Catania, “RE dei supermercati”: domani comincia il processo d’appello per Sebastiano Scuto


Pubblicato il 26 Marzo 2012

Davanti ai giudici torna l’imprenditore della grande distribuzione. Con lui anche l’ex maresciallo dei carabinieri Orazio Castro.di Iena Giudiziaria, Marco Benanti

Domattina prende avvio, davanti ai giudici della prima sezione penale della Corte d’Appello di Catania (Presidente Ignazio Santangelo, a latere Carrubba e Muscarella), il processo di secondo grado contro il “re dei supermercati” Sebastiano Scuto e all’ex maresciallo dei carabinieri, oggi in pensione, Orazio Castro. Dopo il rinvio del dicembre scorso, da domani si comincia: da un lato, a reggere l’Accusa, la Procura Generale con il Pg Gaetano Siscaro, dall’altro Sebastiano Scuto difeso dai suoi legali, i prof. Giovanni Grasso e Guido Ziccone, mentre Orazio Castro è assistito dall’avv. Tommaso Tamburino. Secondo indiscrezioni, sarebbero già programmate cinque udienze prima della prossima estate: in questo modo, si ipotizza che l’appello potrebbe arrivare a sentenza entro un anno.

In primo grado, Scuto è stato condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione per associazione mafiosa, mentre Castro, accusato di concorso esterno, è stato assolto. In primo grado, i giudici hanno disposto la confisca del 15% delle quote societarie dell’imprenditore, che, sotto l’insegna “Despar”, ha costruito un impero commerciale. Secondo l’Accusa della Procura Generale, come sostenuto in primo grado, Scuto avrebbe “finanziato in modo continuativo” la ‘famiglia Laudani “in cambio di una duratura protezione” e “riciclato in attività economica legale ingenti proventi delle attività illecite della cosca”. Sempre in primo grado, Scuto è stato assolto dall’ipotesi di reato di estorsione aggravata nei confronti di un imprenditore e dall’accusa di avere gestito a Palermo centri commerciali in comune con i boss Bernardo Provenzano e Salvatore e Alessandro Lo Piccolo e il capomafia catanese Benedetto Santapaola.

Il Tribunale, presieduto da Antonino Maiorana, ha disposto “il dissequestro e la restituzione agli aventi diritto” dei beni sequestrati e sottoposti a custodia giudiziale mentre della “quota ideale del 15%” ha ordinato la confisca. Scuto è stato inoltre interdetto per cinque anni dai pubblici uffici, dichiarato incapace di contrattare con la Pubblica amministrazione per un anno e, una volta scontata la pena, sottoposto alla libertà vigilata per un anno.

Accusa e Difesa hanno proposto appello: in particolare, la prima contro le assoluzioni (per i presunti collegamenti mafiosi palermitani, per la presunta estorsione) e per la confisca dell’intero compendio sequestrato al momento della sentenza impugnata, contro l’assoluzione per Castro; invece, la seconda, in particolare, contro la condanna per associazione mafiosa e la confisca del 15% delle quote sociali.

Nella sua requisitoria, in primo grado, il Pg Gaetano Siscaro aveva chiesto la condanna di Scuto a 12 anni e sei mesi di reclusione e del maresciallo Castro a quattro anni e sei mesi. La difesa ha sempre respinto le ricostruzioni della Procura sostenendo invece che Scuto è stato “vittima di estorsione da parte della mafia” e che “pagava il clan per evitare ritorsioni personali”. Quello di Scuto è uno dei capitoli del “Caso Catania”, quell’intreccio di vicende giudiziarie, politiche, mediatiche, sociali e culturali che hanno al centro il sistema di Potere del capoluogo etneo.


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