Catania postelettorale, intervista al prof. Maurizio Caserta: la città che non cambia e tanto altro…

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Abbiamo rivolto una serie di quesiti a chi (nella foto) ha proposto e propone altro per una realtà che ogni giorno di più fa paura per quanto è immobile….

di iena politica marco benanti

Prof. Caserta a distanza di quasi un mese dal voto catanese quale quadro della città e dei suoi assetti di Potere viene fuori?

In campagna elettorale avevamo visto giusto. Il nuovo governo della città non é certo un fattore di cambiamento. É nato per tutelare l’equilibrio affaristico-istituzionale esistente in città e questo farà. Una cosa non molto diversa da quella che intende fare il governo regionale, che si rivela sempre di più il governo dei proclami e delle successive marce indietro. Se emergessero fattori di cambiamento saremmo i primi a offrire collaborazione. La città soffre di una concentrazione di potere economico che gode di cospicue rendite di posizione. Se non si riducono quelle rendite non potrà mai partire un processo di sviluppo virtuoso.

A mente fredda, il suo risultato come va giudicato? Ci sono stati errori?

Abbiamo condotto una campagna elettorale appassionata e innovativa, ma non certo priva di errori. É stata una esperienza umana e politica straordinaria. Il 7.3 per cento dei consensi mostra che esiste una voglia di cambiamento non ancora maggioritaria, ma non certo insignificante. Le donne e gli uomini che si sono riconosciuti in questo progetto si sono preoccupati, il giorno dopo i risultati elettorali, di farmi sapere di essere tutti disponibili a proseguire l’esperienza con la stessa intensità e passione della campagna elettorale.

Non siete entrati in consiglio comunale: ammette che è stato un fallimento?

Si trattava di un obiettivo raggiungibile che abbiamo mancato per circa un migliaio di voti. Un piccolo sforzo in più da parte di tutti i candidati e l’obiettivo sarebbe stato raggiunto. Non parlerei di fallimento tuttavia. Una competizione elettorale é una battaglia su diversi campi. Non vi é dubbio che abbiamo perduto quella sul campo principale. Ma abbiamo vinto, anche per generosa ammissione dei nostri principali avversari, quella della qualità della campagna, della qualità del programma, della qualità degli assessori designati. É come aver vinto il premio della critica, ma non quello della giuria popolare. Ma non vi é dubbio che deve governare chi vince il premio della giuria popolare, non certo chi vince quello della critica.

Se potesse tornare indietro, rifarebbe quello che ha fatto? O cambierebbe qualcosa?

Questa campagna elettorale si é presentata sempre di più, a me e tutti gli amici coinvolti nel progetto, un passo di un percorso più lungo e significativo. Sono convinto di essere arrivato ad un punto della mia vita professionale che può permettere un impegno politico, anche se non a qualsiasi costo. No, non cambierei nulla di sostanziale. L’approccio é stato quello giusto: un occhio alla città che vorremmo, ma attenzione per il disagio diffuso. Il metodo é stato quello giusto: un approfondimento continuo della conoscenza dei luoghi e delle tematiche. Lo spirito é stato quello giusto: la sfida alla vecchia politica e l’orgoglio di essere il nuovo. Infine i contenuti: la città ha bisogno di rianimazione; di interventi immediati di rilancio dei sistemi economici locali. Temo che il programma di questa amministrazione sia un occhio ai grandi lavori, ma solo per rafforzare le rendite dei principali detentori del potere economico della città. Perché questa operazione sia anche un’operazione di rilancio economico occorre che sia fatta velocemente. Ma ciò richiede una autorevolezza, per mediare tra i diversi interessi coinvolti, che questa amministrazione e nemmeno la sua guida possiede più.

La vittoria di Enzo Bianco come va letta in generale? E’ una rivoluzione o qualcosa di simile oppure una restaurazione e/o continuazione?

