un altro veicolo.”Ho pensato: e se usassi qualche giraffa per affrontare il problema vegetazione? Magari me le faccio mandare dal Kenia”-e giù una risata, amara. Quella di Bruno Guttà, che ci informa che ha interessato le autorità competenti per “Coda Volpe”. Arriverà una risposta? Chissà. Quindi, i tempi di risposta dell’Istituzione sono ordinaritori, quelli dell’istituzione verso i cittadini per i tributi perentori. La chiamano “giustizia”.Andiamo avanti. Ai lati delle strade, c’è di tutto: immonidizia, rifiuti di ogni genere, carcasse di vecchi utensili. Poi, c’è il “capitolo” canali e fossi otturati: in inverno, si rischia l’indondazione. Anzi, talora accade. L’acqua, a causa della mancata manutenzione, travalica. E invade strade e tutto quello che incontra intorno. Anche i cannetti che sporgono. Senza potature. Qualcuno si arrangia. Anche per questo.Nel complesso: si rischia la pelle! Anche perché davanti al caseggiato, c’è la vecchia strada che porta a Siracusa che, come per la “Coda Volpe”, è percorsa a velocità da “Formula uno”. Gli incidenti, in un contesto di assenza perenne di polizia municipale e di condizioni decenti di illuminazione, sono all’ordine del giorno. Anche lì: ci si rimette o quasi l’osso del collo. Il bello (o il brutto) è che a guardarla sembra una zona potenzialmente turistica. Ma chi ci viene in queste condizioni? Incontriamo alcuni stranieri che vogliono andare a fare il bagno: ci chiedono informazioni. A noi! “Mi piange il cuore –ci conferma Guttà- ma è accaduto anche a me. Ci sono persone che vengono da fuori che non sanno dove andare. E si chiedono perché la zona è in questa condizione…”

Arriviamo dopo aver percorso Coda Volpe ad una rotonda: “di sera –ci raccontano- è al buio.” Si rischia la pelle, anche lì. La sicurezza stradale è di fatto un “optional”. Camminiamo e incontriamo strade con poco asfalto. Le pensiline dell’Amt sembrano essere state “bombardate”. Ci sono fermate dell’autobus abbandonate. La sera, ad aspettare il bus si rischia l’incidente. Non c’è luce. Non ci sono sedili.

Saliamo ancora. Arriviamo sulla collina Primosole. Strade comunali. Passando da un nugolo di vie senza servizi, con segnaletica stradale carente o inesistente (non pochi abitanti non conoscono nemmeno i nomi delle strade della loro zona!) arriviamo davanti alla scuola comunale, che funge da materna, elementare e media. In un solo edificio. Per così dire. In realtà, è una vecchia caserma dei carabinieri. Insufficiente per l’utilizzo. Davanti c’è di tutto e di più: immondizia, manto stradale divelto, un albero che incombe sulla scuola. E la sicurezza per gli alunni? “Ogni tanto –racconta Guttà- si protesta. E il comune fa qualcosa. Ma non basta assolutamente”. Problemi e problemi: di sicurezza, di igiene. Ma il comune vuole pagati i servizi. Ma quali?Riscendiamo. Non un vigile, non una pattuglia. Nessun controllo. Di strada in strada, da viottolo a viottolo. Finiamo davanti ad un campetto da calcio. Finalmente una struttura sportiva. Servita per la comunità? Spiega Guttà: “l’hanno inaugurato il campetto ai tempi di Scapagnini. Sotto campagna elettorale. Poi è stata lasciata senza cure. Ecco il risultato…” Le porte sono bucate, il terreno senza manutenzione. Si può entrare e uscire senza controllo. Magari si potrebbe fare un pic nic?Finiamo a mare. Nel vero senso della parola. Perché scendere verso la spiaggia, significa vedere uno “spettacolo” di abbandono da “Oscar” cinematografico. Le strade sono senza asfalto o quasi, strette, pericolose, senza controllo, senza cartelli (ne abbiamo visto uno, vietava la caccia!). Sfrecciano auto. Sfrecciano motorini. E nessuno controlla. Il rischio per i pedoni di essere travolti è alto. Arriviamo in spiaggia: cumuli di immondizia. Rifiuti ovunque. Manutenzione? Boh, chissà quando. Viene trattato così il patrimonio naturalistico siciliano? Parliamo con qualche bagnante: “ma perché tutto questo abbandono? Perché questa spazzatura sulla sabbia?”- ci chiedono. E vanno via. Torniamo indietro, verso Catania, con uno “slalom gigante” superiamo un grosso topo, poi una carcassa di animale, poi una prostituta ai lati della strada che scatta davanti quasi a fermarci. Poi via, sfrecciamo via, “inseguiti” da questo ennesimo emblema del disastro politico e sociale chiamato classe dirigente siciliana.Per affronare questa situazione, è nato un comitato spontaneo, il “Movimento Uniti per Vaccarizzo”: finora sono circa 300 le firme raccolte per una petizione popolare. Per sollevare il caso. Perché Vaccarizzo è davvero un caso.Il consigliere comunale di Catania Francesco Navarria, del “gruppo misto”, a seguito di un sopralluogo effettuato a Vaccarizzo insieme ai rappresentanti del “Movimento Uniti per Vaccarizzo”, ha dovuto constatare il gravissimo stato di degrado in cui versa l’intero territorio abbandonato dall’ amministrazione comunale.Navarria ha convocato una commissione consiliare per far fronte alle richieste di intervento più urgenti: manutenzione strade, verde e nettezza urbana.Ma con riferimento all’intero quartiere sono necessari interventi strutturali molto più importanti per questo –si sottolinea da più parti- il prossimo candidato sindaco dovrà inserire nel proprio programma elettorale il risanamento dell’intero quartiere attraverso la presentazione di un progetto comunitario. E magari non farsi vedere solo per prendere voti. E poi perché non fare di Vaccarizzo un quartiere autonomo? Non pochi, da Guttà ad altri, sono di quest’idea.

“Per l’amministrazione Stancanelli –dichiara Navarria- Vaccarizzo non è in territorio del comune di Catania: strade, nettezza urbana, tombini, canali, spiagge, scuole sono nel degrado più totale come se fossimo nel far west! La città è solo ztl o piazza Università, le periferie abbandonate, l’importante per il nostro sindaco è mettere la polvere sotto il tappeto e nascondere i problemi; probabilmente non è mai andato a Vaccarizzo”.

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Redazione Iene Siciliane

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