Catania, polveriera lavoro: Aligrup gioca la “carta” della “Prodi Bis”. Ovvero, la “salva Parmalat”. Ma c’è "sfiducia" tra i lavoratori.


Pubblicato il 08 Novembre 2012

Drammatica vertenza sotto l’Etna, un simbolo di una condizione disastrosa (nella foto un momento della protesta in occasione dell’ultima visita del neopresidente della regione Rosario Crocetta)…

di Fernando M. Adonia

Arriva in extremis, “ma non è la bacchetta magica“. Si chiama “Prodi bis”. Ed è stata presentata ieri, nei locali del cinema Odeon di Catania, davanti ad una platea di lavoratori provenienti da tutta la Sicilia. E’ l’ultima proposta in ordine di tempo studiata dai lavoratori dell’Aligrup e relazionata , sotto il profilo procedurale, dall’avvocato Marco Tita, esperto in diritto societario. Si tratterebbe del medesimo strumento legislativo messo in opera per arginare lo choc occupazionale provocato dallo scandalo che nel 2003 ha travolto la Parmalat Spa di Callisto Tanzi. Una terapia d’urto, che con molta probabilità passerà anche dalla dismissione di alcuni rami d’azienda e il licenziamento di una parte del personale. Una cura dunque da somministrare ad una realtà economica percepita dai più come “ormai destinata al collasso”. L’anamnesi di Francesco Ciaccio, direttore vendite del gruppo, pronunciata dall’interno di una sala dominata dal colore grigio, è perentoria: “Stiamo andando alla morte: allo stato attuale i nostri posti di lavoro non sono salvi”. Parole che hanno lasciato di sasso una platea più che mai “sfiduciata” e “sospettosa“. Il rischio denunciato dai lavoratori, sempre più disperati, è quello di perdere definitivamente “ogni forma di garanzia sul futuro”.

 

In concreto, come ha spiegato Angelo Castagnola de Il Sole 24Ore, “la Prodi Bis mirerebbe non a liquidare l’azienda, ma a recuperarne l’equilibrio economico e finanziario, alternativamente mediante un programma di prosecuzione dell’attività. Prevedendo – continua Castagnola- la cessione dei complessi produttivi o un programma di ristrutturazione economico-finanziaria dell’impresa. L’ammissione alla procedura avviene, tuttavia, solo dopo un periodo di osservazione (circa 60 giorni, ndr), al termine del quale il tribunale decide se le prospettive di risanamento siano concrete; in caso contrario ne dichiara il fallimento”.

La prassi è la seguente: “Se il tribunale apre la procedura, il Governo nomina un commissario straordinario al quale è affidata la gestione dell’impresa. A lui spetta altresì il compito di predisporre ed eseguire il programma. Il Ministero esercita la vigilanza sulla procedura, ma il giudice riveste comunque un ruolo rilevante per tutto il suo corso. Poiché la procedura si può aprire solo se l’impresa è insolvente, così come accade per il fallimento, gli effetti sono in parte i medesimi: ad esempio, il commissario può esercitare le azioni revocatorie (purché il programma sia di cessione e non di ristrutturazione) e i creditori perdono l’esercizio delle azioni esecutive individuali”.

Intanto, l’attenzione dei lavoratori è tutta rivolta al 13 novembre, a quando cioè la sezione fallimentare del Tribunale di Catania si pronuncerà sull’ammissibilità del piano di ristrutturazione del debito di Aligrup, che ammonterebbe a 150 milioni di euro. Un parere negativo sancirebbe nei fatti il fallimento aziendale.


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