Come ho già detto, questa amministrazione é nata per lasciare tutto com’é. É figlia di un sistema politico che sta cercando di conservare le sue prerogative. É stato questo il messaggio principale della campagna elettorale dei due principali contendenti. Quindi nessuna rivoluzione e nessuna restaurazione. Ma la semplice continuità, che spesso é una prospettiva rassicurante. Ma la continuità é la peggiore ricetta in un passaggio storico come il nostro. Proprio in questi giorni sono stati diffusi i dati sulla crescita in Sicilia nel 2013: si prevede una crescita negativa del 3.8 per cento. In circostanze drammatiche come queste occorre adottare provvedimenti assolutamente di rottura.

Dalle prime mosse della nuova amministrazione, che cosa c’è da aspettarsi per il prossimo futuro?

L’unico atto significativo é stato il completamento della Giunta. Non mi sembra però che siano prevalse regole diverse da quelle che avevano spiegato la indicazione della prima parte della giunta. Questo é un governo di emergenza, solo che l’emergenza riguarda il sindaco e le forze politiche che lo sostengono. Né il sindaco né quelle forze politiche potevano perdere queste elezioni. Questo é stato il principale collante della coalizione, che non si caratterizza per coerenza, omogeneità del progetto politico, competenza complessiva della squadra di governo. Il futuro quindi ci riserverà un governo non molto diverso da quello regionale, fatto di grandi proclami e pochi atti di governo. Ma gli atti da compiere non mancano. Li ha ben illustrati in questi giorni nella sua visita in Sicilia il ministro per la coesione territoriale Carlo Trigilia. Prima il malato va rianimato, poi sottoposto ad una terapia di ricostituente, poi l’ambiente nel quale vive va bonificato. Noi abbiamo presentato un programma per la città esattamente in linea con queste indicazioni. Se il Sindaco vuole il nostro programma é a sua disposizione.

La scelta degli assessori e delle deleghe a quali logiche sono da ascriversi?

Non mi pare vi sia alcun dubbio che la logica é quella dell’equilibrio tra le formazioni che sostengono il Sindaco. Non é una logica necessariamente perversa. La giunta é un organo politico e deve assumersi responsabilità politiche. Il problema é che non conosciamo la strategia di questo governo. Non sappiamo, per esempio, qual é la linea sulla politica sociale, sulla politica ambientale o sulla politica di bilancio. Forse dovremmo desumerla dalla provenienza politica dell’assessore di riferimento? Anche li però sarebbe difficile andare a scoprire quale strategia l’assessore ha in mente. Confermo che la logica é ancora quella basata sulla necessità di vincere le elezioni. Non c’é una strategia perché non c’é una idealità dietro questo governo.

 E’ vero che il comune rischia il dissesto? A suo avviso, sarà dichiarato?

Che il Comune rischi il dissesto é ormai conclamato dai rilievi della Corte dei Conti e dai conseguenti comportamenti della amministrazione precedente. Che il peso dei debiti sia diventato insostenibile, malgrado il maggior rigore degli ultimi anni, mi pare abbastanza chiaro. Vi é una strada diversa dal dissesto e dal piano di riequilibrio? Come abbiamo tante volte affermato in campagna elettorale la risposta é positiva. La strada é il rilancio economico locale. Se l’economia riprende ci sono effetti positivi sia sulla spesa sia sulle entrate. Sulla spesa perché si riducono gli interventi di sostegno al disagio economico e sociale; sulle entrate perché aumentano gli imponibili e i valori da tassare. In un quadro credibile di questo tipo, anche se con effetti non immediatamente visibili, sarebbe più semplice evitare la dichiarazione di dissesto.

Sui grandi affari della città (Prg, Pua, Corso dei Martiri, etc) quali saranno a suo avviso le direttive generali di questa amministrazione? In continuità con il passato?

