Dalle parole ai fatti: per tanti ragazzi solo parole. E i dipendenti fanno lo sciopero della fame…Però che bello l’immobile dell’ Ipab…. di iena senza solidarietà marco benanti
Senza stipendio da tredici mesi, senza probabilmente “santi in paradiso” visto che altri istituti (privati, of course) non vivono situazioni estreme come loro, alle prese con un dramma vero, ovvero avere a che fare con il comune di Catania: questa la condizione dei trenta dipendenti dell’ istituto “Regina Elena”, un Ipab, un ente cioè che si occupa degli “ultimi”, ragazzi in particolare in condizioni di estremo disagio sociale ed economico, extracomunitari e italiani dei quartieri popolari catanesi. Buoni per fare convegni, tante volte, troppe volte.Sono arrivati allo “sciopero della fame” i dipendenti, per protestare contro questa condizione e sollecitare le istituzioni, a cominciare dal comune di Catania: un’impresa disperata, insomma. A Catania si parla tanto della retrocessione della squadra pallonara e del prossimo “film commedia” dell’amministrazione Bianco.Siamo andati sul luogo -abbiamo visitato un bellissimo immobile, che, in caso di “fallimento” dell’Ipab, dovrebbe finire al comune di Catania…- e abbiamo parlato con il direttore Vincenzo Serrentino e i lavoratori (nella foto). Il quadro che viene fuori è un “remake” della “solidarietà all’italiana” declamata nei comunicati stampa e nei convegni-paasserella. Poi, il quotidiano è quello di sempre: difficoltà su difficoltà. Perché non arrivano i soldi per andare avanti? Ci rispondono: problemi burocratici o simili. Le facce di Serrentino e dei dipendenti sono quelle di gente che vive con ironia tutta catanese una situazione pirandelliana: mentre aumenta il disagio sociale, dimiinuisce l’intervento dello Stato. Che ha la “faccia” del comune e del Ministero degli Interni che interviene anche lui per pagare le rette: manca all’appello solo un milione di euro. Bazzecole. Ma, come sapete, a Catania quando c’è pagare qualche “affitto d’oro” a qualche privato i soldi pubblici ci sono sempre. Come ci si sono sempre per qualche “barone” del “giornalismo alla catanese”.Al “Regina Elena” ci si prende cura –dallo studio all’alimentazione- di 21 ragazzi extracomunitari e di 18 giovani della “fascia indigente” catanese. Fino a qualche anno i numeri erano nettamente superiori: poi il “crollo”. Lo Stato si è fatto da parte. Ma non l’emergenza sociale. “La nostra colpa?” –si chiede amaramente Serrentino e risponde: “fare questo servizio per questi ragazzi”. Eppure, le “anime candide” si emozionano per gli sbarchi in Sicilia: ma arrivati sulla costa chi ci pensa più? Da lì, il passaggio al disinteresse è la normalità o quasi.Dalle istituzioni arrivano risposte talora incredibili, come quelle del comune di Catania che ha evidenziato problemi di “promiscuità” fra ragazzi al “Regina Elena”: insomma ci vorrebbero le “zone ricreative separate”, magari con dei cancelli fra giovani con origine etniche diverse! Ma l’integrazione dove finisce?Di “leggende” poi per dare fastidio all’Ipab ne sono arrivate a bizzeffe: ci sarebbero famiglie che non vogliono mandare i loro figli perché ci sono gli extracomunitari, ci sarebbe carenza di controlli (“Ma la denuncia per un caso di droga l’ho fatta io”-dice Serrentino). E altre amenità. L’ultima “trovata” il Durc, documenti, carte: tirata fuori adesso, non si poteva dirlo qualche mese fa? La prossima? Non si dispera su altre “emergenze”.E l’assessore comunale ai servizi sociali? Fiorentino Trojano è mancato all’appuntamento: aveva le febbre. Lo ha comunicato a quelli del “Regina Elena” ad un’ora dall’incontro previsto. Cose che capitano.Finale: interlocuzione con il comune? “Solo chiacchiere” –dicono in coro.
Buona solidarietà a tutti.
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