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Catania, sindacato e politica, il “caso” Cgil – on. Giuseppe Berretta: una “coppia innamorata”?
Pubblicato il 10 Agosto 2012
Notizie e riflessioni “poco ortodosse” su una vicenda di cui si parla da qualche tempo e non solo sotto l’Etna….
di Iena SindacaleBeh, meno male che la segreteria provinciale della Cgil di Catania, aveva risposto alle accuse di alcuni politici, che li avevano additati di essere un “comitato elettorale”, dichiarandosi fedeli al loro principio di autonomia (un po’ ambiguo aggiungo io!). Accusano taluni politici di confondere le simpatie di alcuni rappresentanti con lo schieramento di un intero sindacato.
Qualcuno, allora, mi sa spiegare come mai, e soprattutto lo scopo, sul sito della Slc Cgil di Catania si legge un intero articolo scritto da Giuseppe Berretta, nel quale si autoloda del lavoro che fa tutti i giorni per la nostra città e per i suoi lavoratori? La lode, poi, si sdoppia in quanto, a dire dello stesso Berretta, la Cgil (guarda che coincidenza) ha sempre dato una grande mano con delle proposte condivise anche da lui, per trovare delle soluzioni ai problemi dei lavoratori. Sembrano proprio le dichiarazioni di una coppia innamorata ed ormai indissolubile!
Certo non è facile discutere oggi del rapporto tra sindacato e la politica. Di certo ci sono a mio avviso delle precondizioni da analizzare attentamente. La prima, la più importante per definire il rapporto tra politica e sindacato, è l’indipendenza e l’autonomia tra questi due soggetti sociali. Chiaramente l’intervento nell’ambito del mondo sindacale e del lavoro è un capitolo importante nell’agenda della politica e dei partiti e diventa uno dei principali elementi caratterizzanti per un partito comunista o, più in generale, per coloro che si dichiarano ancora comunisti. Questo soprattutto perché ciò che è, o meglio dovrebbe essere, prioritario in un partito comunista è sicuramente la centralità del lavoro che, oltre ad essere argomento fondamentale, è anche una chiave di lettura attraverso la quale comprendere ed interpretare la realtà sociale e le sue contraddizioni.
E’ quindi evidente che da sempre politica e sindacato sono permeabili tra loro, si intersecano e molto spesso diventano complementari. Molte volte è accaduto, ed e’ evidente che tutt’oggi ancora accade, che un partito abbia vissuto il rapporto con il sindacato come una “fabbrica di consensi”. Il sindacato diventa cioè la cinghia di trasmissione degli obiettivi del partito e deve fornirgli, spesso a “basso costo”, manodopera e strumenti per costruire consenso e visibilità. In cambio di ciò si “forniscono” la possibilità di carriera a livello politico ed istituzionale e appoggi per ottenere posti di prestigio anche nell’ambito delle controparti aziendali. Si instaura quindi una “complicità” che giustifica tutto, che veste di “politicamente corretto” il peggiore accordo sindacale e di “socialmente utile” le più inutili iniziative di partito. Da questo ragionamento deriva una estrema convinzione: partito e sindacato devono vivere la loro indipendenza ed autonomia, nel confronto e nello scontro, se necessario, perché solo questo tipo di approccio permette di affrontare in modo coerente e senza eccessive contraddizioni i rispettivi ruoli e al tempo stesso di affrontare insieme, anche se con approcci diversi, i temi fondamentali che contraddistinguono il conflitto…
E’ su questo che chiamiamo tutti ad una approfondita riflessione: troppo spesso questo fenomeno, questa realtà, questa pratica, è stata considerata marginale e per tale motivo si è pensato prioritario un intervento di modifica delle modalità di lavoro sindacale nella Cgil. Tutto ciò a cui assistiamo nelle contraddizioni e negli scontri nella sinistra di questo Paese, passa anche attraverso l’interpretazione innaturale e per certi versi suicida, di voler continuare a vedere ciò che questo sindacato che ha fatto la storia del Paese, purtroppo non è più.
Le forze sane, che sono tante all’interno della Cgil e soprattutto tra i lavoratori che aderiscono a questo sindacato, devono necessariamente e rapidamente tentare di spostare il proprio punto di osservazione ed utilizzare diverse chiavi di lettura. Oggi, piu’ che mai, si dovrebbe tentare di ricostruire un “modello sindacale” che parte da obiettivi chiari e si rivolge ad una platea di lavoratori che, non dimentichiamocelo, è oggi completamente diversa da quella di pochi anni fa.
Ci rivolgiamo al disoccupato, al precario, al lavoratore in cassa integrazione, al lavoratore al quale hanno modificato modelli di riferimento salariali e normativi. Ad un nuovo modo di sfruttare il lavoro dobbiamo contrapporre un nuovo modo di opporsi, anche di un nuovo approccio che veda il sindacato intervenire sul territorio. Spero che da oggi i lavoratori ed i cittadini catanesi aprano un po’ di piu’ gli occhi, e capiscano chi veramente sta dalla loro parte .
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