Assoluzione per l’aggravante mafiosa contestata e prescrizione per l’ipotesi di intestazione fittizia di beni: così hanno deciso, stamane, i giudici della terza sezione penale del Tribunale di Catania (Presidente Filippo Milazzo) per il processo contro il consigliere comunale e presidente della commissione finanze Vincenzo Castelli (Pdl), imputato insieme a Rosario Litteri e Natale Ursino di intestazione fittizia di beni aggravata dall’art 7, cioè dall’aggravante di avere agevolato o favorito la mafia. Entro sessanta giorni saranno rese note le motivazioni della sentenza.
L’Accusa, con il Pm Francesco Testa, aveva chiesto per Castelli cinque anni di reclusione. La vicenda, per fatti risalenti al 2000 quando Castelli non era ancora consigliere comunale, è quella legata ad una cava di Mistretta, che sarebbe stata al centro di interessi mafiosi.
Soddisfazione fra gli avvocati degli imputati, Mario Brancato per Castelli, Enzo Merlino per Ursino ed Eugenio De Luca per Litteri. “Si era costruito un castello accusatorio fondato sulla sabbia” -ha dichiarato ai cronisti l’avv. Brancato.
Nello stesso procedimento è imputato anche Giorgio Cannizzaro (difeso dall’avv. Franco Passanisi), la cui posizione dovrà essere valutata dalla Corte d’Appello dopo l’annullamento in Cassazione.
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