CATANIA SHOW, ETICA – GIUSTIZIA PENALE – MASSMEDIA : Se si pubblica ciò che è reato oscurando, con le iniziali, invece l’identità di presunti delinquenti ….


Pubblicato il 24 Luglio 2014

Redazione Iene Sicule

Lo slogan di un famoso spot di “Carosello” – “contro il logorio della vita moderna bevete Cynar” – ci sta aiutando in questi giorni a superare la nausea causataci dalle ” colleghe ” testate telematiche.

In particolare, ci riferiamo alla mancata pubblicazione delle generalità complete, invece delle solo iniziali, incomplete per giunta, del presunto cecchino di via Asiago, CORSETTI LUIGI AGATINO e del suo presunto complice, Alessio Cosenza.

Quando tutte le “colleghe” testate pubblicavano il 27 giugno scorso “presi i cecchini di Via Asiago: sono C. L. e C. A.”, noi ci rifiutavamo di pubblicare una velina travestita da notizia e il giorno dopo lanciavamo un appello, inascoltato, al signor Procuratore della Repubblica, dottor Giovanni Salvi, per una direttiva chiara: in caso di misure cautelari personali applicate a soggetti maggiorenni, rendere obbligatoria e non discrezionale, il rilascio delle generalità dei soggetti sotto posti alle misure restrittive della libertà personale.

Tutti sanno come è andata: ventuno giorni dopo, le misure cautelari convalidate, una sola richiesta di riesame al vaglio della magistratura; abbiamo sanato lo sbrego all’informazione, pubblicando le generalità complete dei presunti delinquenti, e per il cecchino la foto del  “gemello” vincitore dell’Italian Poker Open 2013.

Si sa che il mondo, in ispecie per la giustizia funziona alla rovescia, così il 21 luglio scorso Sud Giornalismo d’inchiesta, ha pubblicato, integralmente, l’ordinanza del Tribunale di Palermo ex art. 292 del c.p.p., violando l’art. 684 c.p., rubricato come pubblicazione arbitraria di atti “chiunque pubblica, in tutto o in parte, anche per riassunto o a guisa d’informazione, atti o documenti di un procedimento penale, di cui sia vietata per legge la pubblicazione, è punito con l’arresto fino a trenta giorni o con l’ammenda da euro 51 a euro 258”.
La norma di base, l’art. 684, rinvia, per il suo completamento, alle disposizioni del codice di procedura penale con l’art. 114 c.p.p., rubricato come divieto di pubblicazione di atti e di immagini, più volte integrato e modificato (art. 14, legge 16 dicembre 1999, n . 479; art. 10, legge 3 maggio 2004, n. 112).
Il primo comma stabilisce un divieto generale ed assoluto: “è vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto”. Divieto assoluto, poiché coinvolge sia gli atti sia il contenuto degli stessi.Dopo il divieto assoluto di cui al primo comma, il capoverso dispone che “è vietata la pubblicazione, anche parziale degli atti, non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”.

 
Dalle norme sinteticamente richiamate ci pare, pur non essendo luminari in diritto, che non possono pubblicarsi atti giudiziari, quanto meno “fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”.

 A cosa giova questa pubblicazione “esclusiva” Sud giornalismo d’inchiesta? A scatenare un sommario processo mediatico di tre gradi di giudizio fuori dalle aule Giudiziarie? Oppure è funzionale a mirati attacchi personali, per artatamente far montare lo sdegno sociale?

Noi, restiamo dalla nostra parte: quella “sbagliata”.

 


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