di iena nera
È sempre sottile, quando si presenta un libro che parla di mafia, il confine tra l’evento letterario e l’occasione per riflettere e parlare di legalità. Questo stesso copione si è ripetuto anche a Catania in occasione della presentazione del libro, anzi del racconto, che ricorda la vita e, ahi noi, la morte dell’onorevole Francesco Fortugno (nella foto), consigliere regionale calabrese ucciso dalla ‘ndrangheta nella locride.
Animatore dell’evento, che si è tenuto alla libreria Mondolibri di via Umberto a Catania, il giudice Santino Mirabella, apprezzato Gip presso il Tribunale di Catania, noto ai piú anche per la sua passione per la poesia e la letteratura. Tante le persone presenti in sala e tutte attente quando la vedova del politico ucciso è intervenuta per ricordare la storia del marito e le ragioni di una morte che è stata voluta dalla malavita organizzata – come ha evidenziato anche il pubblico mistero Pasquale Pacifico – perché fosse da ammonimento a quanti, in Calabria, pensavano che si potesse fare politica senza il consenso e la benedizione ‘ndranghetista.
La storia di Fortugno è a ben riflettere un simbolo prezioso. È storia di fatti noti, il rapporto tra mafie e sanità, ed è allo stesso tempo storia di coraggio civile, un coraggio che, fuori dalla contraddizione anti-casta a tutti i costi, può essere espresso anche da chi fa politica, perché la distinzione non è tra male (la politica) e bene (la società), ma tra impegno concreto e parole vuote, tra un vivere etico e la disponibilità a ogni forma di compromesso.
Nella tragicità di una morte inaccettabile e ingiusta, tra i tanti spunti di narrazione e riflessione emersi nel corso della serata, forse questo è il meno esplorato e il piú convincente: la ‘ndrangheta ha scelto Fortugno, uccidendolo durante la campagna elettorale delle primarie, in pieno giorno e davanti a tutti i suoi concittadini, perché doveva affermare un controllo sulla politica, essendoci anche una politica pulita e percependone la pericolosità per i propri loschi affari.
In questa chiave di lettura c’è l’ammonimento e la speranza: non serve combattere la politica tout-court perché una democrazia senza politica è come una società senza diritto; bisogna premiare, invece, la buona politica – che esiste ed è fatta di etica comportamentale e rettitudine morale – consentendo, con la spinta della gente e la forza del consenso, di modificare una società che sembra aver perso riferimenti ideali.
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