Credo che questa amministrazione sia nata anche per garantire continuità sui grandi affari della città. Anche l’altra amministrazione avrebbe fatto la stessa cosa. Solo che ad un certo punto della campagna elettorale la proposta Bianco é apparsa più forte dell’altra, con la conseguenza di far convergere su di essa tutti gli interessi forti. Non sorprende: se hai interessi forti da difendere non puoi stare con chi perde. Rispetto ai grandi progetti della città – senza entrare nel merito per adesso – ciò che é mancato, e temo mancherà ancora, é un coinvolgimento pieno della città. Si tratta di opere – come nel caso di Corso Martiri o nel caso del Pua – che potrebbero cambiare il volto della città. Non può essere una questione da addetti ai lavori. Se la città non fa suoi quei progetti, avrà solo posizioni pregiudiziali, positive o negative. Sarebbe auspicabile che questa amministrazione, se avesse veramente a cuore le sorti della città, cercasse di spiegare in modo semplice e diretto qual é il contenuto dei diversi progetti e permetta alla città di apprezzare i meriti od i limiti.

 Quanto “voto libero” c’è realmente a Catania? Quanto pesa davvero il “voto comprato” o comunque condizionato?

Su questo punto vorrei essere molto chiaro. Nel mercato politico si scambiano tante cose incluso i voti. Quando si chiede un voto si offre sempre qualcosa in cambio: da una prospettiva di cambiamento della società ad una somma di denaro. Più lo scambio é orientato verso il primo di questi due estremi più virtuosi sono gli effetti sulla società. Più é orientato verso il secondo maggiori sono i danni prodotti. Non siamo molto lontani dal vero se affermiamo che a Catania é prevalso il secondo dei due modelli. La responsabilità sta in chi propone e in chi accetta. La classe politica dovrebbe in quanto tale mostrare più responsabilità ed adoperarsi per smantellare un modello di questo genere. Ma a volte il costo di perdere le elezioni é così alto da giustificare da parte di alcuni candidati il ricorso a meccanismi di raccolta del consenso molto rudimentali, come quelli che permettono di ‘comprare’ un voto con il denaro, con una spesa al supermercato, con un invito a cena, con l’offerta di pagare alcuni debiti e così via.

Lei è stato attaccato in quanto avrebbe “beneficiato della vecchia politica” in particolare dell’area Lombardo. E oggi c’è chi con l’area Lombardo governa assieme, dopo averla combattuta: quali riflessioni le suscita questa condizione?

Credo che questo tipo di attacchi facciano parte del gioco politico ed elettorale. Poi ci sono quelli che fanno attacchi intelligenti e quelli che fanno attacchi che un attimo dopo si rivelano patetici. Si rivela patetico, per esempio, l’attacco di chi rimprovera un comportamento e poi lo adotta in forma più clamorosa. Penso per esempio al prof Orazio Licandro che ha dovuto faticare tanto per giustificare la sua partecipazione alla giunta Bianco avendo sempre presentato il suo appoggio alla proposta Bianco come l’appoggio ad un campione dell’antilombardismo.

Quali spazi reali di dissenso e/o opposizione vera ci sono oggi a Catania?

É nota la salita sul carro del vincitore. Succede anche questo a Catania. Non credo che sorprenda nessuno. La crisi che ha colpito le famiglie e le imprese é così pesante che pochi possono permettersi di avere cattivi rapporti con l’amministrazione locale, che ancora, malgrado tutto, viene percepita come un dispensatore di aiuti e sussidi. Ma c’è un’altra Catania che da un lato percepisce che quel ruolo di dispensatore é finito, dall’altro non intende cadere nel tranello del rapporto clientelare. Questa Catania chiede alla pubblica amministrazione ed alla politica di cambiare comportamento. Chiede di adottare regole certe e durature. Chiede di ridurre gli sprechi. Chiede alla politica di ridimensionarsi. Quest’altra Catania esiste e comincia a trovare gli spazi dai quali far sentire la sua voce e le sue idee. Se non saprà farsi sentire non potrà solo dare la colpa al sistema politico e della comunicazione. Per farsi sentire bisogna alzare la voce.

A suo avviso, i media locali che ruolo giocano e hanno giocato nelle elezioni e nella creazione del consenso?

Credo abbiano giocato un ruolo marginale. In quei quartieri assai popolosi della periferia della città i media hanno un impatto pressoché nullo. In città si é discusso spesso del potere del quotidiano La Sicilia e del suo Direttore. Io credo che questo potere sia reale anche se non dirompente. É un peccato, tuttavia, che esso non venga esercitato in maniera esplicita e coraggiosa verso un candidato piuttosto che un altro. Credo che un limite delle lobby locali sia proprio quello di nascondersi ancora dietro impossibili e a volte ridicole terzietà. Maggiore maturità richiederebbe di dire con coraggio quale opzione si preferisce fornendone pure una giustificazione.

Prof, ma chi gliel’ha fatto fare a mettersi in questa competizione? Non poteva restare comodamente a fare il docente?

É difficile giustificare questa scelta sulla base di elementi di razionalità. Le scienze sociali spiegano il comportamento di ciascuno di noi come il risultato di un calcolo di costi e benefici. Ho sempre creduto che questa spiegazione non dia conto per intero del nostro comportamento. C’é molto di più in ciascuno di noi del semplice calcolo razionale. Un luogo comune della politica é pensare che tutti agiscono sulla base dell’interesse personale. In verità se questa fosse l’unica chiave di lettura non riusciremmo a spiegare gran parte dei nostri comportamenti. Pertanto, rispondendo alla sua domanda, posso dirle che me l’ha fatto fare la voglia di essere fattore di cambiamento, la voglia di aiutare questa città ad uscire dallo stato di degrado economico, sociale e civile, insieme alla voglia di leadership, alla voglia di stare in mostra, alla voglia di riconoscimento pubblico. Posso dirle anche che ricomincerei subito. Anzi abbiamo già ricominciato.

 Cosa farà il suo movimento per tenere viva l’attenzione sulla condizione della città? Avete già dei progetti?

Come ho già detto c’é una gran voglia di non appiattirsi sull’assetto segnato dal successo di Enzo Bianco. Nessuno di noi, per temperamento e storia personale, é incline a salire sul carro del vincitore. Siamo orgogliosi della nostra identità per volerci confondere con altre formazioni. Come ho già detto il successo del sedicente centrosinistra non é legato ad un progetto ma solo al consolidamento di un potere che ancora deve stabilizzarsi. La stagione Crocetta é ancora troppo fragile per potersi affermare pienamente. Catania rappresenta un passo in quella direzione. Il modo in cui é avvenuto tuttavia mostra che le basi per quella affermazione sono ancora molto fragili. Non ci sarà difficile pertanto far emergere le debolezze di questa nuova stagione, destinata più al consolidamento dei poteri esistenti che ad un vero progetto di rilancio dell’isola e della nostra città. Non c’é un’idea di Sicilia, non c’é un’idea di città. Vi é stata la corsa a occupare posizioni che il mutevole quadro politico stava rendendo difficili da mantenere. Ciò ha richiesto una certa disinvoltura nella costruzione degli accordi politici e nei comportamenti all’interno del mercato della politica. Credo che queste elezioni abbiano segnato un significativo passo indietro nello stile e nella sostanza democratica. Come vede per tutti noi c’è adesso un gran daffare.

 Ultima domanda: il compianto giudice Scidà sosteneva che a Catania la destra e la sinistra praticamente si uniscono politicamente nel saccheggio della città. E’ una semplificazione o una dura realtà?

Ho sostenuto proprio questo durante la campagna elettorale. Le due proposte politiche principali erano sostanzialmente identiche sotto il profilo dell’assetto affaristico-istituzionale da difendere e promuovere. Erano entrambe conservatrici sotto questo profilo. In verità lo erano anche sotto il profilo dello stile e dei contenuti. Credo che oggi sia più utile parlare di conservatori e di riformisti. Il quadro nazionale é un quadro in via di ridefinizione e ricomposizione. Le stesse parole sinistra e destra cominciano ad assumere significati nuovi. Sono stato spesso attaccato per aver detto queste cose. Oggi il mio impegno sarà rivolto non soltanto a costruire una proposta per la città all’altezza delle sue difficoltà ma anche ad offrire un contributo ad una ridefinizione della politica democratica e liberale all’altezza dei tempi.

    

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Redazione Iene Siciliane

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